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Codice
di Procedura Civile
Art. 1 (Giurisdizione dei giudici ordinari)
La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, e'
esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente
codice.
Art. 2 (Inderogabilita' convenzionale della giurisdizione)
La giurisdizione italiana non puo' essere convenzionalmente derogata
a favore di una giurisdizione straniera, ne' di arbitri che
pronuncino all'estero, salvo che si tratti di causa relativa ad
obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino non
residente ne' domiciliato nella Repubblica e la deroga risulti da
atto scritto.
Articolo abrogato dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 3 (Pendenza di lite davanti a giudice straniero)
La giurisdizione italiana non e' esclusa dalla pendenza davanti a un
giudice straniero della medesima causa o di altra con questa
connessa.
N.B.: Articolo abrogato dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 4 (Giurisdizione rispetto allo straniero)
Lo straniero puo' essere convenuto davanti ai giudici della
Repubblica:
1) se quivi e' residente o domiciliato, anche elettivamente, o vi ha
un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma
dell'articolo 77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana,
salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati
all'estero;
2) se la domanda riguarda beni esistenti nella Repubblica o
successioni ereditarie di cittadino italiano o aperte nella
Repubblica, oppure obbligazioni quivi sorte o da eseguirsi;
3) se la domanda e' connessa con altra pendente davanti al giudice
italiano, oppure riguarda provvedimenti cautelari da eseguirsi nella
Repubblica o relativi a rapporti dei quali il giudice italiano puo'
conoscere;
4) se, nel caso reciproco, il giudice dello Stato al quale lo
straniero appartiene puo' conoscere delle domande proposte contro un
cittadino italiano.
N.B.: Articolo abrogato dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 5 (Momento determinante della giurisdizione e della competenza)
La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla
legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della
proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i
successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 2, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 6 (Inderogabilita' convenzionale della competenza)
La competenza non puo' essere derogata per accordo delle parti,
salvo che nei casi stabiliti dalla legge.
Sezione II: DELLA COMPETENZA PER MATERIA E VALORE
Art. 7 (Competenza del giudice di pace)
Il giudice di pace e' competente per le cause relative a beni mobili
di valore non superiore a lire cinque milioni, quando dalla legge
non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il giudice di pace e' altresi' competente per le cause di
risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di
natanti, purche' il valore della controversia non superi lire trenta
milioni.
Il giudice di pace e' inoltre competente, con il limite di valore di
cui al secondo comma, per le cause di opposizione alle ingiunzioni
di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo che con la
sanzione pecuniaria sia stata anche applicata una sanzione
amministrativa accessoria. Resta ferma la competenza del pretore in
funzione di giudice del lavoro e per le cause di opposizione alle
ingiunzioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (1).
E' competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza
delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi
riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura ed alle modalita' d'uso dei
servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di
immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di
fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili
propagazioni che superino la normale tollerabilita';
4) per le cause di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate
in base all'articolo 75 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (2).
Articolo cosi' sostituito dall'art. 17, L. 21 novembre 1991, n. 374.
(1) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n.
432.
(2) Numero abrogato dall'art. 1, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n.
432.
Art. 8 (Competenza del pretore)
Il pretore e' competente per le cause, anche se relative a beni
immobili, di valore non superiore a lire cinquanta milioni, in
quanto non siano di competenza del giudice di pace (1).
E' competente, qualunque ne sia il valore:
1) per le azioni possessorie, salvo il disposto dell'articolo 704, e
per le denunce di nuova opera e di danno temuto, salvo il disposto
dell'articolo 688, secondo comma;
2) per le cause relative ad apposizione di termini e osservanza
delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi
riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (2);
3) per le cause relative a rapporti di locazione e di comodato di
immobili urbani e per quelle di affitto di aziende, in quanto non
siano di competenza delle sezioni specializzate agrarie;
4) per le cause relative alla misura e alle modalita' di uso dei
servizi di condominio di case (2).
N.B.: Articolo cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
(1) Comma sostituito dall'art. 18, L. 21 novembre 1991, n. 374 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 2, D.L. 18 ottobre 1995,
n. 432.
(2) Numero abrogato dall'art. 47, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 9 (Competenza del tribunale)
Il tribunale e' competente per tutte le cause che non sono di
competenza del conciliatore o del pretore. Il tribunale e' altresi'
esclusivamente competente per tutte le cause in materia di imposte e
tasse, per quelle relative allo stato e alla capacita' delle persone
e ai diritti onorifici, per la querela di falso, e, in generale, per
ogni causa di valore indeterminabile.
Art. 10 (Determinazione del valore)
Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla
domanda a norma delle disposizioni seguenti.
A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la
medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le
spese e i danni, anteriori alla proposizione si sommano col
capitale.
Art. 11 (Cause relative a quote di obbligazione tra piu' parti)
Se e' chiesto da piu' persone o contro piu' persone l'adempimento
per quote di un'obbligazione, il valore della causa si determina
dall'intera obbligazione.
Art. 12 (Cause relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a
divisioni)
Il valore delle cause relative all'esistenza, alla validita' o alla
risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in
base a quella parte del rapporto che e' in contestazione.
Nelle cause per finita locazione d'immobili il valore si determina
in base all'ammontare del fitto o della pigione per un anno, ma se
sorge controversia sulla continuazione della locazione, il valore si
determina cumulando i fitti o le pigioni relativi al periodo
controverso (1).
Il valore delle cause per divisione si determina da quello della
massa attiva da dividersi.
(1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 13 (Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite)
Nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo e'
controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle
somme dovute per due anni.
Nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo e'
controverso, il valore si determina cumulando venti annualita';
nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le
annualita' domandate fino a un massimo di dieci.
Le regole del comma precedente si applicano anche per determinare il
valore delle cause relative al diritto del concedente.
Art. 14 (Cause relative a somme di danaro e a beni mobili)
Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si
determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato
dall'attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si
presume di competenza del giudice adito.
Il convenuto puo' contestare, ma soltanto nella prima difesa, il
valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il giudice
decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta
dagli atti e senza apposita istruzione.
Se il convenuto non contesta il valore dichiarato o presunto, questo
rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della
competenza del giudice adito.
Art. 15 (Cause relative a beni immobili)
Il valore delle cause relative a beni immobili e' determinato
moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita
catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda:
per duecento per le cause relative alla proprieta'; per cento per le
cause relative all'usufrutto, all'uso, all'abitazione, alla nuda
proprieta' e al diritto dell'enfiteuta; per cinquanta con
riferimento al fondo servente per le cause relative alle servitu'.
Il valore delle cause per il regolamento di confini si desume dal
valore della parte di proprieta' controversa, se questa e'
determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma
seguente.
Se per l'immobile all'atto della proposizione della domanda non
risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice
determina il valore della causa secondo quanto emerge dagli atti, se
questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore
indeterminabile.
N.B.: Articolo cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
Art. 16 (Esecuzione forzata)
Per la consegna e il rilascio di cose e per l'espropriazione forzata
di cose mobili e di crediti e' competente il pretore.
Per l'espropriazione forzata di cose immobili e' competente il
tribunale.
Se cose mobili sono soggette all'espropriazione forzata insieme con
l'immobile nel quale si trovano, per l'espropriazione e' competente
il tribunale anche relativamente ad esse.
Per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare e'
competente il pretore.
Art. 17 (Cause relative all'esecuzione forzata)
Il valore delle cause di opposizione all'esecuzione forzata si
determina dal credito per cui si procede; quello delle cause
relative alle opposizioni proposte da terzi a norma dell'articolo
619, dal valore dei beni controversi; quello delle cause relative a
controversie sorte in sede di distribuzione, dal valore del maggiore
dei crediti contestati.
Sezione III: DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO
Art. 18 (Foro generale delle persone fisiche)
Salvo che la legge disponga altrimenti, e' competente il giudice del
luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se
questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la
dimora.
Se il convenuto non ha residenza, ne' domicilio, ne' dimora nella
Repubblica o se la dimora e' sconosciuta, e' competente il giudice
del luogo in cui risiede l'attore.
Art. 19 (Foro generale delle persone giuridiche e delle associazioni
non riconosciute)
Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora sia convenuta una
persona giuridica, e' competente il giudice del luogo dove essa ha
sede. E' competente altresi' il giudice del luogo dove la persona
giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a
stare in giudizio per l'oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le societa' non aventi personalita'
giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli
articoli 36 e seguenti del codice civile hanno sede dove svolgono
attivita' in modo continuativo.
Art. 20 (Foro facoltativo per le cause relative a diritti di
obbligazione)
Per le cause relative a diritti di obbligazione e' anche competente
il giudice del luogo in cui e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione
dedotta in giudizio.
Art. 21 (Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni
possessorie)
Per le cause relative a diritti reali su beni immobili e per quelle
di cui ai numeri 2 e 3 dell'art. 8 e' competente il giudice del
luogo dove e' posto l'immobile. Qualora l'immobile sia compreso in
piu' circoscrizioni giudiziarie, e' competente il giudice della
circoscrizione nella quale e' compresa la parte soggetta a maggior
tributo verso lo Stato; quando non e' sottoposto a tributo, e'
competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte
dell'immobile.
Per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di
danno temuto e' competente il giudice del luogo nel quale e'
avvenuto il fatto denunciato.
Art. 22 (Foro per le cause ereditarie)
E' competente il giudice del luogo dell'aperta successione per le
cause:
1) relative a petizione o divisione di eredita' e per qualunque
altra tra coeredi fino alla divisione;
2) relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle
quote, purche' proposte entro un biennio dalla divisione;
3) relative a crediti verso il defunto o legati dovuti dall'erede,
purche' proposte prima della divisione e in ogni caso entro un
biennio dall'apertura della successione;
4) contro l'esecutore testamentario, purche' proposte entro i
termini indicati nel numero precedente.
Se la successione si e' aperta fuori della Repubblica, le cause
suindicate sono di competenza del giudice del luogo in cui e' posta
la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in mancanza
di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei
convenuti.
Art. 23 (Foro per le cause tra soci e tra condomini)
Per le cause tra soci e' competente il giudice del luogo dove ha
sede la societa'; per le cause tra condomini, il giudice del luogo
dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.
Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della societa' o
del condominio, purche' la domanda sia proposta entro un biennio
dalla divisione.
Art. 24 (Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e
patrimoniali)
Per le cause relative alla gestione di una tutela o di
un'amministrazione patrimoniale conferita per legge o per
provvedimento dell'autorita' e' competente il giudice del luogo
d'esercizio della tutela o dell'amministrazione.
Art. 25 (Foro della pubblica amministrazione)
Per le cause nelle quali e' parte un'amministrazione dello Stato e'
competente, a norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e
difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice
del luogo dove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello Stato, nel
cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le
norme ordinarie. Quando l'amministrazione e' convenuta, tale
distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui e'
sorta o deve eseguirsi l'obbligazione o in cui si trova la cosa
mobile o immobile oggetto della domanda.
Art. 26 (Foro dell'esecuzione forzata)
Per l'esecuzione forzata su cose mobili o immobili e' competente il
giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili
soggette all'esecuzione non sono interamente comprese nella
circoscrizione di un solo tribunale, si applica l'art. 21.
Per l'espropriazione forzata di crediti e' competente il giudice del
luogo dove risiede il terzo debitore.
Per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare e'
competente il giudice del luogo dove l'obbligo deve essere
adempiuto.
Art. 27 (Foro relativo alle opposizioni all'esecuzione)
Per le cause di opposizione all'esecuzione forzata di cui agli artt.
615 e 619 e' competente il giudice del luogo dell'esecuzione, salva
la disposizione dell'art. 480 terzo comma.
Per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi e' competente
il giudice davanti al quale si svolge l'esecuzione.
Art. 28 (Foro stabilito per accordo delle parti)
La competenza per territorio puo' essere derogata per accordo delle
parti, salvo che per le cause previste nei numeri 1, 2, 3 e 5
dell'articolo 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione
alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti
in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui
l'inderogabilita' sia disposta espressamente dalla legge.
Art. 29 (Forma ed effetti dell'accordo delle parti)
L'accordo delle parti per la deroga della competenza territoriale
deve riferirsi ad uno o piu' affari determinati e risultare da atto
scritto.
L'accordo non attribuisce al giudice designato competenza esclusiva
quando cio' non e' espressamente stabilito.
Art. 30 (Foro del domicilio eletto)
Chi ha eletto domicilio a norma dell'art. 47 del codice civile puo'
essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso.
Sezione IV: DELLE MODIFICAZIONI DELLA COMPETENZA PER RAGIONE DI
CONNESSIONE
Art. 31 (Cause accessorie)
La domanda accessoria puo' essere proposta al giudice
territorialmente competente per la domanda principale affinche' sia
decisa nello stesso processo, osservata, quanto alla competenza per
valore, la disposizione dell'art. 10 secondo comma.
Puo' tuttavia essere proposta allo stesso giudice anche se eccede la
sua competenza per valore, qualora la competenza per la causa
principale sia determinata per ragione di materia.
Art. 32 (Cause di garanzia)
La domanda di garanzia puo' essere proposta al giudice competente
per la causa principale affinche' sia decisa nello stesso processo,
anche se eccede la sua competenza per valore.
Art. 33 (Cumulo soggettivo)
Le cause contro piu' persone che a norma degli articoli 18 e 19
dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono
connesse per l'oggetto o per il titolo possono essere proposte
davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di
esse, per essere decise nello stesso processo.
Art. 34 (Accertamenti incidentali)
Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti
e' necessario decidere con efficacia di giudicato una questione
pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di
un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo,
assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione
della causa davanti a lui.
Art. 35 (Eccezione di compensazione)
Quando e' opposto in compensazione un credito che e' contestato ed
eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la
domanda e' fondata su titolo non controverso o facilmente
accertabile, puo' decidere su di essa e rimettere le parti al
giudice competente per la decisione relativa all'eccezione di
compensazione, subordinando, quando occorre, l'esecuzione della
sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a
norma dell'articolo precedente.
Art. 36 (Cause riconvenzionali)
Il giudice competente per la causa principale conosce anche delle
domande riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio
dall'attore o da quello che gia' appartiene alla causa come mezzo di
eccezione, purche' non eccedano la sua competenza per materia o
valore; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli
precedenti.
Sezione V: DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE, DELLA INCOMPETENZA E DELLA
LITISPENDENZA
Art. 37 (Difetto di giurisdizione)
Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti
della pubblica amministrazione o dei giudici speciali e' rilevato,
anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
Il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello
straniero e' rilevato dal giudice d'ufficio in qualunque stato e
grado del processo relativamente alle cause che hanno per oggetto
beni immobili situati all'estero; in ogni altro caso e' rilevato
egualmente d'ufficio dal giudice se il convenuto e' contumace e puo'
essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia
accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 38 (Incompetenza)
L'incompetenza per materia, quella per valore e quella per
territorio nei casi previsti dall'articolo 28 sono rilevate, anche
d'ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione.
L'incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti dall'articolo
28, e' eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta.
L'eccezione si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del
giudice che la parte ritiene competente. Quando le parti costituite
aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice rimane
ferma se la causa e' riassunta entro tre mesi dalla cancellazione
dal ruolo.
Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini
della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando
sia reso necessario dall'eccezione del convenuto o dal rilievo del
giudice, assunte sommarie informazioni.
N.B.: Articolo cosi' sostituito dall'art. 4, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 39 (Litispendenza e continenza di cause)
Se una stessa causa e' proposta davanti a giudici diversi, quello
successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo,
anche d'ufficio dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con
ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo.
Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito
e' competente anche per la causa proposta successivamente, il
giudice di questa dichiara con sentenza la continenza e fissa un
termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la
causa davanti al primo giudice. Se questi non e' competente anche
per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della
continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione e' determinata dalla notificazione della citazione.
Art. 40 (Connessione)
Se sono proposte davanti a giudici diversi piu' cause le quali, per
ragione di connessione possono essere decise in un solo processo ,
il giudice fissa con sentenza alle parti un termine perentorio per
la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della
causa principale, e negli altri casi davanti a quello
preventivamente adito.
La connessione non puo' essere eccepita dalle parti ne' rilevata
d'ufficio dopo la prima udienza e la rimessione non puo' essere
ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente
proposta non consente l'esauriente trattazione e decisione delle
cause connesse.
Nei casi previsti negli articoli 31, 32, 34, 35 e 36, le cause,
cumulativamente proposte o successivamente riunite, debbono essere
trattate e decise col rito ordinario, salva l'applicazione del solo
rito speciale quando una di tali cause rientri fra quelle indicate
negli articoli 409 e 442 (1).
Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti
speciali debbono essere trattate e decise col rito previsto per
quella tra esse in ragione della quale viene determinata la
competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di
maggior valore (1).
Se la causa e' stata trattata con un rito diverso da quello divenuto
applicabile ai sensi del terzo comma, il giudice provvede a norma
degli articoli 426, 427 e 439 (1).
Se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa per i
motivi di cui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di
competenza del pretore o del tribunale, le relative domande possono
essere proposte innanzi al pretore o al tribunale affinche' siano
decise nello stesso processo (2).
Se le cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte davanti
al giudice di pace e al pretore o al tribunale, il giudice di pace
deve pronunziare anche d'ufficio la connessione a favore del pretore
o del tribunale (2).
(1) Comma aggiunto dall'art. 5, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, L. 21 novembre 1991, n.
374.
Sezione VI: DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA
Art. 41 (Regolamento di giurisdizione)
Finche' la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna
parte puo' chiedere alle sezioni unite della Corte di cassazione che
risolvano le questioni di giurisdizione di cui all'articolo 37.
L'istanza si propone con ricorso a norma degli articoli 364 e
seguenti, e produce gli effetti di cui all'articolo 367.
La pubblica amministrazione che non e' parte in causa puo' chiedere
in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle sezioni
unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge
all'amministrazione stessa, finche' la giurisdizione non sia stata
affermata con sentenza passata in giudicato.
Art. 42 (Regolamento necessario di competenza)
La sentenza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli
articoli 39 e 40, non decide il merito della causa e i provvedimenti
che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell'articolo
295 possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di
competenza.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 6, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 43 (Regolamento facoltativo di competenza)
La sentenza che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito
puo' essere impugnata con l'istanza di regolamento di competenza
oppure nei modi ordinari quando insieme con la pronuncia sulla
competenza si impugna quella sul merito.
La proposizione dell'impugnazione ordinaria non toglie alle altre
parti la facolta' di proporre l'istanza di regolamento.
Se l'istanza di regolamento e' proposta prima dell'impugnazione
ordinaria, i termini per la proposizione di questa riprendono a
decorrere dalla comunicazione della sentenza che regola la
competenza; se e' proposta dopo, si applica la disposizione
dell'articolo 48.
Art. 44 (Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza)
La sentenza che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara
l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata, se non e' impugnata
con l'istanza di regolamento, rende incontestabile l'incompetenza
dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa
e' riassunta nei termini di cui all'articolo 50, salvo che si tratti
di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei
casi previsti nell'articolo 28.
Art. 45 (Conflitto di competenza)
Quando, in seguito alla sentenza che dichiara l'incompetenza del
giudice adito per ragione di materia o per territorio nei casi di
cui all'articolo 28, la causa nei termini di cui all'articolo 50 e'
riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a
sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di
competenza.
Art. 46 (Casi di inapplicabilita' del regolamento di competenza)
Le disposizioni degli articoli 42 e 43 non si applicano nei giudizi
davanti ai conciliatori.
Art. 47 (Procedimento del regolamento di competenza)
L'istanza di regolamento di competenza si propone alla Corte di
cassazione con ricorso sottoscritto dal procuratore o dalla parte,
se questa si e' costituita personalmente.
Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno
aderito entro il termine perentorio di trenta giorni dalla
comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla competenza
o dalla notificazione dell'impugnazione ordinaria nel caso previsto
nell'articolo 43, secondo comma. L'adesione delle parti puo'
risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso.
La parte che propone l'istanza, nei cinque giorni successivi
all'ultima notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai
cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono i processi che i
relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della Corte di
cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa
notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i
documenti necessari.
Il regolamento d'ufficio e' richiesto con ordinanza dal giudice, il
quale dispone la rimessione del fascicolo di ufficio alla
cancelleria della Corte di cassazione.
Le parti alle quali e' notificato il ricorso o comunicata
l'ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni successivi,
depositare nella cancelleria della Corte di cassazione scritture
difensive e documenti.
N.B.: Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 48 (Sospensione dei processi)
I processi relativamente ai quali e' chiesto il regolamento di
competenza sono sospesi dal giorno in cui e' presentata l'istanza al
cancelliere a norma dell'articolo precedente o dalla pronuncia
dell'ordinanza che richiede il regolamento.
Il giudice puo' autorizzare il compimento degli atti che ritiene
urgenti.
Art. 49 (Sentenza di regolamento di competenza)
Il regolamento e' pronunciato con sentenza in camera di consiglio
entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto
nell'art. 47 ultimo comma.
Con la sentenza la Corte di cassazione statuisce sulla competenza,
da' i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo
davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando
occorre, le parti in termini affinche' provvedano alla loro difesa.
Art. 50 (Riassunzione della causa)
Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato
competente avviene nel termine fissato nella sentenza dal giudice e
in mancanza in quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza
di regolamento o della sentenza che dichiara l'incompetenza del
giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice.
Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il processo
si estingue.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Sezione VII: DELL'ASTENSIONE, DELLA RICUSAZIONE E DELLA
RESPONSABILITA' DEI GIUDICI
Art. 51 (Astensione del giudice)
Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica
questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie e' parente fino al quarto grado o
legato da vincoli di affiliazione, o e' convivente o commensale
abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inamicizia o
rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi
difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha
deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come
magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha
prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se e' tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di
una delle parti; se, inoltre, e' amministratore o gerente di un
ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di
una societa' o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il
giudice puo' richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad
astenersi: quando l'astensione riguarda il capo dell'ufficio,
l'autorizzazione e' chiesta al capo dell'ufficio superiore.
Art. 52 (Ricusazione del giudice)
Nei casi in cui e' fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna
delle parti puo' proporne la ricusazione mediante ricorso contenente
i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla parte o dal difensore, deve essere
depositato in cancelleria due giorni prima dell'udienza, se al
ricusante e' noto il nome dei giudici che sono chiamati a trattare o
decidere la causa, e prima dell'inizio della trattazione o
discussione di questa nel caso contrario.
La ricusazione sospende il processo.
Art. 53 (Giudice competente)
Sulla ricusazione decide il pretore se e' ricusato un conciliatore o
un vice pretore del mandamento; il presidente del tribunale se e'
ricusato un pretore della circoscrizione; il collegio se e' ricusato
uno dei componenti del tribunale o della corte.
La decisione e' pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il
giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte.
Art. 54 (Ordinanza sulla ricusazione)
L'ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve
sostituire quello ricusato.
La ricusazione e' dichiarata inammissibile, se non e' stata proposta
nelle forme e nei termini fissati nell'articolo 52.
L'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione,
provvede sulle spese e condanna la parte o il difensore che l'ha
proposta a una pena pecuniaria non superiore a lire cinquemila.
Dell'ordinanza e' data notizia dalla cancelleria al giudice e alle
parti, le quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel
termine perentorio di sei mesi.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 55 Abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.
Art. 56 Abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.
Capo II: DEL CANCELLIERE E DELL'UFFICIALE GIUDIZIARIO
Art. 57 (Attivita' del cancelliere)
Il cancelliere documenta a tutti gli effetti, nei casi e nei modi
previsti dalla legge, le attivita' proprie e quelle degli organi
giudiziari e delle parti.
Egli assiste il giudice in tutti gli atti dei quali deve essere
formato processo verbale.
Quando il giudice provvede per iscritto, salvo che la legge disponga
altrimenti, il cancelliere stende la scrittura e vi appone la sua
sottoscrizione dopo quella del giudice.
Art. 58 (Altre attivita' del cancelliere)
Il cancelliere attende al rilascio di copie ed estratti autentici
dei documenti prodotti, all'iscrizione delle cause a ruolo, alla
formazione del fascicolo d'ufficio e alla conservazione di quelli
delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte
dalla legge o dal giudice, nonche' alle altre incombenze che la
legge gli attribuisce.
Art. 59 (Attivita' dell'ufficiale giudiziario)
L'ufficiale giudiziario assiste il giudice in udienza, provvede
all'esecuzione dei suoi ordini, esegue la notificazione degli atti e
attende alle altre incombenze che la legge gli attribuisce.
Art. 60 (Responsabilita' del cancelliere e dell'ufficiale
giudiziario)
Il cancelliere e l'ufficiale giudiziario sono civilmente
responsabili:
1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che
sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel
termine che, su istanza di parte, e' fissato dal giudice dal quale
dipendono o dal quale sono stati delegati;
2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.
Capo III: DEL CONSULENTE TECNICO, DEL CUSTODE E DEGLI ALTRI
AUSILIARI DEL GIUDICE
Art. 61 (Consulente tecnico)
Quando e' necessario, il giudice puo' farsi assistere, per il
compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o piu'
consulenti di particolare competenza tecnica.
La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra
le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle
disposizioni di attuazione al presente codice.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 62 (Attivita' del consulente)
Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e
fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il
giudice gli richiede a norma degli articoli 194 e seguenti, e degli
articoli 441 e 463.
Art. 63 (Obbligo di assumere l'incarico e ricusazione del
consulente)
Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l'obbligo di
prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre
un giusto motivo di astensione.
Il consulente puo' essere ricusato dalle parti per i motivi indicati
nell'art. 51.
Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l'ha
nominato.
Art. 64 (Responsabilita' del consulente)
Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale
relative ai periti.
In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave
nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, e' punito con
l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a lire venti milioni.
Si applica l'art. 35 del codice penale. In ogni caso e' dovuto il
risarcimento dei danni causati alle parti.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 4 giugno 1985, n. 281.
Art. 65 (Custode)
La conservazione e l'amministrazione dei beni pignorati o
sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non dispone
altrimenti.
Il compenso al custode e' stabilito, con decreto, dal pretore nel
caso di nomina fatta dall'ufficiale giudiziario, e in ogni altro
caso dal giudice che l'ha nominato.
Art. 66 (Sostituzione del custode)
Il giudice, d'ufficio o su istanza di parte, puo' disporre in ogni
tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a compenso puo' chiedere in ogni tempo
di essere sostituito; altrimenti puo' chiederlo soltanto per giusti
motivi.
Il provvedimento di sostituzione e' dato, con ordinanza non
impugnabile dal pretore o dal giudice di cui al secondo comma
dell'articolo precedente.
Art. 67 (Responsabilita' del custode)
Ferme le disposizioni del codice penale, il custode che non esegue
l'incarico assunto puo' essere condannato dal giudice a una pena
pecuniaria non superiore a lire ventimila.
Egli e' tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se
non esercita la custodia da buon padre di famiglia.
Art. 68 (Altri ausiliari)
Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessita', il
giudice, il cancelliere o l'ufficiale giudiziario si puo' fare
assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in
generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non e' in
grado di compiere da se' solo.
Il giudice puo' commettere a un notaio il compimento di determinati
atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice puo' sempre richiedere l'assistenza della forza pubblica.
Titolo II: DEL PUBBLICO MINISTERO
Art. 69 (Azione del pubblico ministero)
Il pubblico ministero esercita l'azione civile nei casi stabiliti
dalla legge.
Art. 70 (Intervento in causa del pubblico ministero)
Il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullita'
rilevabile d'ufficio:
1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;
2) nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione
personale dei coniugi;
3) nelle cause riguardanti lo stato e la capacita' delle persone;
4) nelle cause collettive e nelle cause individuali di lavoro in
grado di appello (1);
5) negli altri casi previsti dalla legge.
Deve intervenire in ogni causa davanti alla Corte di cassazione.
Puo' infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un
pubblico interesse.
La Corte costituzionale, con sentenza 25 giugno 1996, n. 214, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo
nella parte in cui non prescrive l'intervento obbligatorio del
pubblico ministero nei giudizi tra genitori naturali che comportino
"provvedimenti relativi ai figli", nei sensi di cui agli artt. 9
della legge n. 898 del 1970 e 710 del codice di procedura civile
come risulta a seguito della sentenza n. 416 del 1992.
(1) Numero abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 71 (Comunicazione degli atti processuali al pubblico ministero)
Il giudice, davanti al quale e' proposta una delle cause indicate
nel primo comma dell'articolo precedente, ordina la comunicazione
degli atti al pubblico ministero affinche' possa intervenire.
Lo stesso ordine il giudice puo' dare ogni volta che ravvisi uno dei
casi previsti nell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 72 (Poteri del pubblico ministero)
Il pubblico ministero, che interviene nelle cause che avrebbe potuto
proporre, ha gli stessi poteri che competono alle parti e li
esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste ultime.
Negli altri casi di intervento previsti nell'art. 70, tranne che
nelle cause davanti alla Corte di cassazione il pubblico ministero
puo' produrre documenti, dedurre prove, prendere conclusioni nei
limiti delle domande proposte dalle parti.
Il pubblico ministero puo' proporre impugnazioni contro le sentenze
relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione
personale dei coniugi.
Lo stesso potere spetta al pubblico ministero contro le sentenze che
dichiarano l'efficacia o l'inefficacia di sentenze straniere
relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle di separazione
personale dei coniugi.
Nelle ipotesi prevedute nei commi terzo e quarto, la facolta' di
impugnazione spetta tanto al pubblico ministero presso il giudice
che ha pronunziato la sentenza quanto a quello presso il giudice
competente a decidere sull'impugnazione.
Il termine decorre dalla comunicazione della sentenza a norma
dell'art. 133.
Restano salve le disposizioni dell'art. 397.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1950, n. 534.
Art. 73 (Astensione del pubblico ministero)
Ai magistrati del pubblico ministero che intervengono nel processo
civile si applicano le disposizioni del presente codice relative
all'astensione dei giudici, ma non quelle relative alla ricusazione.
Art. 74 Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.
Titolo III: DELLE PARTI E DEI DIFENSORI
Capo I: DELLE PARTI
Art. 75 (Capacita' processuale) Sono capaci di stare in giudizio le
persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno
valere.
Le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono
stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate
secondo le norme che regolano la loro capacita'.
Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le
rappresenta a norma della legge o dello statuto.
Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche,
stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli artt. 36
ss. del codice civile.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 220 del 16 ottobre 1986, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo
nella parte in cui non prevede, ove emerga una situazione di
scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la
segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero
perche' promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba
l'attore riassumere il giudizio.
Art. 76 Articolo abrogato
Art. 77 (Rappresentanza del procuratore e dell'institore)
Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non
possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere
non e' stato loro conferito espressamente, per iscritto, tranne che
per gli atti urgenti e per le misure cautelari.
Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non
ha residenza o domicilio nella Repubblica e all'institore.
Art. 78 (Curatore speciale)
Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza, e
vi sono ragioni di urgenza, puo' essere nominato all'incapace, alla
persona giuridica o all'associazione non riconosciuta un curatore
speciale che li rappresenti o assista finche' subentri colui al
quale spetta la rappresentanza o l'assistenza.
Si procede altresi' alla nomina di un curatore speciale al
rappresentato, quando vi e' conflitto d'interessi col
rappresentante.
Art. 79 (Istanza di nomina del curatore speciale)
La nomina del curatore speciale di cui all'articolo precedente puo'
essere in ogni caso chiesta dal pubblico ministero. Puo' essere
chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o
assistita, sebbene incapace, nonche' dai suoi prossimi congiunti e,
in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante.
Puo' essere inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa che vi
abbia interesse.
Art. 80 (Provvedimento di nomina del curatore speciale)
L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al
conciliatore, al pretore o al presidente dell'ufficio giudiziario
davanti al quale s'intende proporre la causa.
Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite
possibilmente le persone interessate, provvede con decreto. Questo
e' comunicato al pubblico ministero affinche' provochi, quando
occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale
rappresentanza o assistenza dell'incapace, della persona giuridica o
dell'associazione non riconosciuta.
Art. 81 (Sostituzione processuale)
Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno puo' far
valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.
Art. 82 (Patrocinio)
Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio
personalmente nelle cause il cui valore non eccede lire un milione.
Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col
ministero o con l'assistenza di un difensore. Il giudice di pace
tuttavia, in considerazione della natura ed entita' della causa, con
decreto emesso anche su istanza verbale della parte, puo'
autorizzarla a stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al pretore,
al tribunale e alla corte d'appello le parti debbono stare in
giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e
davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato
iscritto nell'apposito albo.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 20, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 83 (Procura alle liti)
Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore,
questi deve essere munito di procura.
La procura alle liti puo' essere generale o speciale, e deve essere
conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
La procura speciale puo' essere anche apposta in calce o a margine
della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di
risposta o d'intervento, del precetto o della domanda d'intervento
nell'esecuzione. In tali casi l'autografia della sottoscrizione
della parte deve essere certificata dal difensore.
La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato
grado del processo, quando nell'atto non e' espressa volonta'
diversa.
La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su
foglio separato che sia pero' congiunto materialmente all'atto cui
si riferisce.
Articolo cosi' modificato dall'art. 1, L. 27 maggio 1997, n. 141.
Art. 84 (Poteri del difensore)
Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi
puo' compiere e ricevere, nell'interesse della parte stessa, tutti
gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente
riservati.
In ogni caso non puo' compiere atti che importano disposizione del
diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.
Art. 85 (Revoca e rinuncia alla procura)
La procura puo' essere sempre revocata e il difensore puo' sempre
rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei
confronti dell'altra parte finche' non sia avvenuta la sostituzione
del difensore.
Art. 86 (Difesa personale della parte)
La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la
qualita' necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con
procura presso il giudice adito, puo' stare in giudizio senza il
ministero di altro difensore.
Art. 87 (Assistenza degli avvocati e del consulente tecnico)
La parte puo' farsi assistere da uno o piu' avvocati, e anche da un
consulente tecnico nei casi e con i modi stabiliti nel presente
codice.
Capo III: DEI DOVERI DELLE PARTI E DEI DIFENSORI
Art. 88 (Dovere di lealta' e di probita')
Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in
giudizio con lealta' e probita'.
In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve
riferirne alle autorita' che esercitano il potere disciplinare su di
essi.
Art. 89 (Espressioni sconvenienti od offensive)
Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al
giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni
sconvenienti od offensive.
Il giudice, in ogni stato dell'istruzione, puo' disporre con
ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od
offensive, e, con la sentenza che decide la causa, puo' inoltre
assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del
danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni
offensive non riguardano l'oggetto della causa.
Capo IV: DELLE RESPONSABILITA' DELLE PARTI PER LE SPESE E PER I
DANNI PROCESSUALI
Art. 90 (Onere delle spese)
Salve le disposizioni relative al gratuito patrocinio, nel corso del
processo ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti
che compie e di quelli che chiede, e deve anticiparle per gli altri
atti necessari al processo quando l'anticipazione e' posta a suo
carico dalla legge o dal giudice.
Art. 91 (Condanna alle spese)
Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui,
condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore
dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di
difesa. Eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice
che regola la competenza.
Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in
margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del
titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall'ufficiale
giudiziario con nota in margine all'originale e alla copia
notificata.
I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono
decisi con le forme previste negli artt. 287 e 288 dal capo
dell'ufficio a cui appartiene il cancelliere o l'ufficiale
giudiziario.
Art. 92 (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle
spese)
Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all'articolo
precedente, puo' escludere la ripetizione delle spese sostenute
dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e puo',
indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al
rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione
al dovere di cui all'art. 88, essa ha causato all'altra parte.
Se vi e' soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il
giudice puo' compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le
parti.
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate,
salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel
processo verbale di conciliazione.
Art. 93 (Distrazione delle spese)
Il difensore con procura puo' chiedere che il giudice, nella stessa
sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli
altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di
avere anticipate.
Finche' il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli e'
stato attribuito, la parte puo' chiedere al giudice, con le forme
stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del
provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del
difensore per gli onorari e le spese.
Art. 94 (Condanna di rappresentanti o curatori)
Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che
rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere
condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve
specificare nella sentenza, alle spese dell'intero processo o di
singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o
assistita.
Art. 95 (Spese del processo di esecuzione)
Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti
che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha
subito l'esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice
civile.
Art. 96 (Responsabilita' aggravata)
Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio
con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra
parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni,
che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui e' stato
eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda
giudiziaria o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o
compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata
condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore
procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione
dei danni e' fatta a norma del comma precedente.
Art. 97 (Responsabilita' di piu' soccombenti)
Se le parti soccombenti sono piu', il giudice condanna ciascuna di
esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse
nella causa. Puo' anche pronunciare condanna solidale di tutte o di
alcune tra esse, quando hanno interesse comune.
Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei
danni, questa si fa per quote uguali.
Art. 98 (Cauzione per le spese)
Il giudice istruttore, il pretore o il conciliatore, su istanza del
convenuto, puo' disporre con ordinanza che l'attore non ammesso al
gratuito patrocinio presti cauzione per il rimborso delle spese,
quando vi e' fondato timore che l'eventuale condanna possa restare
ineseguita.
Se la cauzione non e' prestata nel termine stabilito, il processo si
estingue.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 67 del 29 novembre 1960, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo.
Titolo IV: DELL'ESERCIZIO DELL'AZIONE
Art. 99 (Principio della domanda)
Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al
giudice competente.
Art. 100 (Interesse ad agire)
Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa e' necessario
avervi interesse.
Art. 101 (Principio del contraddittorio)
Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non puo'
statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale e'
proposta non e' stata regolarmente citata e non e' comparsa.
Art. 102 (Litisconsorzio necessario)
Se la decisione non puo' pronunciarsi che in confronto di piu'
parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso
processo.
Se questo e' promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il
giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine
perentorio da lui stabilito.
Art. 103 (Litisconsorzio facoltativo)
Piu' parti possono agire o essere convenute nello stesso processo,
quando tra le cause che si propongono esiste connessione per
l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la
decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di
identiche questioni.
Il giudice puo' disporre, nel corso della istruzione o nella
decisione, la separazione delle cause, se vi e' istanza di tutte le
parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione
ritarderebbe o renderebbe piu' gravoso il processo, e puo' rimettere
al giudice inferiore le cause di sua competenza.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 104 (Pluralita' di domande contro la stessa parte)
Contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo piu'
domande anche non altrimenti connesse, purche' sia osservata la
norma dell'articolo 10 secondo comma.
E' applicabile la disposizione del secondo comma dell'articolo
precedente.
Articolo cosi' sostituito dalla 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 105 (Intervento volontario)
Ciascuno puo' intervenire in un processo tra altre persone per far
valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un
diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel
processo medesimo.
Puo' altresi' intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle
parti, quando vi ha un proprio interesse.
Art. 106 (Intervento su istanza di parte)
Ciascuna parte puo' chiamare nel processo un terzo al quale ritiene
comune la causa o dal quale pretende essere garantita.
Art. 107 (Intervento per ordine del giudice)
Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in
confronto di un terzo al quale la causa e' comune, ne ordina
l'intervento.
Art. 108 (Estromissione del garantito)
Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del
garantito, questi puo' chiedere, qualora le altre parti non si
oppongano, la propria estromissione. Questa e' disposta dal giudice
con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio
spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso.
Art. 109 (Estromissione dell'obbligato)
Se si contende a quale di piu' parti spetta una prestazione e
l'obbligato si dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha
diritto, il giudice puo' ordinare il deposito della cosa o della
somma dovuta e, dopo il deposito, puo' estromettere l'obbligato dal
processo.
Art. 110 (Successione nel processo)
Quando la parte vien meno per morte o per altra causa, il processo
e' proseguito dal successore universale o in suo confronto.
Art. 111 (Successione a titolo particolare nel diritto controverso)
Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per
atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le
parti originarie.
Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte,
il processo e' proseguito dal successore universale o in suo
confronto.
In ogni caso il successore a titolo particolare puo' intervenire o
essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono,
l'alienante o il successore universale puo' esserne estromesso.
La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi
effetti anche contro il successore a titolo particolare ed e'
impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede
dei mobili e sulla trascrizione.
Titolo V: DEI POTERI DEL GIUDICE
Art. 112 (Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato)
Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti
di essa; e non puo' pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono
essere proposte soltanto dalle parti.
Art. 113 (Pronuncia secondo diritto)
Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del
diritto, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere
secondo equita'.
Il giudice di pace decide secondo equita' le cause il cui valore non
eccede lire due milioni (1).
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 21, L. 21 novembre 1991, n.
374.
Art. 114 (Pronuncia secondo equita' a richiesta di parte)
Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito
della causa secondo equita' quando esso riguarda diritti disponibili
delle parti e queste gliene fanno concorde richiesta.
Art. 115 (Disponibilita' delle prove)
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a
fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal
pubblico ministero.
Puo' tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della
decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
Art. 116 (Valutazione delle prove)
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente
apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice puo' desumere argomenti di prova dalle risposte che le
parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto
ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in
generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.
Art. 117 (Interrogatorio non formale delle parti)
Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facolta' di
ordinare la comparizione personale delle parti in contraddittorio
tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le
parti possono farsi assistere dai difensori.
Art. 118 (Ordine d'ispezione di persone e di cose)
Il giudice puo' ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla
loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano
indispensabili per conoscere i fatti della causa, purche' cio' possa
compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza
costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e
352 del codice di procedura penale.
Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il
giudice puo' da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma
dell'articolo 116, secondo comma.
Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria
non superiore a lire ottomila.
Art. 119 (Imposizione di cauzione)
Il giudice, nel provvedimento col quale impone una cauzione, deve
indicare l'oggetto di essa, il modo di prestarla, e il termine entro
il quale la prestazione deve avvenire.
Art. 120 (Pubblicita' della sentenza)
Nei casi in cui la pubblicita' della decisione di merito puo'
contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte,
puo' ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione
per estratto in uno o piu' giornali da lui designati.
Se l'inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, puo'
procedervi la parte a favore della quale e' stata disposta, con
diritto a ripetere le spese dall'obbligato.
Titolo VI: DEGLI ATTI PROCESSUALI
Capo I: DELLE FORME DEGLI ATTI E DEI PROVVEDIMENTI
Sezione I: DEGLI ATTI IN GENERALE
Art. 121 (Liberta' di forme)
Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme
determinate, possono essere compiuti nella forma piu' idonea al
raggiungimento del loro scopo.
Art. 122 (Uso della lingua italiana - Nomina dell'interprete)
In tutto il processo e' prescritto l'uso della lingua italiana.
Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il
giudice puo' nominare un interprete.
Questi, prima di esercitare le sue funzioni, presta giuramento
davanti al giudice di adempiere fedelmente il suo ufficio.
Art. 123 (Nomina del traduttore)
Quando occorre procedere all'esame di documenti che non sono scritti
in lingua italiana, il giudice puo' nominare un traduttore, il quale
presta giuramento a norma dell'articolo precedente.
Art. 124 (Interrogazione del sordo e del muto)
Se nel procedimento deve essere sentito un sordo, un muto o un
sordomuto, le interrogazioni e le risposte possono essere fatte per
iscritto.
Quando occorre, il giudice nomina un interprete, il quale presta
giuramento a norma dell'articolo 122 ultimo comma.
Art. 125 (Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte)
Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la
comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio
giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le
conclusioni o la istanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie
da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta
in giudizio personalmente, oppure dal difensore.
La procura al difensore dell'attore puo' essere rilasciata in data
posteriore alla notificazione dell'atto, purche' anteriormente alla
costituzione della parte rappresentata.
La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge
richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito di
mandato speciale.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 126 (Contenuto del processo verbale)
Il processo verbale deve contenere l'indicazione delle persone
intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli
atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la
descrizione delle attivita' svolte e delle rilevazioni fatte,
nonche' le dichiarazioni ricevute.
Il processo verbale e' sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono
altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone
altrimenti, da' loro lettura del processo verbale e li invita a
sottoscriverlo. Se alcuno di essi non puo' o non vuole
sottoscrivere, ne e' fatta espressa menzione.
Sezione II: DELLE UDIENZE
Art. 127 (Direzione dell'udienza)
L'udienza e' diretta dal giudice singolo o dal presidente del
collegio.
Il giudice che la dirige puo' fare o prescrivere quanto occorre
affinche' la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e
proficuo, regola la discussione, determina i punti sui quali essa
deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente.
Art. 128 (Udienza pubblica)
L'udienza in cui si discute la causa e' pubblica a pena di nullita',
ma il giudice che la dirige puo' disporre che si svolga a porte
chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine
pubblico o di buon costume.
Il giudice esercita i poteri di polizia per il mantenimento
dell'ordine e del decoro e puo' allontanare chi contravviene alle
sue prescrizioni.
Art. 129 (Doveri di chi interviene o assiste all'udienza)
Chi interviene o assiste all'udienza non puo' portare armi o bastoni
e deve stare a capo scoperto e in silenzio.
E' vietato fare segni di approvazione o di disapprovazione o
cagionare in qualsiasi modo disturbo.
Art. 130 (Redazione del processo verbale)
Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la
direzione del giudice.
Il processo verbale e' sottoscritto da chi presiede l'udienza e dal
cancelliere; di esso non si da' lettura, salvo espressa istanza di
parte.
Sezione III:DEI PROVVEDIMENTI
Art. 131 (Forma dei provvedimenti in generale)
La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza,
ordinanza o decreto.
In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in
qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo.
Dei provvedimenti collegiali e' compilato sommario processo verbale,
il quale deve contenere la menzione della unanimita' della decisione
o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti
del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente
espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal
meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da
tutti i componenti del collegio stesso, e' conservato a cura del
presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio
(1).
(1) Comma aggiunto dall'art. 16, L. 13 aprile 1988, n. 117.
La Corte costituzionale, con sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, ha
dichiarato l'illegittimita' del predetto art. 16 nella parte cui
dispone che "e' compilato sommario processo verbale" anziche' "puo',
se uno dei componenti l'organo collegiale lo richieda, essere
compilato sommario processo verbale".
Art. 132 (Contenuto della sentenza)
La sentenza e' pronunciata in nome del popolo italiano e reca
l'intestazione: Repubblica italiana.
Essa deve contenere:
1) l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata;
2) l'indicazione delle parti e dei loro difensori;
3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti;
4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei
motivi in fatto e in diritto della decisione;
5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione
del giudice.
La sentenza emessa dal giudice collegiale e' sottoscritta soltanto
dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non puo'
sottoscrivere per morte o per altro impedimento, la sentenza viene
sottoscritta dal componente piu' anziano del collegio, purche' prima
della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se l'estensore
non puo' sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento e'
sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purche' prima
della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento (1).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 8 agosto 1977, n. 532.
Art. 133 (Pubblicazione e comunicazione della sentenza)
La sentenza e' resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del
giudice che l'ha pronunciata.
Il cancelliere da' atto del deposito in calce alla sentenza e vi
appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante
biglietto contenente il dispositivo, ne da' notizia alle parti che
si sono costituite.
Art. 134 (Forma, contenuto e comunicazione dell'ordinanza)
L'ordinanza e' succintamente motivata. Se e' pronunciata in udienza,
e' inserita nel processo verbale; se e' pronunciata fuori
dell'udienza, e' scritta in calce al processo verbale oppure in
foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del
giudice o, quando questo e' collegiale, del presidente.
Il cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori
dell'udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione.
Art. 135 (Forma e contenuto del decreto)
Il decreto e' pronunciato d'ufficio o su istanza anche verbale della
parte.
Se e' pronunciato su ricorso, e' scritto in calce al medesimo.
Quando l'istanza e' proposta verbalmente, se ne redige processo
verbale e il decreto e' inserito nello stesso.
Il decreto non e' motivato, salvo che la motivazione sia prescritta
espressamente dalla legge; e' dato ed e' sottoscritto dal giudice o,
quando questo e' collegiale, dal presidente.
Sezione IV: DELLE COMUNICAZIONI E DELLE NOTIFICAZIONI
Art. 136 (Comunicazioni)
Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata,
fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al
pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari
del giudice e ai testimoni, e da' notizia di quei provvedimenti per
i quali e' disposta dalla legge tale forma abbreviata di
comunicazione.
Il biglietto e' consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne
rilascia ricevuta, o e' notificato dall'ufficiale giudiziario (1).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 7 febbraio 1979, n. 59.
Art. 137 (Notificazioni)
Le notificazioni, quando non e' disposto altrimenti, sono eseguite
dall'ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del
pubblico ministero o del cancelliere.
L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al
destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da
notificarsi.
Art. 138 (Notificazione in mani proprie)
L'ufficiale giudiziario puo' sempre eseguire la notificazione
mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario,
ovunque lo trovi nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio
giudiziario al quale e' addetto.
Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l'ufficiale
giudiziario ne da' atto nella relazione, e la notificazione si
considera fatta in mani proprie.
Art. 139 (Notificazione nella residenza, nella dimora o nel
domicilio)
Se non avviene nel modo previsto nell'articolo precedente, la
notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del
destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha
l'ufficio o esercita l'industria o il commercio.
Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi,
l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una persona di
famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, purche' non
minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia e'
consegnata al portiere dello stabile dove e' l'abitazione, l'ufficio
o l'azienda, e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa
che accetti di riceverla.
Il portiere o il vicino deve sotto scrivere l'originale, e
l'ufficiale giudiziario da' notizia al destinatario dell'avvenuta
notificazione dell'atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile,
l'atto puo' essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.
Quando non e' noto il comune di residenza, la notificazione si fa
nel comune di dimora, e, se anche questa e' ignota, nel comune di
domicilio, osservate in quanto e' possibile le disposizioni
precedenti.
Art. 140 (Irreperibilita' o rifiuto di ricevere la copia)
Se non e' possibile eseguire la consegna per irreperibilita' o per
incapacita' o rifiuto delle persone indicate nell'articolo
precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del
comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del
deposito alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda
del destinatario, e gliene da' notizia per raccomandata con avviso
di ricevimento.
Art. 141 (Notificazione presso il domiciliatario)
La notificazione degli atti a chi ha eletto domicilio presso una
persona o un ufficio puo' essere fatta mediante consegna di copia
alla persona o al capo dell'ufficio in qualita' di domiciliatario,
nel luogo indicato nell'elezione.
Quando l'elezione di domicilio e' stata inserita in un contratto, la
notificazione presso il domiciliatario e' obbligatoria, se cosi' e'
stato espressamente dichiarato.
La consegna, a norma dell'art. 138, della copia nelle mani della
persona o del capo dell'ufficio presso i quali si e' eletto
domicilio, equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario.
La notificazione non puo' essere fatta nel domicilio eletto se e'
chiesta dal domiciliatario o questi e' morto o si e' trasferito
fuori della sede indicata nell'elezione di domicilio o e' cessato
l'ufficio.
Art. 142 (Notificazione a persona non residente, ne' dimorante, ne'
domiciliata nella Repubblica)
Salvo quanto disposto nel terzo comma, se il destinatario non ha
residenza, dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto
domicilio o costituito un procuratore a norma dell'art. 77, l'atto
e' notificato mediante affissione di copia nell'albo dell'ufficio
giudiziario davanti al quale si procede e mediante spedizione di
altra copia al destinatario per mezzo della posta in piego
raccomandato (1).
Una terza copia e' consegnata al pubblico ministero, che ne cura la
trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla
persona alla quale e' diretta.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano soltanto nei
casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei
modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e
75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 (2).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 6 febbraio 1981, n. 42.
(2) Comma aggiunto dalla L. 6 febbraio 1981, n. 42. Successivamente
la Corte costituzionale, con sentenza 3 marzo 1994, n. 69, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma, nella
parte in cui non prevede che la notificazione all'estero del
sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto
termine, con il tempestivo compimento delle formalita' imposte al
notificante dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e
75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200.
Art. 143 (Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio
sconosciuti)
Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del
destinatario e non vi e' il procuratore previsto nell'articolo 77,
l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante deposito di
copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza o, se
questa e' ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario, e
mediante affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio
giudiziario davanti al quale si procede.
Se non sono noti ne' il luogo dell'ultima residenza ne' quello di
nascita, l'ufficiale giudiziario consegna una copia dell'atto al
pubblico ministero.
Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi
dell'articolo precedente, la notificazione si ha per eseguita nel
ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le
formalita' prescritte (1).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 6 febbraio 1981, n. 42. La Corte
costituzionale, con sentenza 3 marzo 1994, n. 69, ha poi dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di questo comma nella parte in cui
non prevede che la notificazione all'estero del sequestro si
perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, con il
tempestivo compimento delle formalita' imposte al notificante dalle
Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del D.P.R. 5
gennaio 1967, n. 200.
Art. 144 (Notificazione alle amministrazioni dello Stato)
Per le amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni
delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso uffici
dell'Avvocatura dello Stato.
Fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni si
fanno direttamente presso l'amministrazione destinataria, a chi la
rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si
procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia nella sede
dell'ufficio al titolare o alle persone indicate nell'articolo
seguente.
Art. 145 (Notificazione alle persone giuridiche)
La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede,
mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla
persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad
altra persona addetta alla sede stessa.
La notificazione alle societa' non aventi personalita' giuridica,
alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli
articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a norma del comma
precedente, nella sede indicata nell'articolo 19 secondo comma.
Se la notificazione non puo' essere eseguita a norma dei commi
precedenti e nell'atto e' indicata la persona fisica che rappresenta
l'ente si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141.
Art. 146 (Notificazione a militari in attivita' di servizio)
Se il destinatario e' militare in attivita' di servizio e la
notificazione non e' eseguita in mani proprie, osservate le
disposizioni di cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna una
copia al pubblico ministero, che ne cura l'invio al comandante del
corpo al quale il militare appartiene.
Art. 147 (Tempo delle notificazioni)
Le notificazioni non possono farsi dal 1° ottobre al 31 marzo prima
delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1° aprile al 30 settembre prima
delle ore 6 e dopo le ore 20.
Art. 148 (Relazione di notificazione)
L'ufficiale giudiziario certifica l'eseguita notificazione mediante
relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce
all'originale e alla copia dell'atto.
La relazione indica la persona alla quale e' consegnata la copia e
le sue qualita', nonche' il luogo della consegna, oppure le
ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, i
motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla
reperibilita' del destinatario.
Art. 149 (Notificazione a mezzo del servizio postale)
Se non ne e' fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione
puo' eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.
In tale caso l'ufficiale giudiziario scrive la relazione di
notificazione sull'originale e sulla copia dell'atto, facendovi
menzione dell'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia
al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento.
Quest'ultimo e' allegato all'originale.
Art. 150 (Notificazione per pubblici proclami)
Quando la notificazione nei modi ordinari e' sommamente difficile
per il rilevante numero dei destinatari o per la difficolta' di
identificarli tutti, il capo dell'ufficio giudiziario davanti al
quale si procede e, in caso di procedimento davanti al pretore, il
presidente del tribunale, nella cui circoscrizione e' posta la
pretura, puo' autorizzare, su istanza della parte interessata e
sentito il pubblico ministero, la notificazione per pubblici
proclami.
L'autorizzazione e' data con decreto stesso in calce all'atto da
notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i destinatari
ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono
indicati i modi che appaiono piu' opportuni per portare l'atto a
conoscenza degli altri interessati.
In ogni caso, copia dell'atto e' depositata nella casa comunale del
luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario davanti al quale si
promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso e' inserito
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel foglio degli annunzi
legali delle province dove risiedono i destinatari o si presume che
risieda la maggior parte di essi.
La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito cio' che e'
prescritto nel presente articolo, l'ufficiale giudiziario deposita
una copia dell'atto, con la relazione e i documenti giustificativi
dell'attivita' svolta, nella cancelleria del giudice davanti al
quale si procede.
Questa forma di notificazione non e' ammessa nei procedimenti
davanti al conciliatore.
Art. 151 (Forme di notificazione ordinate dal giudice)
Il giudice puo' prescrivere, anche d'ufficio, con decreto steso in
calce all'atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da
quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma
collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano
circostanze particolari o esigenze di maggiore celerita'.
Capo II: DEI TERMINI
Art. 152 (Termini legali e termini giudiziari)
I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti
dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di
decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente.
I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge
stessa li dichiari espressamente perentori.
Art. 153 (Improrogabilita' dei termini perentori)
I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati,
nemmeno sull'accordo delle parti.
Art. 154 (Prorogabilita' del termine ordinatorio)
Il giudice, prima della scadenza, puo' abbreviare o prorogare, anche
d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La
proroga non puo' avere una durata superiore al termine originario.
Non puo' essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi
particolarmente gravi e con provvedimento motivato.
Art. 155 (Computo dei termini)
Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o
l'ora iniziali.
Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il
calendario comune.
I giorni festivi si computano nel termine.
Se il giorno di scadenza e' festivo la scadenza e' prorogata di
diritto al primo giorno seguente non festivo.
Capo III: DELLA NULLITA' DEGLI ATTI
Art. 156 (Rilevanza della nullita')
Non puo' essere pronunciata la nullita' per inosservanza di forme di
alcun atto del processo, se la nullita' non e' comminata dalla
legge.
Puo' tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti
formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
La nullita' non puo' mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto
lo scopo a cui e' destinato.
Art. 157 (Rilevabilita' e sanatoria della nullita')
Non puo' pronunciarsi la nullita' senza istanza di parte, se la
legge non dispone che sia pronunciata di ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse e' stabilito un requisito puo'
opporre la nullita' dell'atto per la mancanza del requisito stesso,
ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o
alla notizia di esso.
La nullita' non puo' essere opposta dalla parte che vi ha dato
causa, ne' da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.
Art. 158 (Nullita' derivante dalla costituzione del giudice)
La nullita' derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice
o all'intervento del pubblico ministero e' insanabile e deve essere
rilevata d'ufficio, salva la disposizione dell'art. 161.
Art. 159 (Estensione della nullita')
La nullita' di un atto non importa quella degli atti precedenti, ne'
di quelli successivi che ne sono indipendenti.
La nullita' di una parte dell'atto non colpisce le altre parti che
ne sono indipendenti.
Se il vizio impedisce un determinato effetto, l'atto puo' tuttavia
produrre gli altri effetti ai quali e' idoneo.
Art. 160 (Nullita' della notificazione)
La notificazione e' nulla se non sono osservate le disposizioni
circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi
e' incertezza assoluta sulla persona a cui e' fatta o sulla data,
salva l'applicazione degli articoli 156 e 157.
Art. 161 (Nullita' della sentenza)
La nullita' delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per
cassazione puo' essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le
regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della
sottoscrizione del giudice.
Art. 162 (Pronuncia sulla nullita')
Il giudice che pronuncia la nullita' deve disporre, quando sia
possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullita' si
estende.
Se la nullita' degli atti del processo e' imputabile al cancelliere,
all'ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col
provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della
rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con
la sentenza che decide la causa puo' condannare quest'ultimo al
risarcimento dei danni causati dalla nullita' a norma dell'articolo
60 n. 2.
Art. 163 (Contenuto della citazione)
La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza
fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell'anno
giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della Corte
di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze
destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti.
L'atto di citazione deve contenere:
1) l'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è
proposta;
2) il nome, il cognome e la residenza dell'attore, il nome, il
cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e
delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono.
Se attore o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non
riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la
denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio
che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti
le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore
intende valersi e in particolare dei documenti che offre in
comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l'indicazione della
procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7) l'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; l'invito
al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima
dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo
166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei
termini, e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice
designato ai sensi dell'articolo 168-bis, con l'avvertimento che la
costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui
all'articolo 167 (1).
L'atto di citazione, sottoscritto a norma dell'art. 125, è
consegnato dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario,
il quale lo notifica a norma degli artt. 137 e seguenti.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall'art. 7, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 163 bis (Termini per comparire)
Tra il giorno della notificazione della citazione e quello
dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non
minori di sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova
in Italia e di centoventi giorni se si trova all'estero (1).
Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su
istanza dell'attore e con decreto motivato in calce dell'atto
originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i
termini indicati dal primo comma.
Se il termine assegnato dall'attore ecceda il minimo indicato dal
primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del
termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre
osservata la misura di quest'ultimo termine, l'udienza per la
comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella
indicata dall'attore. Il presidente provvede con decreto, che deve
essere comunicato dal cancelliere all'attore, almeno cinque giorni
liberi prima dell'udienza fissata dal presidente.
Articolo aggiunto dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall'art. 8, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 164 (Nullità della citazione)
La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto
alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell'articolo 163,
se manca l'indicazione della data dell'udienza di comparizione, se è
stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito
dalla legge ovvero se manca l'avvertimento previsto dal numero 7)
dell'articolo 163.
Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata
la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone
d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i
vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si
producono sin dal momento della prima notificazione. Se la
rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione
della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma
dell'articolo 307, comma terzo.
La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano
salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma;
tuttavia, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini a
comparire o la mancanza dell'avvertimento previsto dal numero 7)
dell'articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto
dei termini.
La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente
incerto il requisito stabilito nel numero 3) dell'articolo 163
ovvero se manca l'esposizione dei fatti di cui al numero 4) dello
stesso articolo.
Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa
all'attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il
convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme
le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla
rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l'udienza
ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 183 e si applica l'articolo
167.
Articolo così sostituito dall'art. 9, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 165 (Costituzione dell'attore)
L'attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al
convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di
termini a norma del secondo comma dell'articolo 163 bis, deve
costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei
casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota
d'iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l'originale
della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione.
Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o
eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale.
Se la citazione è notificata a più persone, l'originale della
citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni
dall'ultima notificazione.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 166 (Costituzione del convenuto)
Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o
personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni
prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, o
almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a
norma del secondo comma dell'articolo 163-bis, ovvero almeno venti
giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 168-bis,
quinto comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo
contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della
citazione notificata, la procura e i documenti che offre in
comunicazione.
Articolo sostituito dall'art. 10, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente così modificato dall'art. 1, D.L. 7 ottobre 1994, n.
571.
Art. 167 (Comparsa di risposta)
Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue
difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento
della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i
documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande
riconvenzionali . Se è omesso o risulta assolutamente incerto
l'oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice,
rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per
integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti
acquisiti anteriormente alla integrazione (1).
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione
nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell'articolo 269.
Articolo così sostituito dall'art. 11, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito dall'art. 3, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 168 (Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo
d'ufficio)
All'atto della costituzione dell'attore, o, se questi non si è
costituito, all'atto della costituzione del convenuto, su
presentazione della nota d'iscrizione a ruolo, il cancelliere
iscrive la causa nel ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio, nel
quale inserisce la nota d'iscrizione a ruolo, copia dell'atto di
citazione, delle comparse e delle memorie in carta non bollata e,
successivamente, i processi verbali d'udienza, i provvedimenti del
giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle
sentenze.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 168 bis (Designazione del giudice istruttore)
Formato un fascicolo d'ufficio a norma dell'articolo precedente, il
cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale,
il quale, con decreto scritto in calce della nota d'iscrizione al
ruolo, designa il giudice istruttore davanti al quale le parti
debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso
all'istruzione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente
assegna la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede
nelle stesse forme alla designazione del giudice istruttore.
La designazione del giudice istruttore deve in ogni caso avvenire
non oltre il secondo giorno successivo alla costituzione della parte
più diligente.
Subito dopo la designazione del giudice istruttore il cancelliere
iscrive la causa sul ruolo della sezione, su quello del giudice
istruttore e gli trasmette il fascicolo (1).
Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore
designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è d'ufficio
rimandata all'udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice
designato (1).
Il giudice istruttore può differire, con decreto da emettere entro
cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima
udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il
cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima
udienza (2).
(1) Comma così sostituito dall'art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma sostituito dall'art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente così modificato dall'art. 2, D.L. 7 ottobre 1994, n.
571.
Art. 169 (Ritiro dei fascicoli di parte)
Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l'autorizzazione
di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo
deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo
disponga.
Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all'atto della
rimessione della causa al collegio a norma dell'articolo 189, ma
deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa
conclusionale.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 170 (Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento)
Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le
comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge
disponga altrimenti.
E' sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto, anche se il
procuratore è costituito per più parti.
Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che sia costituita
personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio
eletto.
Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano
mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o
mediante scambio documentato con l'apposizione sull'originale, in
calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il
giudice può prescrivere per singoli atti che si segua una o altra di
queste forme.
Art. 171 (Ritardata costituzione delle parti)
Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si
applicano le disposizioni dell'articolo 307, primo e secondo comma.
Se una delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente
a lei assegnato, l'altra parte può costituirsi successivamente fino
alla prima udienza, ma restano ferme per il convenuto le decadenze
di cui all'articolo 167 (1).
La parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata
contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la
disposizione dell'articolo 291.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall'art. 13, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione II: DELLA DESIGNAZIONE DEL GIUDICE ISTRUTTORE
Art. 172 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 173 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 174 (Immutabilità del giudice istruttore)
Il giudice designato è investito di tutta l'istruzione della causa e
della relazione al collegio.
Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di
servizio può essere sostituito con decreto del presidente. La
sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per
il compimento dei singoli atti.
Capo II: DELL'ISTRUZIONE DELLA CAUSA
Sezione I: DEI POTERI DEL GIUDICE ISTRUTTORE IN GENERALE
Art. 175 (Direzione del procedimento)
Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più
sollecito e leale svolgimento del procedimento.
Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti
debbono compiere gli atti processuali.
Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma
precedente, si applica la disposizione dell'articolo 289.
Art. 176 (Forma dei provvedimenti)
Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge
disponga altrimenti, hanno la forma dell'ordinanza.
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle
parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle
pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate a cura del
cancelliere entro i tre giorni successivi.
Art. 177 (Effetti e revoca delle ordinanze)
Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la
decisione della causa.
Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono
essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha
pronunciate.
Non sono modificabili nè revocabili dal giudice che le ha
pronunciate:
1) le ordinanze pronunciate sull'accordo delle parti, in materia
della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili
dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di
tutte le parti;
2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla
legge;
3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo
di reclamo (1);
4) le ordinanze per le quali sia stato proposto reclamo a norma
dell'articolo seguente (2).
(1) Punto così modificato dall'art. 14, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Punto abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 178 (Controllo del collegio sulle ordinanze)
Le parti, senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono proporre
al collegio, quando la causa è rimessa a questo a norma dell'art.
189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con
ordinanza revocabile.
L'ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di
giudice unico, quando dichiara l'estinzione del processo è
impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio (1).
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci
giorni decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in
udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell'ordinanza
medesima.
Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale
d'udienza, o con ricorso al giudice istruttore.
Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella
stessa udienza, ove le parti lo richiedono, il termine per la
comunicazione di una memoria, e quello successivo per la
comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto con ricorso,
questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti,
insieme con decreto, in calce, del giudice istruttore, che assegna
un termine per la comunicazione dell'eventuale memoria di risposta.
Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni
successivi (2).
Scaduti i termini previsti dal comma precedente, il collegio, entro
i quindici giorni successivi, provvede in camera di consiglio con
ordinanza, alla quale si applicano le disposizioni dell'articolo 279
quarto comma, e dell'articolo 280 (3).
Il provvedimento del collegio è limitato all'ammissibilità e alla
rilevanza del mezzo di prova, e pertanto le parti non possono
sottoporgli conclusioni di merito, nè totali nè parziali. Tuttavia
il collegio, su richiesta di parte o d'ufficio, può limitarsi a
rimettere con l'ordinanza le parti al giudice istruttore per gli
adempimenti previsti dagli articoli 189 e 190 (3).
L'esecuzione dell'ordinanza è sospesa durante il termine per
proporre reclamo e durante il giudizio su questo, salvo che il
giudice istruttore, nei casi d'urgenza, l'abbia dichiarata esecutiva
nonostante reclamo (3).
(1) Comma così sostituito dall'art. 15, comma 1, L. 26 novembre
1990, n. 353.
(2) Comma così modificato dall'art. 15, comma 2, L. 26 novembre
1990, n. 353.
(3) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 179 (Ordinanze di condanna a pene pecuniarie)
Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a pene pecuniarie
previste nel presente codice sono pronunciate con ordinanza del
giudice istruttore.
L'ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell'interessato e
previa contestazione dell'addebito non è impugnabile; altrimenti il
cancelliere la notifica al condannato, il quale, nel termine
perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con ricorso allo
stesso giudice che l'ha pronunciata.
Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo
con ordinanza non impugnabile.
Le ordinanze di condanna previste nel presente articolo
costituiscono titolo esecutivo.
Sezione II: DELLA TRATTAZIONE DELLA CAUSA
Art. 180 (Udienza di prima comparizione e forma della trattazione)
(°)
All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice
istruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e,
quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo
102, secondo comme, dall'articolo 164, dall'articolo 167,
dall'articolo 182 e dall'articolo 291, primo comma (1).
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se
richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di
comparse a norma dell'ultimo comma dell'articolo 170. In ogni caso
fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando
al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni
prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di
merito che non siano rilevabili d'ufficio (1).
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale
si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il
giudice pronuncia in udienza.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(°) Rubrica così sostituita dall'art. 4, comma 1, D.L. 18 ottobre
1995, n. 432.
(1) L'originario primo comma è stato sostituito con gli attuali
primo e secondo comma dall'art. 4, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n.
432.
Art. 181 (Mancata comparizione delle parti)
Se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza, il giudice
fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazioni
alle parti costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova
udienza il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la
cancellazione della causa dal ruolo (1).
Se l'attore costituito non comparisce alla prima udienza, e il
convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice
fissa una nuova udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione
all'attore. Se questi non comparisce alla nuova udienza, il giudice,
se il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, ordina
che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l'estinzione del
processo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma modificato dall'art. 16, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente così modificato dall'art. 4, comma 1 bis, D.L. 18
ottobre 1995, n. 432.
Art. 182 (Difetto di rappresentanza o di autorizzazione)
Il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità della
costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o
a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi.
Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di
autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per
la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o
l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni,
salvo che si sia avverata una decadenza.
Art. 183 (Prima udienza di trattazione)
Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga
liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo
consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle
parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile
ai sensi del secondo comma dell'articolo 116.
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore
generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti
della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o
scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il
potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata
conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del
procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo
116.
Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i
chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio
delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni
che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni
proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a
chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se
l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti
possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le
conclusioni già formulate (1).
Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a
trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o
modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già
proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine
perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande
ed eccezioni nuove o modificate dall'altra parte e per proporre le
eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni
medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l'udienza per i
provvedimenti di cui all'articolo 184 (1).
Articolo così sostituito dall'art. 17, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 184 (Deduzioni istruttorie)
Salva l'applicazione dell'articolo 187 il giudice istruttore, se
ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova
proposti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza,
assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre
documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonchè altro termine per
l'eventuale indicazione di prova contraria.
I termini di cui al comma precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova, ciascuna
parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal
giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai
primi.
Articolo così sostituito dall'art. 18, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 184 bis (Rimessione in termini)
La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad
essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere
rimessa in termini (1).
Il giudice provvede a norma dell'articolo 294, secondo e terzo
comma.
Articolo aggiunto dall'art. 19, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito dall'art. 6, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 185 (Tentativo di conciliazione)
Se la natura della causa lo consente, il giudice istruttore, nella
prima udienza, deve cercare di conciliare le parti, disponendo,
quando occorre, la loro comparizione personale (1).
Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque
momento dell'istruzione.
Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della
convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo
esecutivo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 (Pronuncia dei provvedimenti)
Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice istruttore,
sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni; ma
può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni
successivi.
Art. 186 bis (Ordinanza per il pagamento di somme non contestate)
Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al
momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle
somme non contestate dalle parti costituite.
L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia
in caso di estinzione del processo.
L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di
cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma.
Articolo aggiunto dall'art. 20, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 ter (Istanza di ingiunzione)
Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando
ricorrano i presupposti di cui all'art. 633, primo comma, n. 1), e
secondo comma, e di cui all'art. 634, la parte può chiedere al
giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con
ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna.
L'ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall'art. 641,
ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove
ricorrano i presupposti di cui all'art. 642, nonchè, ove la
controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all'art. 648,
primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta
ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta
contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto
pubblico.
L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di
cui agli articoli 177 e 178, primo comma.
Se il processo si estingue l'ordinanza che non ne sia già munita
acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'art. 653, primo comma.
Se la parte contro cui è pronunciata l'ingiunzione è contumace,
l'ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti
dell'art. 644. In tal caso l'ordinanza deve altresì contenere
l'espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro
il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai
sensi dell'art. 647.
L'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l'iscrizione
dell'ipoteca giudiziale.
Articolo aggiunto dall'art. 21, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 quater (Ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione)
Esaurita l'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte
che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero
alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il
pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui
ritiene già raggiunta la prova. Con l'ordinanza il giudice provvede
sulle spese processuali.
L'ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza
che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia dell'ordinanza, il processo si estingue,
l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile
sull'oggetto dell'istanza.
La parte intimata può dichiarare di rinunciare alla pronuncia della
sentenza, con atto notificato all'altra parte e depositato in
cancelleria. Dalla data del deposito dell'atto modificato,
l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile
sull'oggetto dell'istanza.
Articolo aggiunto dall'art. 7, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 187 (Provvedimenti del giudice istruttore)
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la
decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova,
rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinchè sia decisa separatamente
una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la
decisione di essa può definire il giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla
giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può
anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Qualora il collegio provveda a norma dell'articolo 279, secondo
comma, numero 4), i termini di cui all'articolo 184, non concessi
prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice
istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui
(1).
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così modificato dall'art. 22, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 188 (Attività istruttoria del giudice)
Il giudice istruttore provvede all'assunzione dei mezzi di prova e,
esaurita l'istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione
a norma dell'articolo seguente.
Art. 189 (Rimessione al collegio)
Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma
dei primi tre commi dell'articolo 187 o dell'articolo 188, invita le
parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono
sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli
atti introduttivi o a norma dell'art. 183. Le conclusioni di merito
debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti
dall'articolo 187, secondo e terzo comma (1).
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando
avviene a norma dell'articolo 187, secondo e terzo comma.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall'art. 23, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 190 (Comparse conclusionali e memorie)
Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine
perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al
collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi.
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore,
quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più
breve, comunque non inferiore a venti giorni.
Articolo così sostituito dall'art. 24, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 190 bis (Decisione del giudice istruttore in funzione di
giudice unico)
Per le cause che devono essere decise dal giudice istruttore in
funzione di giudice unico, questi, fatte precisare le conclusioni ai
sensi dell'articolo 189, dispone lo scambio delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'articolo 190
e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro sessanta giorni
dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Se una delle parti lo richiede il giudice, disposto lo scambio delle
sole comparse conclusionali ai sensi dell'articolo 190, fissa
l'udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza
del termine per il deposito delle comparse conclusionali; la
sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni
successivi.
Articolo aggiunto dall'art. 25, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione III: DELL'ISTRUZIONE PROBATORIA
§ 1: DELLA NOMINA E DELLE INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO
Art. 191 (Nomina del consulente tecnico)
Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore,
con l'ordinanza prevista nell'articolo 187 ultimo comma o con altra
successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l'udienza nella
quale questi deve comparire.
Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave
necessità o quando la legge espressamente lo dispone.
Art. 192 (Astensione e ricusazione del consulente)
L'ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del
cancelliere, con invito a comparire all'udienza fissata dal giudice.
Il consulente che non ritiene di accettare l'incarico o quello che,
obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne
denuncia o istanza al giudice che l'ha nominato almeno tre giorni
prima dell'udienza di comparizione; nello stesso termine le parti
debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella
cancelleria ricorso al giudice istruttore.
Questi provvede con ordinanza non impugnabile.
Art. 193 (Giuramento del consulente)
All'udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al
consulente l'importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere,
e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni
affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.
Art. 194 (Attività del consulente)
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal
giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione
giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62, da sè solo o
insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere
autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere
informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi.
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da
sè solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a
mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono
presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e
istanze.
Art. 195 (Processo verbale e relazione)
Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono
compiute con l'intervento del giudice istruttore, ma questi può
anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
Se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il
consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le
osservazioni e le istanze delle parti.
La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che
il giudice fissa.
Art. 196 (Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente)
Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle
indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente
tecnico.
Art. 197 (Assistenza all'udienza e audizione in camera di consiglio)
Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente
tecnico ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad
esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle
parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per
mezzo dei difensori.
Art. 198 (Esame contabile)
Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il
giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico,
affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti.
Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può
esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi
tuttavia, senza il consenso di tutte le parti, non può fare menzione
nei processi verbali o nella relazione di cui all'articolo 195.
Art. 199 (Processo verbale di conciliazione)
Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della
conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente
tecnico e inserito nel fascicolo d'ufficio.
Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo
esecutivo al processo verbale.
Art. 200 (Mancata conciliazione)
Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i
risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione,
che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice
istruttore.
Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella
relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell'articolo
116 secondo comma.
Art. 201 (Consulente tecnico di parte)
Il giudice istruttore, con l'ordinanza di nomina del consulente,
assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con
dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico.
Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell'articolo
194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa
all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene
il consulente del giudice, per chiarire e svolgere con
l'autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati
delle indagini tecniche.
§ 2: DELL'ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA IN GENERALE
Art. 202 (Tempo, luogo e modo dell'assunzione)
Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può
assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il
modo dell'assunzione.
Se questa non si esaurisce nell'udienza fissata, il giudice ne
differisce la prosecuzione ad un giorno prossimo.
Art. 203 (Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale)
Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del
tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il pretore del
luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente
del tribunale consente che vi si trasferisca il giudice stesso.
Nell'ordinanza di delega al pretore, il giudice fissa il termine
entro il quale la prova deve assumersi e l'udienza di comparizione
delle parti per la prosecuzione del giudizio.
Il pretore, su istanza della parte interessata, procede
all'assunzione del mezzo di prova e d'ufficio ne rimette il processo
verbale al giudice istruttore prima dell'udienza fissata per la
prosecuzione del giudizio, anche se l'assunzione non è esaurita.
Le parti possono rivolgere al giudice istruttore, direttamente o a
mezzo del pretore delegato, istanza per la proroga del termine.
Art. 204 (Rogatorie alle autorità estere e ai consoli italiani)
Le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per
l'esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via
diplomatica.
Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti
all'estero, il giudice istruttore delega il console competente, che
provvede a norma della legge consolare.
Per l'assunzione dei mezzi di prova e la prosecuzione del giudizio,
il giudice pronuncia i provvedimenti previsti negli ultimi tre commi
dell'articolo precedente.
Art. 205 (Risoluzione degli incidenti relativi alla prova)
Il giudice che procede all'assunzione dei mezzi di prova, anche se
delegato a norma dell'articolo 203, pronuncia con ordinanza su tutte
le questioni che sorgono nel corso della stessa.
Art. 206 (Assistenza delle parti all'assunzione)
Le parti possono assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di
prova.
Art. 207 (Processo verbale dell'assunzione)
Dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto
la direzione del giudice.
Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima
persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.
Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le
dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone.
Art. 208 (Decadenza dall'assunzione)
Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o
proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal
diritto di farla assumere, salvo che l'altra parte presente non ne
chieda l'assunzione.
La parte interessata può chiedere nell'udienza successiva al giudice
la revoca dell'ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal
diritto di assumere la prova. Il giudice dispone la revoca con
ordinanza, quando riconosce che la mancata comparizione è stata
cagionata da causa non imputabile alla stessa parte.
Articolo così sostituito dall'art. 26, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 209 (Chiusura dell'assunzione)
Il giudice istruttore dichiara chiusa l'assunzione quando sono
eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui
all'articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure
quando egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la
ulteriore assunzione.
§ 3: DELL'ESIBIZIONE DELLE PROVE
Art. 210 (Ordine di esibizione alla parte o al terzo)
Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma
dell'articolo 118 l'ispezione di cose in possesso di una parte o di
un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare
all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o
altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo.
Nell'ordinare l'esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni
circa il tempo, il luogo e il modo dell'esibizione.
Se l'esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso
anticipata dalla parte che ha proposta l'istanza di esibizione.
Art. 211 (Tutela dei diritti del terzo)
Quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore
deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse
della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di
ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia citato in
giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi.
Il terzo può sempre fare opposizione contro l'ordinanza di
esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del
termine assegnatogli.
Art. 212 (Esibizione di copia del documento e dei libri di
commercio)
Il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione
dell'originale, si esibisca una copia anche fotografica o un
estratto autentico del documento.
Nell'ordinare l'esibizione di libri di commercio o di registri al
fine di estrarne determinate partite, il giudice, su istanza
dell'interessato, può disporre che siano prodotti estratti, per la
formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto
affinchè lo assista.
Art. 213 (Richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione)
Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può
richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni
scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa,
che è necessario acquisire al processo.
§ 4: DEL RICONOSCIMENTO E DELLA VERIFICAZIONE DELLA SCRITTURA
PRIVATA
Art. 214 (Disconoscimento della scrittura privata)
Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende
disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o
la propria sottoscrizione.
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non
conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
Art. 215 (Riconoscimento tacito della scrittura privata)
La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la
quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell'articolo
293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non
conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva
alla produzione.
Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia
autentica, il giudice istruttore può concedere un termine per
deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al numero 2.
Art. 216 (Istanza di verificazione)
La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve
chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene
utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di
comparazione.
L'istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale
con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se
il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico
dell'attore.
Art. 217 (Custodia della scrittura e provvedimenti istruttori)
Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone le
cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il
termine per il deposito in cancelleria delle scritture di
comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e
provvede all'ammissione delle altre prove.
Nel determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il
giudice ammette, in mancanza di accordo delle parti, quelle la cui
provenienza dalla persona che si afferma autrice della scrittura è
riconosciuta oppure accertata per sentenza di giudice o per atto
pubblico.
Art. 218 (Scritture di comparazione presso depositari)
Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari
pubblici o privati e l'asportazione non ne è vietata, il giudice
istruttore può disporre il deposito in cancelleria in un termine da
lui fissato.
Se la comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le
scritture, il giudice dà le disposizioni necessarie per le
operazioni, che debbono compiersi in presenza del depositario.
Art. 219 (Redazione di scritture di comparazione)
Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto
dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico.
Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o
rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può
ritenere riconosciuta.
Art. 220 (Pronuncia del collegio)
Sull'istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio.
Il collegio, nella sentenza che dichiara la scrittura o la
sottoscrizione di mano della parte che l'ha negata, può condannare
quest'ultima a una pena pecuniaria non inferiore a lire duemila e
non superiore a lire quarantamila.
§ 5: DELLA QUERELA DI FALSO
Art. 221 (Modo di proposizione e contenuto della querela)
La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in
corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finchè la
verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in
giudicato.
La querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli
elementi e delle prove della falsità, e deve essere proposta
personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale,
con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale
d'udienza.
È obbligatorio l'intervento nel processo del pubblico ministero.
Art. 222 (Interpello della parte che ha prodotto la scrittura)
Quando è proposta querela di falso in corso di causa, il giudice
istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se
intende valersene in giudizio. Se la risposta è negativa, il
documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice,
che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della
querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi
istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della
loro assunzione.
Art. 223 (Processo verbale di deposito del documento)
Nell'udienza in cui è presentata la querela, si forma processo
verbale di deposito nelle mani del cancelliere del documento
impugnato.
Il processo verbale è redatto in presenza del pubblico ministero e
delle parti, e deve contenere la descrizione dello stato in cui il
documento si trova, con indicazione delle cancellature, abrasioni,
aggiunte, scritture interlineari e di ogni altra particolarità che
vi si riscontra.
Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere
appongono la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che
di esso sia fatta copia fotografica.
Art. 224 (Sequestro del documento)
Se il documento impugnato di falso si trova presso un depositario,
il giudice istruttore può ordinarne il sequestro con le forme
previste nel codice di procedura penale, dopo di che si redige il
processo verbale di cui all'articolo precedente.
Se non è possibile il deposito del documento in cancelleria, il
giudice dispone le necessarie cautele per la conservazione di esso e
redige il processo verbale alla presenza del depositario, nel luogo
dove il documento si trova.
Art. 225 (Decisione sulla querela)
Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio.
Il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per la
decisione sulla querela indipendentemente dal merito. In tal caso,
su istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa
continui davanti a sè relativamente a quelle domande che possono
essere decise indipendentemente dal documento impugnato.
Art. 226 (Contenuto della sentenza)
Il collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina
la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere,
sia fatta menzione della sentenza sull'originale o sulla copia che
ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena
pecuniaria non inferiore a lire quattromila e non superiore a lire
quarantamila.
Con la sentenza che accerta la falsità il collegio, anche d'ufficio,
dà le disposizioni di cui all'articolo 480 del codice di procedura
penale
Art. 227 (Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla
querela)
L'esecuzione delle sentenze previste nell'articolo precedente non
può aver luogo prima che siano passate in giudicato.
Se non è richiesta dalle parti, l'esecuzione è promossa dal pubblico
ministero a spese del soccombente con l'osservanza, in quanto
applicabili, delle norme dell'articolo 481 del codice di procedura
penale.
§ 6: DELLA CONFESSIONE GIUDIZIALE E DELL'INTERROGATORIO FORMALE
Art. 228 (Confessione giudiziale)
La confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante
interrogatorio formale.
Art. 229 (Confessione spontanea)
La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto
processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso
dell'articolo 117.
Art. 230 (Modo dell'interrogatorio)
L'interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e
specifici.
Il giudice istruttore procede all'assunzione dell'interrogatorio nei
modi e termini stabiliti nell'ordinanza che l'ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei
capitoli, ad eccezione delle domande su cui le parti concordano e
che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i
chiarimenti opportuni sulle risposte date.
Art. 231 (Risposta)
La parte interrogata deve rispondere personalmente. Essa non può
servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può
consentirle di valersi di note o appunti, quando deve fare
riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo
consigliano.
Art. 232 (Mancata risposta)
Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza
giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di
prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti
nell'interrogatorio.
Il giudice istruttore, che riconosce giustificata la mancata
presentazione della parte per rispondere all'interrogatorio, dispone
per l'assunzione di esso anche fuori della sede giudiziaria.
§ 7: DEL GIURAMENTO
Art. 233 (Deferimento del giuramento decisorio)
Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della
causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta
all'udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale
o con atto sottoscritto dalla parte.
Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e
specifico.
Art. 234 (Riferimento)
Finchè non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte,
alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo
all'avversario nei limiti fissati dal codice civile.
Art. 235 (Irrevocabilità)
La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio, non
può più revocarlo quando l'avversario ha dichiarato di essere pronto
a prestarlo.
Art. 236 (Caso di revocabilità)
Se nell'ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la
formula proposta dalla parte, questa può revocarlo.
Art. 237 (Risoluzione delle contestazioni)
Le contestazioni sorte tra le parti circa l'ammissione del
giuramento decisorio sono decise dal collegio.
L'ordinanza del collegio che ammette il giuramento deve essere
notificata personalmente alla parte.
Art. 238 (Prestazione)
Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è
ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante
sull'importanza religiosa e morale dell'atto e sulle conseguenze
penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare (1).
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole:
"consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti
a Dio e agli uomini, giuro...", e continua ripetendo le parole della
formula su cui giura (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 8 ottobre 1996, n. 334, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma
limitatamente alle parole "religiosa e" e del secondo comma
limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini".
Art. 239 (Mancata prestazione)
La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si
presenta senza giustificato motivo all'udienza all'uopo fissata, o,
comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all'avversario,
soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al
quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte
avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito.
Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata
comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a
norma dell'articolo 232 secondo comma.
Art. 240 (Deferimento del giuramento suppletorio)
Nelle cause riservate alla decisione collegiale, il giuramento
suppletorio può essere deferito esclusivamente dal collegio.
Articolo così modificato dall'art. 27, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 241 (Ammissibilità e contenuto del giuramento d'estimazione)
Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito
dal collegio a una delle parti, soltanto se non è possibile
accertare altrimenti il valore della cosa stessa. In questo caso il
collegio deve anche determinare la somma fino a concorrenza della
quale il giuramento avrà efficacia.
Art. 242 (Divieto di riferire il giuramento suppletorio)
Il giuramento deferito d'ufficio a una delle parti non può da questa
essere riferito all'altra.
Art. 243 (Rinvio alle norme sul giuramento decisorio)
Per la prestazione del giuramento deferito d'ufficio si applicano le
disposizioni relative al giuramento decisorio.
§ 8: DELLA PROVA PER TESTIMONI
Art. 244 (Modo di deduzione)
La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione
specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in
articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere
interrogata.
La parte contro la quale la prova è proposta, anche quando si oppone
all'ammissione, deve indicare a sua volta nella prima risposta le
persone che intende fare interrogare e deve dedurre per articoli
separati i fatti sui quali debbono essere interrogate (1).
Il giudice istruttore, secondo le circostanze, può assegnare un
termine perentorio alle parti per formulare o integrare tali
indicazioni.
(1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 245 (Ordinanza di ammissione)
Con l'ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le
liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non
possono essere sentiti per legge.
La rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da essa
indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il
giudice non vi consente.
Art. 246 (Incapacità a testimoniare)
Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella
causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione
al giudizio.
Art. 247 (Divieto di testimoniare)
Non possono deporre il coniuge ancorchè separato, i parenti o affini
in linea retta e coloro che sono legati a una delle parti da vincoli
di affiliazione, salvo che la causa verta su questioni di stato, di
separazione personale o relative a rapporti di famiglia.
La Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 1974, n. 248, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo.
Art. 248 (Audizione dei minori degli anni quattordici)
I minori degli anni quattordici possono essere sentiti solo quando
la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi
non prestano giuramento.
La Corte costituzionale, con sentenza 11 giugno 1975, n. 139, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo.
Art. 249 (Facoltà d'astensione)
Si applicano all'audizione dei testimoni le disposizioni degli
articoli 351 e 352 del codice di procedura penale relative alla
facoltà d'astensione dei testimoni.
Art. 250 (Intimazione ai testimoni)
L'ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata,
intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel
luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che
assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.
Art. 251 (Giuramento dei testimoni)
I testimoni sono esaminati separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza
religiosa e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle
dichiarazioni false o reticenti, e legge la formula: "consapevole
della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio e
agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la verità".
Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le
parole: "lo giuro" (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 117 del 10 ottobre
1979, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma nella parte in cui non contiene l'inciso "se credente".
Successivamente la stessa Corte, con sentenza 5 maggio 1995, n. 149,
ha dichiarato l'illegittimità del comma nella parte in cui prevede:
a) che il giudice istruttore "ammonisce il testimone sull'importanza
religiosa, se credente, e morale del giuramento e sulle", anzichè
stabilire che il giudice istruttore "avverte il testimone
dell'obbligo di dire la verità e delle";
b) che il giudice istruttore "legge la formula: "Consapevole della
responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se
credente, e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che
la verità", anzichè stabilire che il giudice istruttore "lo invita a
rendere la seguente dichiarazione: "Consapevole della responsabilità
morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a
dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia
conoscenza";
c) "Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando
le parole: "lo giuro".
Art. 252 (Identificazione dei testimoni)
Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, il
luogo e la data di nascita, l'età e la professione, lo invita a
dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità, affiliazione o
dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa.
Le parti possono fare osservazioni sull'attendibilità del testimone,
e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle
osservazioni e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale
prima dell'audizione del testimone.
Art. 253 (Interrogazioni e risposte)
Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai
quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d'ufficio o su
istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i
fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare
direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell'articolo
231.
Art. 254 (Confronto dei testimoni)
Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il
giudice istruttore, su istanza di parte o d'ufficio, può disporre
che essi siano messi a confronto.
Art. 255 (Mancata comparizione dei testimoni)
Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice
istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne
l'accompagnamento all'udienza stessa o ad altra successiva. Con la
medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a
lire quattrocento e non superiore a lire ottomila, oltre che alle
spese causate dalla mancata presentazione.
Se il testimone si trova nell'impossibilità di presentarsi o ne è
esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice
si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono
situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all'esame
il pretore del luogo.
Art. 256 (Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza)
Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre
senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non
abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore
lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del
processo verbale. Il giudice può anche ordinare l'arresto del
testimone.
Art. 257 (Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell'esame)
Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti,
ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d'ufficio che
esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei
quali ha ritenuto l'audizione superflua a norma dell'articolo 245 o
dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che
siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di
chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi
nel precedente esame.
§ 9: DELLE ISPEZIONI, DELLE RIPRODUZIONI MECCANICHE E DEGLI
ESPERIMENTI
Art. 258 (Ordinanza d'ispezione)
L'ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è
disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e
il modo dell'ispezione.
Art. 259 (Modo dell'ispezione)
All'ispezione procede personalmente il giudice istruttore,
assistito, quando occorre, da un consulente tecnico, anche se
l'ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale,
tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi
dalla sede. In tal caso delega il pretore a norma dell'articolo 203.
Art. 260 (Ispezione corporale)
Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all'ispezione
corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico.
All'ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a
garantire il rispetto della persona.
Art. 261 (Riproduzioni, copie ed esperimenti)
Il giudice istruttore può disporre che siano eseguiti rilievi,
calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e
luoghi, e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche o altre che
richiedono l'impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato
in un dato modo, il giudice può ordinare di procedere alla
riproduzione del fatto stesso, facendone eventualmente eseguire la
rilevazione fotografica o cinematografica.
Il giudice presiede all'esperimento e, quando occorre, ne affida
l'esecuzione a un esperto che presta giuramento a norma
dell'articolo 193.
Art. 262 (Poteri del giudice istruttore)
Nel corso dell'ispezione o dell'esperimento il giudice istruttore
può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti
necessari per l'esibizione della cosa o per accedere alla località.
Può anche disporre l'accesso in luoghi appartenenti a persone
estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e
prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro
interessi.
§ 10: DEL RENDIMENTO DEI CONTI
Art. 263 (Presentazione e accettazione del conto)
Se il giudice ordina la presentazione di un conto, questo deve
essere depositato in cancelleria con i documenti giustificativi,
almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata per la discussione
di esso.
Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne dà atto nel
processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano
dovute. L'ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo
esecutivo.
Art. 264 (Impugnazione e discussione)
La parte che impugna il conto deve specificare le partite che
intende contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il
giudice istruttore fissa un'udienza per tale scopo.
Se le parti, in seguito alla discussione, concordano nel risultato
del conto, il giudice provvede a norma del secondo comma
dell'articolo precedente.
In ogni caso il giudice può disporre, con ordinanza non impugnabile
il pagamento del sopravanzo che risulta dal conto o dalla
discussione dello stesso.
Art. 265 (Giuramento)
Il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento
le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo
presenta o rimane contumace. Si applica in tal caso la disposizione
dell'articolo 241.
Il collegio può altresì ordinare a chi rende il conto di asseverare
con giuramento le partite per le quali non si può, o non si suole
richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza giuramento,
quando sono verosimili e ragionevoli.
Art. 266 (Revisione del conto approvato)
La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta,
anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale,
omissione, falsità o duplicazione di partite.
Sezione IV: DELL'INTERVENTO DI TERZI E DELLA RIUNIONE DI
PROCEDIMENTI
§ 1: DELL'INTERVENTO DI TERZI
Art. 267 (Costituzione del terzo interveniente)
Per intervenire nel processo a norma dell'articolo 105, il terzo
deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria
una comparsa formata a norma dell'articolo 167 con le copie per le
altre parti, i documenti e la procura.
Il cancelliere dà notizia dell'intervento alle altre parti, se la
costituzione del terzo non è avvenuta in udienza.
Art. 268 (Termine per l'intervento)
L'intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate le
conclusioni.
Il terzo non può compiere atti che al momento dell'intervento non
sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca
volontariamente per l'integrazione necessaria del contraddittorio.
Articolo così sostituito dall'art. 28, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 269 (Chiamata di un terzo in causa)
Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell'articolo 106, la
parte provvede mediante citazione a comparire nell'udienza fissata
dal giudice istruttore ai sensi del presente articolo, osservati i
termini dell'articolo 163-bis.
Il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di
decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e
contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della
prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel
rispetto dei termini dell'articolo 163-bis. Il giudice istruttore,
entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare
la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere
alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del
convenuto.
Ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di
risposta, sia sorto l'interesse dell'attore a chiamare in causa un
terzo, l'attore deve, a pena di decadenza, chiederne
l'autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza. Il
giudice istruttore, se concede l'autorizzazione, fissa una nuova
udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto
dei termini dell'articolo 163-bis. La citazione è notificata al
terzo a cura dell'attore entro il termine perentorio stabilito dal
giudice.
La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione
notificata entro il termine previsto dall'articolo 165, e il terzo
deve costituirsi a norma dell'articolo 166.
Nell'ipotesi prevista dal terzo comma, restano ferme per le parti le
preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma il
termine eventuale di cui all'ultimo comma dell'articolo 183 è
fissato dal giudice istruttore nella udienza di comparizione del
terzo, e i termini di cui all'articolo 184 decorrono con riferimento
alla udienza successiva a quella di comparizione del terzo.
Articolo così sostituito dall'art. 29, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 270 (Chiamata di un terzo per ordine del giudice)
La chiamata di un terzo nel processo a norma dell'articolo 107 può
essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per una
udienza che all'uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice
istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione
della causa dal ruolo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 271 (Costituzione del terzo chiamato)
Al terzo si applicano, con riferimento all'udienza per la quale è
citato, le disposizioni degli articoli 166 e 167, primo comma. Se
intende chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne
dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed
essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del terzo comma
dell'articolo 269.
Articolo così sostituito dall'art. 30, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio
1997, n. 260, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente articolo nella parte in cui non prevede per il terzo
chiamato in causa l'applicazione dell'art. 167, secondo comma, del
presente codice.
Art. 272 (Decisione delle questioni relative all'intervento)
Le questioni relative all'intervento sono decise dal collegio
insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma
dell'articolo 187 secondo comma.
§ 2: DELLA RIUNIONE DEI PROCEDIMENTI
Art. 273 (Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa)
Se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo
stesso giudice, questi, anche d'ufficio, ne ordina la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia
che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice
o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al
presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la
riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al
quale il procedimento deve proseguire.
Art. 274 (Riunione di procedimenti relativi a cause connesse)
Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo
stesso giudice, questi, anche d'ufficio, può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia
che per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro
giudice o davanti ad altra sezione dello stesso tribunale, ne
riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con
decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti
allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti
opportuni.
Art. 274 bis (Rapporti tra collegio e giudice istruttore in funzione
di giudice unico)
Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa dinanzi a lui per
la decisione, deve essere decisa dal giudice istruttore in funzione
di giudice unico, rimette la causa dinanzi a quest'ultimo con
ordinanza non impugnabile. Il giudice istruttore provvede ai sensi
dell'articolo 190-bis.
Il giudice istruttore, quando rileva che una causa, riservata per la
decisione dinanzi a sè in funzione di giudice unico, deve essere
rimessa al collegio, provvede ai sensi degli articoli 187, 188 e
189.
In caso di connessione tra cause attribuite al collegio e cause
attribuite al giudice istruttore in funzione di giudice unico,
questi ne ordina la riunione e, all'esito dell'istruttoria, le
rimette, ai sensi dell'articolo 189, al collegio, il quale si
pronuncia su tutte le domande, a meno che non sia disposta la
separazione ai sensi dell'articolo 279, secondo comma, numero 5).
Alla nullità derivante dalla inosservanza delle disposizioni di
legge relative alla composizione del tribunale giudicante si
applicano gli articoli 158 e 161, primo comma.
Articolo aggiunto dall'art. 31, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Capo III: DELLA DECISIONE DELLA CAUSA
Art. 275 (Decisione del collegio)
Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in
cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il
deposito delle memorie di replica di cui all'articolo 190.
Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che
la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso,
fermo restando il rispetto dei termini indicati nell'articolo 190
per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere
riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per
il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data
dell'udienza di discussione, da tenersi entro sessanta giorni.
Nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della
causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla
discussione; la sentenza è depositata in cancelleria entro i
sessanta giorni successivi.
Articolo così sostituito dall'art. 32, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 276 (Deliberazione)
La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad
essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla
discussione.
Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente
le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili
d'ufficio e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il
relatore, quindi l'altro giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si
forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai
voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la
non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente
finchè le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la
votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il
dispositivo. La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che
il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla
all'altro giudice.
Art. 277 (Pronuncia sul merito)
Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande
proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha
rimesso la causa a norma dell'articolo 187 primo comma, può limitare
la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto
non sia necessaria un'ulteriore istruzione, e se la loro sollecita
definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto
istanza.
Art. 278 (Condanna generica - Provvisionale)
Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora
controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su
istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la
condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il
processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza
di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una
provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già
raggiunta la prova.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 279 (Forma dei provvedimenti del collegio)
Il collegio quando provvede soltanto su questioni relative
all'istruzione della causa, senza definire il giudizio, pronuncia
ordinanza.
Il collegio pronuncia sentenza:
1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di
giurisdizione o di competenza;
2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali
attinenti al processo o questioni preliminari di merito;
3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;
4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e
3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per
l'ulteriore istruzione della causa;
5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo
comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a
quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la
separazione delle altre cause e l'ulteriore istruzione riguardo alle
medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di
sua competenza.
I provvedimenti per l'ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e
5, sono dati con separata ordinanza.
I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque
motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa;
salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e
revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di
impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del collegio
sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato
proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n.
4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde
delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza
collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza
impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che
l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore istruttoria sia
sospesa sino alla definizione del giudizio di appello.
L'ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 280 (Contenuto e disciplina dell'ordinanza del collegio)
Con la sua ordinanza il collegio fissa l'udienza per la comparizione
delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sè nel caso
previsto nell'articolo seguente.
Il cancelliere inserisce l'ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne
dà tempestiva comunicazione alle parti a norma dell'articolo 176
secondo comma.
Per effetto dell'ordinanza il giudice istruttore è investito di
tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 281 (Rinnovazione di prove davanti al collegio)
Quando ne ravvisa la necessità, il collegio, anche d'ufficio, può
disporre la riassunzione davanti a sè di uno o più mezzi di prova.
Capo IV: DELL'ESECUTORIETÀ E DELLA NOTIFICAZIONE DELLE SENTENZE
Art. 282 (Esecuzione provvisoria)
La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le
parti.
Articolo così sostituito dall'art. 33, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 283 (Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello)
Il giudice d'appello su istanza di parte, proposta con
l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono
gravi motivi, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o
l'esecuzione della sentenza impugnata.
Articolo così sostituito dall'art. 34, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 284 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 285 (Modo di notificazione della sentenza)
La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del
termine per l'impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma
dell'articolo 170 primo e terzo comma.
Art. 286 (Notificazione nel caso d'interruzione)
Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei casi
previsti nell'articolo 299, la notificazione della sentenza si può
fare, anche a norma dell'articolo 303 secondo comma, a coloro ai
quali spetta stare in giudizio.
Se si è avverato uno dei casi previsti nell'articolo 301, la
notificazione si fa alla parte personalmente.
Capo V: DELLA CORREZIONE DELLE SENTENZE E DELLE ORDINANZE
Art. 287 (Casi di correzione)
Le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le
ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di
parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia
incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo.
Art. 288 (Procedimento di correzione)
Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il
giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da
notificarsi insieme col ricorso a norma dell'articolo 170 primo e
terzo comma, fissa l'udienza nella quale le parti debbono comparire
davanti a lui. Sull'istanza il giudice provvede con ordinanza, che
deve essere annotata sull'originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla
pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati
alle altre parti personalmente.
Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti
corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata
notificata l'ordinanza di correzione.
Art. 289 (Integrazione dei provvedimenti istruttori)
I provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione
dell'udienza successiva o del termine entro il quale le parti
debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati, su
istanza di parte o d'ufficio, entro il termine perentorio di sei
mesi dall'udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure
dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.
L'integrazione è disposta dal presidente del collegio nel caso di
provvedimento collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi,
con decreto che è comunicato a tutte le parti a cura del
cancelliere.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Capo VI: DEL PROCEDIMENTO IN CONTUMACIA
Art. 290 (Contumacia dell'attore)
Nel dichiarare la contumacia dell'attore a norma dell'articolo 171
ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa
richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e dà le
disposizioni previste nell'articolo 187, altrimenti dispone che la
causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue.
Art. 291 (Contumacia del convenuto)
Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un
vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa
all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione
impedisce ogni decadenza.
Se il convenuto non si costituisce neppure all'udienza fissata a
norma del comma precedente, il giudice provvede a norma
dell'articolo 171, ultimo comma.
Se l'ordine di rinnovazione della citazione di cui al primo comma
non è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal
ruolo e il processo si estingue a norma dell'articolo 307, comma
terzo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 292 (Notificazione e comunicazione di atti al contumace)
L'ordinanza che ammette l'interrogatorio o il giuramento, e le
comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque
proposte sono notificate personalmente al contumace nei termini che
il giudice istruttore fissa con ordinanza (1).
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in
cancelleria e con l'apposizione del visto del cancelliere
sull'originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o
comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.
La Corte costituzionale, con sentenza 28 novembre 1986, n. 250, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo
nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del
verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata
nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore e al
conciliatore, di cui al titolo II del libro II del c.p.c.
(1) La Corte costituzionale, sentenza 6 giugno 1989, n. 317, ha
dichiarato l'illegittimità del presente comma, in relazione all'art.
215, n. 1, dello stesso codice, nella parte in cui non prevede la
notificazione al contumace del verbale in cui si da atto della
produzione della scrittura privata non indicata in atti notificati
in precedenza.
Art. 293 (Costituzione del contumace)
La parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi in ogni
momento del procedimento fino all'udienza in cui la causa è rimessa
al collegio a norma dell'articolo 189.
La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa,
della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione
all'udienza.
In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella
prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le
scritture contro di lui prodotte.
Art. 294 (Rimessione in termini)
Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore
di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se
dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione
gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la
costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile.
Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando
occorre, la prova dell'impedimento, e quindi provvede sulla
rimessione in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con
ordinanza.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche se il
contumace che si costituisce intende svolgere, senza il consenso
delle altre parti, attività difensive che producono ritardo nella
rimessione al collegio della causa che sia già matura per la
decisione rispetto alle parti già costituite.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Capo VII: DELLA SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO
Sezione I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO
Art. 295 (Sospensione necessaria)
Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui
egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla
cui definizione dipende la decisione della causa.
Articolo così sostituito dall'art. 35, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 296 (Sospensione su istanza delle parti)
Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre
che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a
quattro mesi.
Art. 297 (Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione)
Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l'udienza in
cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la
fissazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla cessazione
della causa di sospensione di cui all'art. 3 del codice di procedura
penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la
controversia civile o amministrativa di cui all'articolo 295 (1).
Nell'ipotesi dell'articolo precedente l'istanza deve essere proposta
dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.
L'istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in
mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato a cura
dell'istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 4 marzo 1970, n. 34, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella
parte in cui dispone la decorrenza del termine utile per la
richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione della
causa di sospensione anzichè dalla conoscenza che ne abbiano le
parti del processo sospeso.
Art. 298 (Effetti della sospensione)
Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del
procedimento.
La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a
decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento
di sospensione o nel decreto di cui all'articolo precedente.
Sezione II: DELL'INTERRUZIONE DEL PROCESSO
Art. 299 (Morte o perdita della capacità prima della costituzione)
Se prima della costituzione in cancelleria o all'udienza davanti al
giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della
capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo
rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il
processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di
proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l'altra parte
provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui
all'articolo 163 bis.
Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 300 (Morte o perdita della capacità della parte costituita o
del contumace)
Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si avvera
nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore,
questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è
interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la
riassunzione a norma dell'articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al
momento dell'evento.
Se questo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è
interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato o è
certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di
notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'articolo 292. Se
alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si avvera o è
notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio,
esso non produce effetto se non nel caso di riapertura
dell'istruzione.
La Corte costituzionale, con sentenza 16 ottobre 1986, n. 220, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo
nella parte in cui non prevede, ove emerga una situazione di
scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la
segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero
perchè promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba
l'attore riassumere il giudizio.
Art. 301 (Morte o impedimento del procuratore)
Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è
interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del
procuratore stesso.
In tal caso si applica la disposizione dell'articolo 299.
Non sono cause d'interruzione la revoca della procura o la rinuncia
ad essa.
Art. 302 (Prosecuzione del processo)
Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per
proseguire il processo può avvenire all'udienza o a norma
dell'articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può
chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al
presidente del tribunale la fissazione dell'udienza. Il ricorso e il
decreto sono notificati alle altre parti a cura dell'istante.
Art. 303 (Riassunzione del processo)
Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell'articolo
precedente, l'altra parte può chiedere la fissazione dell'udienza,
notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono
costituirsi per proseguirlo.
In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi
della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può
essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi,
nell'ultimo domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad
esse.
Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce
all'udienza fissata, si procede in sua contumacia.
Art. 304 (Effetti dell'interruzione)
In caso d'interruzione del processo si applica la disposizione
dell'articolo 298.
Art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione)
Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine
perentorio di sei mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 15 dicembre
1967, n. 139, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente articolo per la parte in cui fa decorrere dalla data
dell'interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o
la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art. 301.
Con successiva sentenza 6 luglio 1971, n. 159, la stessa Corte ha
esteso l'illegittimità alla parte in cui si dispone che il termine
utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo
interrotto ai sensi dell'art. 299 e dell'art. 300 c.p.c. decorre
dall'interruzione anzichè dalla data in cui le parti ne abbiano
avuto conoscenza.
Sezione III: DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO
Art. 306 (Rinuncia agli atti del giudizio)
Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando
questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver
interesse alla prosecuzione. L'accettazione non è efficace se
contiene riserve o condizioni.
Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle
parti o da loro procuratori speciali, verbalmente all'udienza o con
atti sottoscritti e notificati alle altre parti.
Il giudice, se la rinuncia e l'accettazione sono regolari, dichiara
l'estinzione del processo.
Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo
diverso accordo tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal
giudice istruttore con ordinanza non impugnabile.
Art. 307 (Estinzione del processo per inattività delle parti)
Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi
costituita entro il termine stabilito dall'articolo 166, ovvero, se,
dopo la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti
dalla legge, abbia ordinata la cancellazione della causa dal ruolo,
il processo, salvo il disposto del secondo comma dell'articolo 181 e
dell'articolo 290, deve essere riassunto davanti allo stesso giudice
nel termine perentorio di un anno, che decorre rispettivamente dalla
scadenza del termine per la costituzione del convenuto a norma
dell'articolo 166, o dalla data del provvedimento di cancellazione;
altrimenti il processo si estingue.
Il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si
estingue se nessuna delle parti siasi costituita, ovvero se nei casi
previsti dalla legge il giudice ordini la cancellazione della causa
dal ruolo.
Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e salvo diverse
disposizioni di legge, il processo si estingue altresì qualora le
parti alle quali spetta di rinnovare la citazione, o di proseguire,
riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro
il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla
legge sia autorizzato a fissarlo. Quando la legge autorizza il
giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore ad un
mese nè superiore a sei.
L'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte
interessata prima di ogni altra sua difesa. Essa è dichiarata con
ordinanza del giudice istruttore, ovvero con sentenza del collegio,
se dinanzi a questo venga eccepita.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 308 (Comunicazione e impugnabilità dell'ordinanza)
L'ordinanza che dichiara l'estinzione è comunicata a cura del
cancelliere se è pronunciata fuori della udienza. Contro di essa è
ammesso reclamo nei modi di cui all'articolo 178 commi terzo, quarto
e quinto.
Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se
respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l'accoglie.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 309 (Mancata comparizione all'udienza)
Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta
all'udienza, il giudice provvede a norma del primo comma
dell'articolo 181.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 310 (Effetti dell'estinzione del processo)
L'estinzione del processo non estingue l'azione.
L'estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze
di merito pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano
la competenza.
Le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell'articolo
116 secondo comma.
Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le
hanno anticipate.
Art. 311 (Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al
tribunale)
Il procedimento davanti al pretore e al giudice di pace, per tutto
cio' che non e' regolato nel presente titolo o in altre espresse
disposizioni, e' retto dalle norme relative al procedimento davanti
al tribunale, in quanto applicabili.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 22, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 312 (Poteri istruttori del giudice)
Il pretore o il giudice di pace puo' disporre d'ufficio la prova
testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti
nell'esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono
in grado di conoscere la verita'.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 23, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 313 (Querela di falso)
Se e' proposta querela di falso, il pretore o il giudice di pace,
quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione,
sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il
relativo procedimento. Puo' anche disporre a norma dell'articolo
225, secondo comma.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 24, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Capo II: DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL
PRETORE
Art. 314 (Decisione a seguito di trattazione scritta)
Il pretore, quando ritiene la causa matura per la decisione, invita
le parti a precisare le conclusioni, dispone lo scambio delle
comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi
dell'articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria
entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle
memorie di replica.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 38, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 315 (Conservazione di documenti)
I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel
fascicolo d'ufficio e ivi conservati fino alla definizione del
giudizio.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Capo III: DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL
GIUDICE DI PACE
Art. 316 (Forma della domanda)
Davanti al giudice di pace la domanda si propone mediante citazione
a comparire a udienza fissa.
La domanda si puo' anche proporre verbalmente. Di essa il giudice di
pace fa redigere processo verbale che, a cura dell'attore, e'
notificato con citazione a comparire a udienza fissa.
Articolo sostituito dall'art. 40, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 25, comma 2, L. 21
novembre 1991, n. 374.
Art. 317 (Rappresentanza davanti al giudice di pace)
Davanti al giudice di pace le parti possono farsi rappresentare da
persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto
separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione
personale.
Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a
conciliare.
Articolo sostituito dall'art. 41, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 26, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
Art. 318 (Contenuto della domanda)
La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l'indicazione
del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione
dell'oggetto (1).
Tra il giorno della notificazione di cui all'articolo 316 e quello
della comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di
quelli previsti dall'articolo 163-bis, ridotti alla meta'.
Se la citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non
tiene udienza, la comparizione e' d'ufficio rimandata all'udienza
immediatamente successiva.
Articolo sostituito dall'art. 42, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 27, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile 1997, n. 110, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella
parte in cui non prevede che l'atto introduttivo del giudizio
dinanzi al giudice di pace debba contenere l'indicazione della
scrittura privata che l'attore offre in comunicazione.
Art. 319 (Costituzione delle parti)
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o
il processo verbale di cui all'articolo 316 con la relazione della
notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali
documenti al giudice in udienza.
Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o
eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di
pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale
al momento della costituzione.
Articolo sostituito dall'art. 43, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 28, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
Art. 320 (Trattazione della causa)
Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le
parti e tenta la conciliazione.
Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma
dell'articolo 185, ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le parti a
precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento
delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a
richiedere i mezzi di prova da assumere.
Quando sia reso necessario dalle attivita' svolte dalle parti in
prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova
udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova.
I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel
fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del
giudizio.
Articolo sostituito dall'art. 44, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 29, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
Art. 321 (Decisione)
Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione,
invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa.
La sentenza e' depositata in cancelleria entro quindi giorni dalla
discussione.
Articolo sostituito dall'art. 45, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 30, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
Art. 322 (Conciliazione in sede non contenziosa)
L'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa e' proposta
anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio
secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del
libro primo.
Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa
costituisce titolo esecutivo a norma dell'articolo 185, ultimo
comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di
pace.
Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata
riconosciuta in giudizio.
Articolo sostituito dall'art. 46, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 31, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
Titolo III: DELLE IMPUGNAZIONI
Capo I: DELLE IMPUGNAZIONI IN GENERALE
Art. 323 (Mezzi di impugnazione)
I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di
competenza nei casi previsti dalla legge, sono: l'appello, il
ricorso per cassazione, la revocazione e l'opposizione di terzo.
Art. 324 (Cosa giudicata formale)
Si intende passata in giudicato la sentenza che non e' piu' soggetta
ne' a regolamento di competenza, ne' ad appello, ne' a ricorso per
cassazione, ne' a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5
dell'articolo 395.
Art. 325 (Termini per le impugnazioni)
Il termine per proporre l'appello, la revocazione e l'opposizione di
terzo di cui all'art. 404, secondo comma, e' di trenta giorni. E'
anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e
l'opposizione di terzo sopra menzionata contro le sentenze delle
corti di appello (1).
Il termine per proporre il ricorso per cassazione e' di giorni
sessanta.
(1) Comma sostituito dall'art. 47, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente cosi' sostituito dall'art. 32, L. 21 novembre 1991,
n. 374.
Art. 326 (Decorrenza dei termini)
I termini stabiliti nell'articolo precedente sono perentori e
decorrono dalla notificazione della sentenza, tranne per i casi
previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 e negli articoli 397 e
404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno
in cui e' stato scoperto il dolo o la falsita' o la collusione o e'
stato recuperato il documento o e' passata in giudicato la sentenza
di cui al n. 6 dell'art. 395, o il pubblico ministero ha avuto
conoscenza della sentenza.
Nel caso previsto nell'art. 332, l'impugnazione proposta contro una
parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine
per proporla contro le altre parti.
Art. 327 Decadenza dall'impugnazione)
Indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per
cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5
dell'art. 395 non possono proporsi dopo decorso un anno dalla
pubblicazione della sentenza.
Questa disposizione non si applica quando la parte contumace
dimostra di non avere avuto conoscenza del processo per nullita'
della citazione o della notificazione di essa, e per nullita' della
notificazione degli atti di cui all'art. 292.
Art. 328 (Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte
defunta)
Se, durante la decorrenza del termine di cui all'art. 325,
sopravviene alcuno degli eventi previsti nell'art. 299, il termine
stesso e' interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la
notificazione della sentenza e' rinnovata.
Tale rinnovazione puo' essere fatta agli eredi collettivamente e
impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto.
Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica
alcuno degli eventi previsti nell'art. 299, il termine di cui
all'articolo precedente e' prorogato per tutte le parti di sei mesi
dal giorno dell'evento.
La Corte costituzionale, con sentenza 3 marzo 1986, n. 41, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella
parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione del termine di
cui all'art. 325 c.p.c., la morte, la radiazione e la sospensione
dall'albo del procuratore costituito, sopravvenute nel corso del
termine stesso.
Art. 329 (Acquiescenza totale o parziale)
Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395,
l'acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti
incompatibili con la volonta' di avvalersi delle impugnazioni
ammesse dalla legge ne esclude la proponibilita'.
L'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della
sentenza non impugnate.
Art. 330 (Luogo di notificazione dell'impugnazione)
Se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato
la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice
che l'ha pronunciata, l'impugnazione deve essere notificata nel
luogo indicato; altrimenti si notifica presso il procuratore
costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per
il giudizio.
L'impugnazione puo' essere notificata nei luoghi sopra menzionati
collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta
dopo la notificazione della sentenza.
Quando manca la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio
e, in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza,
l'impugnazione, se e' ancora ammessa dalla legge, si notifica
personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 331 (Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili)
Se la sentenza pronunciata tra piu' parti in causa inscindibile o in
cause tra loro dipendenti non e' stata impugnata nei confronti di
tutte, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio fissando
il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se e'
necessario, l'udienza di comparizione.
L'impugnazione e' dichiarata inammissibile se nessuna delle parti
provvede all'integrazione nel termine fissato.
Art. 332 (Notificazione dell'impugnazione relativa a cause
scindibili)
Se l'impugnazione di una sentenza pronunciata in cause scindibili e'
stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di
alcuna di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre, in
confronto delle quali l'impugnazione non e' preclusa o esclusa,
fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e,
se e' necessario, l'udienza di comparizione.
Se la notificazione ordinata dal giudice non avviene, il processo
rimane sospeso fino a che non siano decorsi i termini previsti negli
articoli 325 e 327 primo comma.
Art. 333 (Impugnazioni incidentali)
Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli
articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro
impugnazioni in via incidentale nello stesso processo.
Art. 334 (Impugnazioni incidentali tardive)
Le parti, contro le quali e' stata proposta impugnazione e quelle
chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell'articolo 331,
possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse e'
decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
In tal caso, se l'impugnazione principale e' dichiarata
inammissibile l'impugnazione incidentale perde ogni efficacia.
Art. 335 (Riunione delle impugnazioni separate)
Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa
sentenza debbono essere riunite, anche d'ufficio, in un solo
processo.
Art. 336 (Effetti della riforma o della cassazione)
La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti
della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata.
La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e
agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata (1).
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 48, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 337 (Sospensione dell'esecuzione e dei processi)
L'esecuzione della sentenza non e' sospesa per effetto
dell'impugnazione di essa, salve le disposizioni degli articoli 283,
373, 401 e 407 (1).
Quando l'autorita' di una sentenza e' invocata in diverso processo,
questo puo' essere sospeso se tale sentenza e' impugnata.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 49, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 338 (Effetti dell'estinzione del procedimento di impugnazione)
L'estinzione del procedimento d'appello o di revocazione nei casi
previsti nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 fa passare in giudicato la
sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti
con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto.
Capo II: DELL'APPELLO
Art. 339 (Appellabilita' delle sentenze)
Possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in
primo grado, purche' l'appello non sia escluso dalla legge o
dall'accordo delle parti a norma dell'articolo 360, secondo comma.
E' inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo
equita' a norma dell'articolo 114.
Sono altresi' inappellabili le sentenze del giudice di pace
pronunziate secondo equita' (1).
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 33, L. 21 novembre 1991, n.
374.
Art. 340 (Riserva facoltativa d'appello contro sentenze non
definitive)
Contro le sentenze previste dall'articolo 278 e dal n. 4 del secondo
comma dell'articolo 279, l'appello puo' essere differito, qualora la
parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il
termine per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza
dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della
sentenza stessa.
Quando sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma,
l'appello deve essere proposto unitamente a quello contro la
sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto,
dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che
non definisca il giudizio.
La riserva non puo' piu' farsi, e se gia' fatta rimane priva di
effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia
proposto immediatamente appello.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 341 (Giudice dell'appello)
L'appello contro le sentenze del pretore e del tribunale si propone
rispettivamente al tribunale e alla corte di appello nella cui
circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
L'appello contro le sentenze del giudice di pace si propone al
tribunale nel cui circondario ha sede il giudice che ha pronunciato
la sentenza (1).
Articolo cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
(1) Comma aggiunto dall'art. 34, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 342 (Forma dell'appello)
L'appello si propone con citazione contenente l'esposizione sommaria
dei fatti ed i motivi specifici dell'impugnazione nonche' le
indicazioni prescritte nell'articolo 163.
Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di
trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli
previsti dall'articolo 163-bis.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 50, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 343 (Modo e termine dell'appello incidentale)
L'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella
comparsa di risposta, all'atto della costituzione in cancelleria ai
sensi dell'articolo 166 (1).
Se l'interesse a proporre l'appello incidentale sorge
dall'impugnazione proposta da altra parte che non sia l'appellante
principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva
alla proposizione dell'impugnazione stessa.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 51, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 344 (Intervento in appello)
Nel giudizio d'appello e' ammesso soltanto l'intervento dei terzi,
che potrebbero proporre opposizione a norma dell'articolo 404.
Art. 345 (Domande ed eccezioni nuove)
Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se
proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono
tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati
dopo la sentenza impugnata, nonche' il risarcimento dei danni
sofferti dopo la sentenza stessa.
Non possono proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche
d'ufficio.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li
ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero
che la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di
primo grado per causa ad essa non imputabile. Puo' sempre deferirsi
il giuramento decisorio.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 52, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 346 (Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte)
Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado,
che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono
rinunciate.
Art. 347 (Forme e termini della costituzione in appello)
La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per
i procedimenti davanti al tribunale (1).
L'appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della
sentenza appellata.
Il cancelliere provvede a norma dell'art. 168 e richiede la
trasmissione del fascicolo d'ufficio al cancelliere del giudice di
primo grado.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 53, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 348 (Improcedibilita' dell'appello)
L'appello e' dichiarato improcedibile, anche d'ufficio, se
l'appellante non si costituisce in termini.
Se l'appellante non compare alla prima udienza, benche' si sia
anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non
impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il
cancelliere da' comunicazione all'appellante. Se anche alla nuova
udienza l'appellante non compare, l'appello e' dichiarato
improcedibile anche d'ufficio.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 54, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 349 N.B.: Articolo abrogato dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 350 (Trattazione)
La trattazione dell'appello e' collegiale.
Nella prima udienza di trattazione il collegio verifica la regolare
costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l'integrazione
di esso o la notificazione prevista dall'articolo 332, oppure
dispone che si rinnovi la notificazione dell'atto di appello.
Nella stessa udienza il collegio dichiara la contumacia
dell'appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro
la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione
ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 55, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 351 (Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria)
Sull'istanza di cui all'articolo 283 il collegio provvede con
ordinanza nella prima udienza.
La parte, mediante ricorso al presidente del collegio, puo' chiedere
che la decisione sulla sospensione sia pronunziata prima
dell'udienza di comparizione.
Il presidente del collegio, con decreto in calce al ricorso, ordina
la comparizione delle parti davanti al collegio in camera di
consiglio. Con lo stesso decreto, se ricorrono giusti motivi di
urgenza, puo' disporre provvisoriamente l'immediata sospensione
dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza; in tal
caso all'udienza in camera di consiglio il collegio conferma,
modifica o revoca il decreto con ordinanza non impugnabile.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 56, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 352 (Decisione)
Esaurita l'attivita' prevista negli articoli 350 e 351, il collegio,
ove non provveda ai sensi dell'articolo 356, invita le parti a
precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'articolo 190;
la sentenza e' depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla
scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, puo' chiedere
che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal
caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell'articolo
190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere
riproposta al presidente della Corte alla scadenza del termine per
il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data
dell'udienza di discussione da tenersi entro sessanta giorni; con lo
stesso decreto designa altresi' il relatore.
La discussione e' preceduta dalla relazione della causa; la sentenza
e' deposita in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 57, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 353 (Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o
di competenza)
Il giudice d'appello, se riforma la sentenza di primo grado
dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione
negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le
parti davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di
sei mesi dalla notificazione della sentenza.
Se contro la sentenza d'appello e' proposto ricorso per cassazione,
il termine e' interrotto.
La disposizione del primo comma si applica anche quando il pretore,
in riforma della sentenza del conciliatore, dichiara la competenza
di questo (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 354 (Rimessione al primo giudice per altri motivi)
Fuori dei casi previsti nell'articolo precedente, il giudice
d'appello non puo' rimettere la causa al primo giudice, tranne che
dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva, oppure
riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il
contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte, ovvero
dichiari la nullita' della sentenza di primo grado a norma
dell'articolo 161 secondo comma.
Il giudice d'appello rimette la causa al primo giudice anche nel
caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull'estinzione
del processo a norma e nelle forme dell'articolo 308.
Nei casi di rimessione al primo giudice previsti nei commi
precedenti, si applicano le disposizioni dell'articolo 353.
Se il giudice d'appello dichiara la nullita' di altri atti compiuti
in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a
norma dell'articolo 356.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 355 (Provvedimenti sulla querela di falso)
Se nel giudizio d'appello e' proposta querela di falso, il giudice,
quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione
della causa, sospende con ordinanza il giudizio, e fissa alle parti
un termine perentorio entro il quale debbono riassumere la causa di
falso davanti al tribunale.
Art. 356 (Ammissione e assunzione di prove)
Ferma l'applicabilita' della norma di cui al numero 4), del secondo
comma dell'articolo 279, il giudice d'appello, se dispone
l'assunzione di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale
dell'assunzione gia' avvenuta in primo grado o comunque da'
disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve
continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli articoli
191 e seguenti (1).
Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle
sentenze previste dal n. 4 del secondo comma dell'articolo 279, il
giudice d'appello non puo' disporre nuove prove riguardo alle
domande e alle questioni, rispetto alle quali il giudice di primo
grado, non definendo il giudizio, abbia disposto, con separata
ordinanza, la prosecuzione dell'istruzione.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 58, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 357 (Reclamo contro ordinanze)
Le ordinanze con le quali l'istruttore abbia dichiarato, a norma
dell'articolo 350 secondo comma, la inammissibilita' o
l'improcedibilita' dell'appello, ovvero l'estinzione del
procedimento d'appello, e le ordinanze sulla esecuzione provvisoria
previste dall'articolo 351, possono essere impugnate con reclamo al
collegio nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione.
Il reclamo si propone con le forme previste dall'articolo 178 terzo,
quarto e quinto comma.
Il collegio pronuncia sul reclamo in camera di consiglio, salvo che,
trattandosi delle ordinanze previste dall'art. 350 secondo comma,
alcuna delle parti, prima della scadenza del termine per la
comunicazione della memoria di replica, proponga istanza al
presidente del collegio, perche' il reclamo sia discusso in udienza.
In tal caso il presidente fissa l'udienza per la discussione, con
decreto che e' comunicato alle parti a cura del cancelliere.
La decisione e' pronunciata con sentenza se e' respinto il reclamo
contro le ordinanze previste dall'art. 350 secondo comma; negli
altri casi e' pronunciata con ordinanza non impugnabile.
Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 358 (Non riproponibilita' d'appello dichiarato inammissibile o
improcedibile)
L'appello dichiarato inammissibile o improcedibile non puo' essere
riproposto, anche se non e' decorso il termine fissato dalla legge.
Art. 359 (Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al
tribunale)
Nei procedimenti d'appello davanti alla Corte o al tribunale si
osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il
procedimento di primo grado davanti al tribunale, se non sono
incompatibili con le disposizioni del presente capo.
Davanti al pretore si osservano anche nei procedimenti d'appello le
norme del procedimento di primo grado, in quanto applicabili (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Capo III: DEL RICORSO PER CASSAZIONE
Sezione I: DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNABILI E DEI RICORSI
Art. 360 (Sentenze impugnabili e motivi di ricorso)
Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado,
possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non e'
prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto;
4) per nullita' della sentenza o del procedimento;
5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o
rilevabile d'ufficio (1).
Puo' inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una
sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo per
omettere l'appello; ma in tal caso l'impugnazione puo' proporsi
soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) L'alinea del primo comma e' stato cosi' modificato dall'art. 59,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 361 (Riserva facoltativa di ricorso contro sentenze non
definitive)
Contro le sentenze previste dall'articolo 278 e dal n. 4) del
secondo comma dell'articolo 279, il ricorso per cassazione puo'
essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a
pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso,
e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla
comunicazione della sentenza stessa (1).
Qualora sia stata fatta la riserva di cui al precedente comma, il
ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza
che definisce il giudizio, o con quello che venga proposto, dalla
stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non
definisca il giudizio.
La riserva non puo' farsi, e se gia' fatta rimane priva di effetto,
quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposto
immediatamente ricorso.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 60, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 362 (Altri casi di ricorso)
Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di
cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d'appello
o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla
giurisdizione del giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:
1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici
speciali, o tra questi e i giudici ordinari;
2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica
amministrazione e il giudice ordinario.
Art. 363 (Ricorso nell'interesse della legge)
Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi
hanno rinunciato, il procuratore generale presso la Corte di
cassazione puo' proporre ricorso per chiedere che sia cassata la
sentenza nell'interesse della legge.
In tal caso le parti non possono giovarsi della cassazione della
sentenza.
Art. 364 Articolo abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 365 (Sottoscrizione del ricorso)
Il ricorso e' diretto alla corte e sottoscritto, a pena
d'inammissibilita', da un avvocato iscritto nell'apposito albo,
munito di procura speciale.
Art. 366 (Contenuto del ricorso)
Il ricorso deve contenere, a pena d'inammissibilita':
1) l'indicazione delle parti;
2) l'indicazione della sentenza o decisione impugnata;
3) l'esposizione sommaria dei fatti della causa;
4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione
delle norme di diritto su cui si fondano;
5) l'indicazione della procura, se conferita con atto separato e,
nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto
(1).
Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni
gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione.
Nel caso previsto nell'art. 360, secondo comma, l'accordo delle
parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre
parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure
mediante atto separato da unirsi al ricorso stesso.
(1) Numero cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 367 (Sospensione del processo di merito)
Una copia del ricorso per cassazione proposto a norma dell'articolo
41, primo comma, e' depositata, dopo la notificazione alle altre
parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa,
il quale sospende il processo se non ritiene l'istanza
manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione
manifestamente infondata. Il giudice istruttore o il collegio
provvede con ordinanza (1).
Se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice
ordinario, le parti debbono riassumere il processo entro il termine
perentorio di sei mesi dalla comunicazione della sentenza.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 61, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 368 (Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto)
Nel caso previsto nell'art. 41, secondo comma, la richiesta per la
decisione della Corte di cassazione e' fatta dal prefetto con
decreto motivato.
Il decreto e' notificato, su richiesta del prefetto, alle parti e al
procuratore della Repubblica presso il tribunale, se la causa pende
davanti a questo o davanti a un pretore, oppure al procuratore
generale presso la Corte di appello, se pende davanti alla Corte.
Il pubblico ministero comunica il decreto del prefetto al capo
dell'ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa. Questi
sospende il procedimento con decreto che e' notificato alle parti a
cura del pubblico ministero entro dieci giorni dalla sua pronuncia,
sotto pena di decadenza della richiesta.
La Corte di cassazione e' investita della questione di giurisdizione
con ricorso a cura della parte piu' diligente, nel termine
perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto.
Si applica la disposizione dell'ultimo comma dell'articolo
precedente.
Art. 369 (Deposito del ricorso)
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a
pena d'improcedibilita', nel termine di giorni venti dall'ultima
notificazione alle parti contro le quali e' proposto.
Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena
d'improcedibilita':
1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio (1);
2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la
relazione di notificazione, se questa e' avvenuta, tranne che nei
casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei
provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn.
1 e 2 dell'articolo 362;
3) la procura speciale, se questa e' conferita con atto separato;
4) gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda. Il
ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la
giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di
cassazione del fascicolo d'ufficio; tale richiesta e' restituita
dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere
depositata insieme col ricorso.
(1) Numero cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 370 (Controricorso)
La parte contro la quale il ricorso e' diretto, se intende
contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al
ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza
del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di
tale notificazione, essa non puo' presentare memorie, ma soltanto
partecipare alla discussione orale.
Al controricorso si applicano le norme degli articoli 365 e 366, in
quanto e' possibile.
Il controricorso e' depositato nella cancelleria della corte entro
venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i documenti
e con la procura speciale, se conferita con atto separato.
Art. 371 (Ricorso incidentale)
La parte di cui all'articolo precedente deve proporre con l'atto
contenente il controricorso l'eventuale ricorso incidentale contro
la stessa sentenza.
La parte alla quale e' stato notificato il ricorso per integrazione
a norma degli articoli 331 e 332 deve proporre l'eventuale ricorso
incidentale nel termine di quaranta giorni dalla notificazione, con
atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello
stesso modo del ricorso principale.
Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli articoli
365, 366 e 369 (1).
Per resistere al ricorso incidentale puo' essere notificato un
controricorso a norma dell'articolo precedente.
Se il ricorrente principale deposita la copia della sentenza o della
decisione impugnata, non e' necessario che la depositi anche il
ricorrente per incidente.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 371 bis (Deposito dell'atto di integrazione del
contraddittorio)
Qualora la Corte abbia ordinato l'integrazione del contraddittorio,
assegnando alle parti un termine perentorio per provvedervi, il
ricorso notificato, contenente nell'intestazione le parole "atto di
integrazione del contraddittorio", deve essere depositato nella
cancelleria della Corte stessa, a pena di improcedibilita', entro
venti giorni dalla scadenza del termine assegnato.
Articolo aggiunto dall'art. 62, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 372 (Produzione di altri documenti)
Non e' ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei
precedenti gradi del processo, tranne di quelli che riguardano la
nullita' della sentenza impugnata e l'ammissibilita' del ricorso e
del controricorso.
Il deposito dei documenti relativi all'ammissibilita' puo' avvenire
indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve
essere notificato mediante elenco, alle altre parti.
Art. 373 (Sospensione dell'esecuzione)
Il ricorso per cassazione non sospende la esecuzione della sentenza.
Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata puo',
su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e
irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che
l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.
L'istanza si propone con ricorso al conciliatore, al pretore o al
presidente del collegio, il quale, con decreto in calce al ricorso,
ordina la comparizione delle parti rispettivamente d'innanzi a se' o
al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto
sono notificate al procuratore dell'altra parte, ovvero alla parte
stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero di difensore
o non si sia costituita nel giudizio definito con la sentenza
impugnata. Con lo stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza
puo' essere disposta provvisoriamente l'immediata sospensione
dell'esecuzione (1).
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 63, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Sezione II: DEL PROCEDIMENTO E DEI PROVVEDIMENTI
Art. 374 (Pronuncia a sezioni unite)
La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1
dell'articolo 360 e nell'articolo 362.
Inoltre il primo presidente puo' disporre che la Corte pronunci a
sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto
gia' decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli
che presentano una questione di massima di particolare importanza.
In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.
Art. 375 (Pronuncia in camera di consiglio)
Oltre che per il caso di regolamento di competenza, la Corte, sia a
sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in camera di
consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero
o d'ufficio, riconosce di dover dichiarare l'inammissibilita' del
ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto
di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360,
ordinare la integrazione del contraddittorio o la notificazione di
cui all'articolo 332, oppure dichiarare la estinzione del processo
per avvenuta rinuncia (1).
La Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma
precedente, rinvia la causa alla pubblica udienza (1).
Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti
giorni prima dell'adunanza della Corte in camera di consiglio agli
avvocati delle parti, i quali hanno facolta' di presentare memorie
entro il termine di cui all'articolo 378.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 64, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 376 (Assegnazione dei ricorsi alle sezioni)
I ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici
dal primo presidente.
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso
assegnato a una sezione semplice, puo' proporre al primo presidente
istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima
dell'udienza di discussione del ricorso.
All'udienza della sezione semplice, la rimessione puo' essere
disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio,
con ordinanza inserita nel processo verbale.
Art. 377 (Fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di
consiglio)
Il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del
cancelliere, fissa l'udienza o l'adunanza della camera di consiglio
e nomina il relatore per i ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per
i ricorsi assegnati alle sezioni semplici provvede allo stesso modo
il presidente della sezione.
Dell'udienza e' data comunicazione dal cancelliere agli avvocati
delle parti almeno venti giorni prima.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 65, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 378 (Deposito di memorie di parte)
Le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre
cinque giorni prima della udienza.
Art. 379 (Discussione)
All'udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione
del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in
riassunto, se non vi e' discussione delle parti, i motivi del
ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a
svolgere le loro difese.
Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni
motivate.
Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella
stessa udienza presentare alla corte brevi osservazioni per iscritto
sulle conclusioni del pubblico ministero.
Art. 380 (Deliberazione della sentenza)
La Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa
seduta, la sentenza in camera di consiglio (1).
Si applica alla deliberazione della Corte la disposizione
dell'articolo 276.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 381 Articolo abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 382 (Decisione delle questioni di giurisdizione e di
competenza)
La Corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su
questa, determinando, quando occorre, il giudice competente.
Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce
su questa.
Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e
ogni altro giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio.
Egualmente provvede in ogni altro caso in cui ritiene che la causa
non poteva essere proposta o il processo proseguito.
Art. 383 (Cassazione con rinvio)
La Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli
richiamati nell'articolo precedente, rinvia la causa ad altro
giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza
cassata.
Nel caso previsto dall'articolo 360 secondo comma, la causa puo'
essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare
sull'appello al quale le parti hanno rinunciato.
La Corte, se riscontra una nullita' del giudizio di primo grado per
la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al
primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo.
Art. 384 (Enunciazione del principio di diritto e decisione della
causa nel merito)
La Corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, enuncia il principio di diritto al
quale il giudice di rinvio deve uniformarsi ovvero decide la causa
nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di
fatto.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 66, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 385 (Provvedimenti sulle spese)
La Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.
Se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza,
provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole
essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha
pronunciato la sentenza cassata.
Se rinvia la causa ad altro giudice, puo' provvedere sulle spese del
giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di
rinvio.
Art. 386 (Effetti della decisione sulla giurisdizione)
La decisione sulla giurisdizione e' determinata dall'oggetto della
domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni
sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilita' della domanda.
Art. 387 (Non riproponibilita' del ricorso dichiarato inammissibile
o improcedibile)
Il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non puo' essere
riproposto, anche se non e' scaduto il termine fissato dalla legge.
Art. 388 (Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di
merito)
Copia del dispositivo della sentenza e' trasmessa dal cancelliere
della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza
impugnata, affinche' ne sia presa nota in margine all'originale di
quest'ultimo.
Art. 389 (Domande conseguenti alla cassazione)
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra
conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di
rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha
pronunciato la sentenza cassata.
Art. 390 (Rinuncia)
La parte puo' rinunciare al ricorso principale o incidentale finche'
non sia cominciata la relazione all'udienza, o sia notificata la
richiesta del pubblico ministero di cui all'art. 375.
La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo
avvocato o anche da questo solo se e' munito di mandato speciale a
tale effetto.
L'atto di rinuncia e' notificato alle parti costituite o comunicato
agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.
Art. 391 (Pronuncia sulla rinuncia)
Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere
altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede
con ordinanza.
L'ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il
rinunciante alle spese (1).
L'ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo.
La condanna non e' pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le
altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato
speciale.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 391 bis (Correzione degli errori materiali e revocazione delle
sentenze della Corte di cassazione)
Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione e' affetta da
errore materiale o di calcolo ai sensi dell'articolo 287 ovvero da
errore di fatto ai sensi dell'articolo 395, numero 4), la parte
interessata puo' chiederne la correzione o la revocazione con
ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti da notificare entro
il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della
sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza
stessa.
Sul ricorso la Corte pronuncia in camera di consiglio a norma
dell'articolo 375.
La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della
Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della
sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto.
In caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte
di cassazione non e' ammessa la sospensione dell'esecuzione della
sentenza passata in giudicato, ne' e' sospeso il giudizio di rinvio
o il termine per riassumerlo.
Articolo aggiunto dall'art. 67, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 18 aprile
1996, n. 119, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del
presente articolo nella parte in cui prevede un termine per la
proposizione dell'istanza di correzione degli errori materiali delle
sentenze della Corte di cassazione.
Sezione III: DEL GIUDIZIO DI RINVIO
Art. 392 (Riassunzione della causa)
La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio puo' essere
fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione
della sentenza della Corte di cassazione.
La riassunzione si fa con citazione, la quale e' notificata
personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 393 (Estinzione del processo)
Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui all'articolo
precedente, o si avvera successivamente a essa una causa di
estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue; ma
la sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto
vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la
riproposizione della domanda.
Art. 394 (Procedimento in sede di rinvio)
In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il
procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la
causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della
sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel
procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio puo' deferirsi il giuramento decisorio, ma le
parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel
giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la
necessita' delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di
cassazione.
Capo IV: DELLA REVOCAZIONE
Art. 395 (Casi di revocazione)
Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono
essere impugnate per revocazione:
1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra
(1);
2) se si e' giudicato in base a prove riconosciute o comunque
dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente
ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della
sentenza.
3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o piu' documenti
decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per
causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;
4) se la sentenza e' l'effetto di un errore di fatto risultante
dagli atti o documenti della causa. Vi e' questo errore quando la
decisione e' fondata sulla supposizione di un fatto la cui verita'
e' incontrastabilmente esclusa, oppure quando e' supposta
l'inesistenza di un fatto la cui verita' e' positivamente stabilita,
e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costitui' un
punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5) se la sentenza e' contraria ad altra precedente avente fra le
parti autorita' di cosa giudicata, purche' non abbia pronunciato
sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza e' effetto del dolo del giudice, accertato con
sentenza passata in giudicato.
La Corte costituzionale, con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, ha
dichiarato l'illegittimita' di questo articolo nella parte in cui
non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione
rese su ricorsi basati sull'art. 360, n. 4, del codice di procedura
civile ed affette dall'errore di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c..
Con successiva sentenza n. 558 del 20 dicembre 1989 la stessa Corte
ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 395, prima parte, e n. 4
c.p.c. nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di
fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto e licenza per
finita locazione e di convalida di sfratto per morosita' emessi in
assenza o per mancata opposizione dell'intimato.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51,
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del numero 1) del
presente articolo nella parte in cui non prevede la revocazione
avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosita' che
siano l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra.
Art. 396 (Revocazione delle sentenze per le quali e' scaduto il
termine per l'appello)
Le sentenze per le quali e' scaduto il termine per l'appello possono
essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6
dell'articolo precedente, purche' la scoperta del dolo o della
falsita' o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza
di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.
Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il
corso del termine per l'appello, il termine stesso e' prorogato dal
giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da
esso.
Art. 397 (Revocazione proponibile dal pubblico ministero)
Nelle cause in cui l'intervento del pubblico ministero e'
obbligatorio a norma dell'articolo 70 primo comma, le sentenze
previste nei due articoli precedenti possono essere impugnate per
revocazione dal pubblico ministero:
1) quando la sentenza e' stata pronunciata senza che egli sia stato
sentito;
2) quando la sentenza e' l'effetto della collusione posta in opera
dalle parti per frodare la legge.
Art. 398 (Proposizione della domanda)
La revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice
che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La citazione deve indicare, a pena d'inammissibilita', il motivo
della revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti
di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della
scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsita', o del
recupero dei documenti.
La citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di
procura speciale (1).
La proposizione della revocazione non sospende il termine per
proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo.
Tuttavia il giudice davanti a cui e' proposta la revocazione, su
istanza di parte, puo' sospendere l'uno o l'altro fino alla
comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla
revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la
revocazione proposta (2).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2) Comma cosi' sostituito dall'art. 68, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 399 (Deposito della citazione e della risposta)
Se la revocazione e' proposta davanti al tribunale o alla corte
d'appello, la citazione deve essere depositata, a pena di
improcedibilita', entro venti giorni dalla notificazione nella
cancelleria del giudice adito insieme con la copia autentica della
sentenza impugnata (1).
Le altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante
deposito in cancelleria di una comparsa contenente le loro
conclusioni.
Se la revocazione e' proposta davanti al pretore o al conciliatore
il deposito e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono
farsi a norma dell'articolo 314.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 18 dicembre 1977, n. 793.
Art. 400 (Procedimento)
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il
procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del
presente capo.
Art. 401 (Sospensione dell'esecuzione)
Il giudice della revocazione puo' pronunciare su istanza di parte
inserita nell'atto di citazione, la ordinanza prevista nell'articolo
373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi
stabilito.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 402 (Decisione)
Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il
merito della causa e dispone l'eventuale restituzione di cio' che
siasi conseguito con la sentenza revocata (1).
Il giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di
dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza, la
revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le
parti davanti all'istruttore (2).
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2) Comma cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 403 (Impugnazione della sentenza di revocazione)
Non puo' essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata
nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era
originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
Capo V: DELL'OPPOSIZIONE DI TERZO
Art. 404 (Casi di opposizione di terzo)
Un terzo puo' fare opposizione contro la sentenza passata in
giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando
pregiudica i suoi diritti (1).
Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare
opposizione alla sentenza, quando e' l'effetto di dolo o collusione
a loro danno.
La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette:
- l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di sfratto
per finita locazione, emanata per la mancata comparizione
dell'intimato o per la mancata opposizione dell'intimato pur
comparso (sentenza 7 giugno 1984, n. 167).
- l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per
morosita' (sentenza 25 ottobre 1985, n. 237).
- l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza con la quale il pretore
dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4 della legge 22 luglio
1966, n. 607 (sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 192 del 26 maggio 1995,
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del primo comma, nella
parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza
di convalida di licenza per finita locazione.
Art. 405 (Domanda di opposizione)
L'opposizione e' proposta davanti allo stesso giudice che ha
pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il
procedimento davanti a lui.
La citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all'art.
163, anche l'indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del
secondo comma dell'articolo precedente l'indicazione del giorno in
cui il terzo e' venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e
della relativa prova.
Art. 406 (Procedimento)
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il
procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del
presente capo.
Art. 407 (Sospensione dell'esecuzione)
Il giudice dell'opposizione puo' pronunciare, su istanza di parte
inserita nell'atto di citazione, l'ordinanza prevista nell'art. 373,
con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 408 (Decisione)
Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o
la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l'opponente al
pagamento di una pena pecuniaria di lire quattrocento se la sentenza
impugnata e' del conciliatore, di lire seicento se e' del pretore,
di lire milleduecento se e' del tribunale e di lire
duemilaquattrocento in ogni altro caso.
Titolo IV: NORME PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO
Capo I: DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO
Sezione I: DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 409 (Controversie individuali di lavoro)
Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie
relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti
all'esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione
agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonche' rapporti
derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle
sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri
rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di
opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se
non a carattere subordinato;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attivita' economica;
5) rapporti di lavori dei dipendenti di enti pubblici ed altri
rapporti di lavoro pubblico, sempreche' non siano devoluti dalla
legge ad altro giudice.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 410 (Tentativo facoltativo di conciliazione)
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti
previsti dall'articolo precedente, e non ritiene di avvalersi delle
procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi
collettivi, puo' promuovere anche tramite una associazione sindacale
il tentativo di conciliazione presso la commissione di
conciliazione, nella cui circoscrizione si trova l'azienda o una
qualsiasi dipendenza di questa, alla quale e' addetto il lavoratore,
o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine
del rapporto.
La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della
controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non
oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro
e della massima occupazione e' istituita in ogni provincia, presso
l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una
commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore
dell'ufficio stesso o da un suo delegato, in qualita' di presidente,
da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei
datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro
supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse
modalita' e con la medesima composizione di cui al precedente comma,
anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e
della massima occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita', affidano il
tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute
dal direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione
prevista dal precedente terzo comma.
In ogni caso per la validita' della riunione e' necessaria la
presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di
lavoro e di uno dei lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata
presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il
direttore dell'ufficio provinciale del lavoro certifica
l'impossibilita' di procedere al tentativo di conciliazione.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 411 (Processo verbale di conciliazione)
Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve
essere sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha
esperito il tentativo, il quale certifica l'autografia della
sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita' di
sottoscrivere.
Il processo verbale e' depositato a cura delle parti o dell'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria
della pretura nella cui circoscrizione e' stato formato. Il pretore,
su istanza della parte interessata, accertata la regolarita' formale
del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se il tentativo di conciliazione si e' svolto in sede sindacale, il
processo verbale di avvenuta conciliazione e' depositato presso
l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura
di una delle parti o per il tramite di un'associazione sindacale. Il
direttore, o un suo delegato, accertatane la autenticita', provvede
a depositarlo nella cancelleria della pretura nella cui
circoscrizione e' stato redatto. Il pretore, su istanza della parte
interessata, accertata la regolarita' formale del verbale di
conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 412 (Processo verbale di mancata conciliazione)
Se la conciliazione non riesce, si forma processo verbale: in esso
le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, nella quale
concordano, precisando, quando e' possibile, l'ammontare del credito
che spetta al lavoratore. In quest'ultimo caso il processo verbale
acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le disposizioni di
cui all'articolo 411.
L'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione ha
l'obbligo di rilasciare, alla parte che ne faccia richiesta, copia
del verbale nel termine di cinque giorni.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Sezione II: DEL PROCEDIMENTO
§ 1: DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
Art. 413 (Giudice competente)
Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di
competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro.
Competente per territorio e' il giudice nella cui circoscrizione e'
sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza
alla quale e' addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava
la sua opera al momento della fine del rapporto.
Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la
cessazione di essa o della sua dipendenza, purche' la domanda sia
proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3)
dell'articolo 409 e' il giudice nella cui circoscrizione si trova il
domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del
titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto
numero 3) dell'articolo 409 (1).
Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi
precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18.
Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
(1) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 1992, n. 128.
Art. 414 (Forma della domanda)
La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1) l'indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonche' la residenza o il domicilio eletto
dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome,
il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto;
se ricorrente o convenuto e' una persona giuridica, un'associazione
non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la
denominazione o ditta nonche' la sede del ricorrente o del
convenuto;
3) la determinazione dell'oggetto della domanda;
4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si
fonda la domanda con le relative conclusioni;
5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente
intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in
comunicazione.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 415 (Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza)
Il ricorso e' depositato nella cancelleria del giudice competente
insieme con i documenti in esso indicati.
Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con
decreto, l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a
comparire personalmente.
Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione
non devono decorrere piu' di sessanta giorni.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve
essere notificato al convenuto, a cura dell'attore, entro dieci
giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto
dall'articolo 417.
Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di
discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta
giorni.
Il termine di cui al comma precedente e' elevato a quaranta giorni e
quello di cui al terzo comma e' elevato a ottanta giorni nel caso in
cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi
all'estero.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 416 (Costituzione del convenuto)
Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della
udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune
in cui ha sede il giudice adito.
La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in
cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere
proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via
riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano
rilevabili d'ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in
maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa
i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre
tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare
specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali
intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve
contestualmente depositare.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 417 Costituzione e difesa personali delle parti)
In primo grado la parte puo' stare in giudizio personalmente quando
il valore della causa non eccede le lire duecentocinquantamila.
La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle
forme di cui all'articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui
all'articolo 416 con elezione di domicilio nell'ambito del
territorio della Repubblica.
Puo' proporre la domanda anche verbalmente davanti al pretore che ne
fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione
dell'udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso
attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all'articolo
415.
Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto
o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 418 (Notificazione della domanda riconvenzionale)
Il convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale a
norma del secondo comma dell'articolo 416 deve, con istanza
contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla
riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del
decreto di cui al secondo comma dell'articolo 415, pronunci, non
oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione
dell'udienza.
Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza di
discussione non devono decorrere piu' di cinquanta giorni.
Il decreto che fissa l'udienza deve essere notificato all'attore a
cura dell'ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci
giorni dalla data in cui e' stato pronunciato.
Tra la data di notificazione all'attore del decreto pronunciato a
norma del primo comma e quella dell'udienza di discussione deve
intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all'estero
il termine di cui al secondo comma e' elevato a settanta giorni, e
quello di cui al comma precedente e' elevato a trentacinque giorni.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 419 (Intervento volontario)
Salvo che sia effettuato per l'integrazione necessaria del
contraddittorio, l'intervento del terzo ai sensi dell'articolo 105
non puo' aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione
del convenuto, con le modalita' previste dagli articoli 414 e 416 in
quanto applicabili.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. La Corte
costituzionale, con sentenza n. 193 del 29 giugno 1983, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale di questo articolo nella
parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non
attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare - con il rispetto
del termine di cui all'art. 415, comma 5 (elevabile a quaranta
giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie
contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non
meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie
depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano
notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la
memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il
provvedimento di fissazione della nuova udienza.
Art. 420 (Udienza di discussione della causa)
Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice
interroga liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione
della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza
giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal
giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se ricorrono
gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni gia'
formulate, previa autorizzazione del giudice.
Le parti hanno facolta' di farsi rappresentare da un procuratore
generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti
della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o
scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il
potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata
conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del
procuratore e' valutata dal giudice ai fini della decisione.
Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura
per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla
giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui
decisione puo' definire il giudizio, il giudice invita le parti alla
discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura
del dispositivo.
Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova gia' proposti dalle
parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se
ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa
nell'udienza, per la loro immediata assunzione.
Qualora cio' non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci
giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti
motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima
dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note
difensive.
Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del
quinto comma, la controparte puo' dedurre i mezzi di prova che si
rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di
un termine perentorio di cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma
del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi
di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.
L'assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza
o, in caso di necessita', in udienza da tenersi nei giorni feriali
immediatamente successivi.
Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo
comma, 106 e 107 il giudice fissa una nuova udienza e dispone che,
entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento
nonche' il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del
convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto
dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la
nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di
fissazione.
Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima
dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma
dell'articolo 416.
A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede
l'ufficio.
Le udienze di mero rinvio sono vietate.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 421 (Poteri istruttori del giudice)
Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarita' degli
atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine
per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.
Puo' altresi' disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione
di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice
civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonche' la richiesta
di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle
associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la
disposizione del comma sesto dell'articolo precedente.
Dispone, su istanza di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purche'
necessario al fine dell'accertamento dei fatti, e dispone altresi',
se ne ravvisa l'utilita', l'esame dei testimoni sul luogo stesso.
Il giudice, ove lo ritenga necessario, puo' ordinare la
comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa,
anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma
dell'articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell'articolo 247.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 422 (Registrazione su nastro)
Il giudice puo' autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da
parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle
deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 423 (Ordinanze per il pagamento di somme)
Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone
con ordinanza il pagamento delle somme non contestate.
Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice puo', su istanza
del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a
titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti
della quantita' per cui ritiene gia' raggiunta la prova.
Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo
esecutivo.
L'ordinanza di cui al secondo comma e' revocabile con la sentenza
che decide la causa.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 424 (Assistenza del consulente tecnico)
Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in
qualsiasi momento, nomina uno o piu' consulenti tecnici, scelti in
albi speciali, a norma dell'articolo 61. A tal fine il giudice puo'
disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.
Il consulente puo' essere autorizzato a riferire verbalmente ed in
tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale,
salvo quanto previsto dal precedente articolo 422.
Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice
fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile,
rinviando la trattazione ad altra udienza.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 425 (Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni
sindacali)
Su istanza di parte, l'associazione sindacale indicata dalla stessa
ha facolta' di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante,
informazioni e osservazioni orali o scritte.
Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo
di lavoro ove sia stato disposto l'accesso ai sensi del terzo comma
dell'articolo 421.
A tal fine, il giudice puo' disporre ai sensi del sesto comma
dell'articolo 420.
Il giudice puo' richiedere alle associazioni sindacali il testo dei
contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da
applicare nella causa.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 426 (Passaggio dal rito ordinario al rito speciale)
Il pretore quando rileva che una causa promossa nelle forme
ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall'articolo 409,
fissa con ordinanza l'udienza di cui all'articolo 420 e il termine
perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale
integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e
documenti in cancelleria.
Nell'udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli che
precedono.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio
1977, n. 14, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del
combinato disposto dell'art. 426 del codice di procedura civile,
come modificato dall'art. 1, della legge 11 agosto 1973, n. 533 (sul
nuovo rito del lavoro), e dell'articolo 20 della legge medesima
nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento
dell'entrata in vigore della legge, non e' prevista la comunicazione
anche alla parte contumace dell'ordinanza che fissa la udienza di
discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti.
Art. 427 (Passaggio dal rito speciale al rito ordinario)
Il pretore quando rileva che una causa promossa nelle forme
stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli
previsti dall'articolo 409, se la causa stessa rientra nella sua
competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le
disposizioni tributarie, altrimenti la rimette con ordinanza al
giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a
trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale
avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 428 (Incompetenza del giudice)
Quando una causa relativa ai rapporti di cui all'articolo 409 sia
stata proposta a giudice incompetente, l'incompetenza puo' essere
eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui
all'articolo 416 ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la
udienza di cui all'articolo 420.
Quando l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del
comma precedente, il giudice rimette la causa al pretore in funzione
di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore
a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 429 (Pronuncia della sentenza)
Nell'udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le
conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il
giudizio dando lettura del dispositivo.
Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti,
concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il
deposito di note difensive, rinviando la causa all'udienza
immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la
discussione e la pronuncia della sentenza.
Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di
somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli
interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito
dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito,
condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal
giorno della maturazione del diritto.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 430 (Deposito della sentenza)
La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici
giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne da' immediata
comunicazione alle parti.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 431 (Esecutorieta' della sentenza)
Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per
crediti derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409 sono
provvisoriamente esecutive.
All'esecuzione si puo' procedere con la sola copia del dispositivo,
in pendenza del termine per il deposito della sentenza.
Il giudice di appello puo' disporre con ordinanza non impugnabile
che l'esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare
all'altra parte gravissimo danno.
La sospensione disposta a norma del comma precedente puo' essere
anche parziale e, in ogni caso, l'esecuzione provvisoria resta
autorizzata fino alla somma di lire cinquecentomila.
Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro
sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina
degli articoli 282 e 283 (1).
Il giudice di appello puo' disporre con ordinanza non impugnabile
che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono
gravi motivi (1).
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
(1) Comma aggiunto dall'art. 69, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 432 (Valutazione equitativa delle prestazioni)
Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la
somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
§ 2: DELLE IMPUGNAZIONI
Art. 433 (Giudice d'appello)
L'appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle
controversie previste nell'articolo 409 deve essere proposto con
ricorso davanti al tribunale territorialmente competente in funzione
di giudice del lavoro.
Ove l'esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della
sentenza, l'appello puo' essere proposto con riserva dei motivi che
dovranno essere presentati nel termine di cui all'articolo 434.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 434 (Deposito del ricorso in appello)
Il ricorso deve contenere l'esposizione sommaria dei fatti e i
motivi specifici dell'impugnazione, nonche' le indicazioni
prescritte dall'articolo 414.
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria del tribunale
entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro
quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto
effettuarsi all'estero.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 435 (Decreto del presidente)
Il presidente del tribunale entro cinque giorni dalla data di
deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre
sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione
dinanzi al collegio.
L'appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto,
provvede alla notifica del ricorso e del decreto dell'appellato (1).
Tra la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di
discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque
giorni.
Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve
effettuarsi all'estero, i termini di cui al primo e al terzo comma
sono elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio 1977, n. 15, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella
parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto
presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia
comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorra il
termine per la notificazione all'appellato.
Art. 436 (Costituzione dell'appellato e appello incidentale)
L'appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima della
udienza.
La costituzione dell'appellato si effettua mediante deposito in
cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale
deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue
difese.
Se propone appello incidentale, l'appellato deve esporre nella
stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l'impugnazione.
L'appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza,
nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura
dell'appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima
dell'udienza fissata a norma dell'articolo precedente.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo
416.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 437 (Udienza di discussione)
Nell'udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della
causa. Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia
sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza.
Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi
mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il
collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della
decisione della causa.
E' salva la facolta' delle parti di deferire il giuramento decisorio
in qualsiasi momento della causa.
Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti
giorni, l'udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve
essere pronunciata la sentenza. In tal caso il collegio con la
stessa ordinanza puo' adottare i provvedimenti di cui all'articolo
423.
Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo
dell'articolo 429.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 438 (Deposito della sentenza di appello)
Il deposito della sentenza di appello e' effettuato con l'osservanza
delle norme di cui all'articolo 430.
Si applica il disposto del secondo comma dell'articolo 431.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 439 (Cambiamento del rito in appello)
Il tribunale, se ritiene che il procedimento in primo grado non si
sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli
articoli 426 e 427.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 440 (Appellabilita' delle sentenze)
Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di
valore non superiore a lire cinquantamila.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 441 (Consulente tecnico in appello)
Il collegio, nell'udienza di cui al primo comma dell'articolo 437,
puo' nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da
fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa
ordinanza puo' adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423.
Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni
prima della nuova udienza.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Capo II: DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA
OBBLIGATORIE
Art. 442 (Controversie in materia di previdenza e di assistenza
obbligatorie)
Nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall'applicazione
delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul
lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari nonche'
ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, si
osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.
Anche per le controversie relative alla inosservanza degli obblighi
di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi
collettivi si osservano le disposizioni di cui al capo primo di
questo titolo.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 12 aprile
1991, n. 156, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'articolo, nella parte in cui non prevede che il giudice, quando
pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per
crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve
determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior
danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del
valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato
dall'ISTAT per la scala mobile nel settore dell'industria e
condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal
giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di
responsabilita' dell'istituto o ente debitore per il ritardo
dell'adempimento. Con sentenza n. 196 del 27 aprile 1993, la stessa
Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo
nella parte in cui non prevede, quando il giudice pronuncia sentenza
di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a
prestazioni di assistenza sociale obbligatoria, il medesimo
trattamento dei crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale
in ordine agli interessi legali e al risarcimento del maggior danno
sofferto dal titolare per la diminuzione di valore del suo credito.
Art. 443 (Rilevanza del procedimento amministrativo)
La domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e
assistenza obbligatorie di cui al primo comma dell'articolo 442 non
e' procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti
prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede
amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il
compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi
centottanta giorni dalla data in cui e' stato proposto il ricorso
amministrativo.
Se il giudice nella prima udienza di discussione rileva
l'improcedibilita' della domanda a norma del comma precedente,
sospende il giudizio e fissa all'attore un termine perentorio di
sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede
amministrativa.
Il processo deve essere riassunto, a cura dell'attore, nel termine
perentorio di centottanta giorni che decorre dalla cessazione della
causa della sospensione.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 444 (Giudice competente)
Le controversie in materia di previdenza e di assistenza
obbligatorie indicate nell'articolo 442 sono di competenza del
pretore, in funzione di giudice del lavoro, che ha sede nel
capoluogo della circoscrizione del tribunale nella quale risiede
l'attore.
Se la controversia in materia di infortuni sul lavoro e malattie
professionali riguarda gli addetti alla navigazione marittima o alla
pesca marittima, e' competente il pretore, in funzione di giudice
del lavoro, del luogo in cui ha sede l'ufficio del porto di
iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e
all'applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali
obblighi, e' competente il pretore, in funzione di giudice del
lavoro, del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'ente.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 445 (Consulente tecnico)
Nei processi regolati nel presente capo, relativi a domande di
prestazioni previdenziali o assistenziali che richiedano
accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o piu' consulenti
tecnici scelti in appositi albi, ai sensi dell'articolo 424.
Nei casi di particolare complessita' il termine di cui all'articolo
424 puo' essere prorogato fino a sessanta giorni.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 446 (Istituti di patronato e di assistenza sociale)
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente
riconosciuti possono, su istanza dell'assistito, in ogni grado del
giudizio, rendere informazioni e osservazioni orali o scritte nella
forma di cui all'articolo 425.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 447 (Esecuzione provvisoria)
Le sentenze pronunciate nei giudizi relativi alle controversie di
cui all'articolo 442 sono provvisoriamente esecutive.
Si applica il disposto dell'articolo 431.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 447 bis (Norme applicabili alle controversie in materia di
locazione,
di comodato e di affitto)
Le controversie di cui all'articolo 8, secondo comma, numero 3),
sono disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420,
421, primo comma, 422, 423, primo e terzo comma, 424, 425, 426, 427,
428, 429, primo e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438,
439, 440, 441, in quanto applicabili.
Per le controversie relative ai rapporti di cui all'articolo 8,
secondo comma, numero 3), e' competente il giudice del luogo dove si
trova la cosa. Sono nulle le clausole di deroga alla competenza.
Il giudice puo' disporre d'ufficio, in qualsiasi momento,
l'ispezione della cosa e l'ammissione di ogni mezzo di prova, ad
eccezione del giuramento decisorio, nonche' la richiesta di
informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria
indicate dalle parti.
Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente
esecutive. All'esecuzione si puo' procedere con la sola copia del
dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza.
Il giudice d'appello puo' disporre con ordinanza non impugnabile che
l'efficacia esecutiva o l'esecuzione siano sospese quando dalle
stesse possa derivare all'altra parte gravissimo danno.
Articolo aggiunto dall'art. 70, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 448 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 449 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 450 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 451 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 452 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 453 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 454 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 455 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 456 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 457 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 458 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 459 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 460 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 461 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 462 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 463 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 464 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 465 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 466 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 467 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 468 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 469 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 470 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 471 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 472 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 473 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 474 Titolo esecutivo
L'esecuzione forzata non puo' avere luogo che in virtu' di un titolo
esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce
espressamente efficacia esecutiva;
2) le cambiali, nonche' gli altri titoli di credito e gli atti ai
quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia;
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale
autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni
di somme di danaro in essi contenute.
Art. 475 Spedizione in forma esecutiva
Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorita' giudiziaria e
gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per
valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti
della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.
La spedizione del titolo in forma esecutiva puo' farsi soltanto alla
parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o
stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in
calce della persona alla quale e' spedita.
La spedizione in forma esecutiva consiste nell'intestazione
"Repubblica italiana - In nome della legge" e nell'apposizione da
parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale,
sull'originale o sulla copia, della seguente formula: "comandiamo a
tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque
spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico
ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza
pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti".
Art. 476 Altre copie in forma esecutiva
Non puo' spedirsi senza giusto motivo piu' di una copia in forma
esecutiva alla stessa parte.
Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di
provvedimento con ricorso al capo dell'ufficio che l'ha pronunciato,
e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui
circoscrizione l'atto fu formato.
Sull'istanza si provvede con decreto.
Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che
contravviene alle disposizioni del presente articolo e' condannato a
una pena pecuniaria non superiore a lire quattromila, con decreto
del capo dell'ufficio o del presidente del tribunale competente a
norma del secondo comma.
Art. 477 Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi
Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi,
ma si puo' loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni
dalla notificazione del titolo.
Entro un anno dalla morte, la notificazione puo' farsi agli eredi
collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio del
defunto.
Art. 478 Prestazione della cauzione
Se l'efficacia del titolo esecutivo e' subordinata a cauzione, non
si puo' iniziare l'esecuzione forzata finche' quella non sia stata
prestata. Della prestazione si fa constare con annotazione in calce
o in margine al titolo spedito in forma esecutiva, o con atto
separato che deve essere unito al titolo.
Art. 479 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto
Se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere
preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del
precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta dalla parte
personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; ma, se esso e'
costituito da una sentenza, la notificazione, entro l'anno dalla
pubblicazione, puo' essere fatta a norma dell'articolo 170.
Il precetto puo' essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed
essere notificato insieme con questo, purche' la notificazione sia
fatta alla parte personalmente.
Art. 480 Forma del precetto
Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo
risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci
giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con
l'avvertimento che, in mancanza, si procedera' a esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere a pena di nullita' l'indicazione delle
parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa
e' fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo
stesso, quando e' richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso
l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione,
deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione
corrisponde esattamente al titolo originale.
Il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o
l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha
sede il giudice competente per l'esecuzione. In mancanza le
opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo
in cui e' stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si
fanno presso la cancelleria del giudice stesso.
Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e
notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e
seguenti.
Art. 481 Cessazione dell'efficacia del precetto
Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni
dalla sua notificazione non e' iniziata l'esecuzione.
Se contro il precetto e' proposta opposizione, il termine rimane
sospeso e riprende a decorrere a norma dell'articolo 627.
Art. 482 Termine ad adempiere
Non si puo' iniziare l'esecuzione forzata prima che sia decorso il
termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano
decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso; ma il capo
dell'ufficio competente per l'esecuzione, se vi e' pericolo nel
ritardo, puo' autorizzare l'esecuzione immediata, con cauzione o
senza. L'autorizzazione e' data con decreto scritto in calce al
precetto e trascritto a cura dell'ufficiale giudiziario nella copia
da notificarsi.
Titolo II: DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA
Capo I: DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE
Sezione I: DEI MODI E DELLE FORME DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA IN
GENERALE
Art. 483 Cumulo dei mezzi di espropriazione
Il creditore puo' valersi cumulativamente dei diversi mezzi di
espropriazione forzata previsti dalla legge; ma, su opposizione del
debitore, il giudice dell'esecuzione immobiliare, quando e' iniziata
anche questa, negli altri casi il pretore, con ordinanza non
impugnabile, possono limitare l'espropriazione al mezzo che il
creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso
determina.
Art. 484 Giudice dell'esecuzione
L'espropriazione e' diretta da un giudice.
Nei tribunali la nomina del giudice dell'esecuzione e' fatta dal
presidente, su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo
entro due giorni da che e' stato formato.
Nelle preture fornite di piu' magistrati la nomina e' fatta dal
dirigente a norma del comma precedente.
Si applicano al giudice della esecuzione le disposizioni degli
articoli 174 e 175.
Art. 485 Audizione degli interessati
Quando la legge richiede, o il giudice ritiene necessario, che le
parti ed eventualmente altri interessati siano sentiti il giudice
stesso fissa con decreto l'udienza alla quale il creditore
pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed eventualmente
gli altri interessati debbono comparire davanti a lui.
Il decreto e' comunicato dal cancelliere.
Se risulta o appare probabile che alcuna delle parti non sia
comparsa per cause indipendenti dalla sua volonta', il giudice
dell'esecuzione fissa una nuova udienza della quale il cancelliere
da' comunicazione alla parte non comparsa.
Art. 486 Forma delle domande e delle istanze
Le domande e le istanze che si propongono al giudice
dell'esecuzione, se la legge non dispone altrimenti, sono proposte
oralmente quando avvengono all'udienza, e con ricorso da depositarsi
in cancelleria negli altri casi.
Art. 487 Forma dei provvedimenti del giudice
Salvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice
dell'esecuzione sono dati con ordinanza, che puo' essere dal giudice
stesso modificata o revocata finche' non abbia avuto esecuzione.
Per le ordinanze del giudice dell'esecuzione si osservano le
disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e
quella dell'articolo 186.
Art. 488 Fascicolo dell'esecuzione
Il cancelliere forma per ogni procedimento d'espropriazione un
fascicolo, nel quale sono inseriti tutti gli atti compiuti dal
giudice, dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario e gli atti e
documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati.
Il pretore o il presidente del tribunale competente per l'esecuzione
o il giudice dell'esecuzione stessa puo' autorizzare il creditore a
depositare, in luogo dell'originale, una copia autentica del titolo
esecutivo, con obbligo di presentare l'originale a ogni richiesta
del giudice.
Art. 489 Luogo delle notificazioni e delle comunicazioni
Le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti si fanno
nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell'atto di
precetto; quelle ai creditori intervenuti, nella residenza
dichiarata o nel domicilio eletto nella domanda d'intervento.
In mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio
le notificazioni possono farsi presso la cancelleria del giudice
competente per l'esecuzione .
Art. 490 Pubblicita' degli avvisi
Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica
notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare
il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell'albo
dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento
esecutivo.
In caso di espropriazione immobiliare il medesimo avviso e' inserito
nel foglio degli annunzi legali della provincia in cui ha sede lo
stesso ufficio giudiziario.
Il giudice puo' anche disporre che l'avviso sia inserito una o piu'
volte in determinati giornali e, quando occorre, che sia divulgato
con le forme della pubblicita' commerciale.
Sezione II: DEL PIGNORAMENTO
Art. 491 Inizio dell'espropriazione
Salva l'ipotesi prevista nell'art. 502, l'espropriazione forzata si
inizia col pignoramento.
Art. 492 Forma del pignoramento
Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il
pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario
fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre
alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si
assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi.
Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il
pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il pretore o il
presidente del tribunale competente per l'esecuzione puo' concedere
al creditore l'autorizzazione prevista nell'articolo 488 secondo
comma.
Art. 493 Pignoramenti su istanza di piu' creditori
Piu' creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo
bene.
Il bene sul quale e' stato compiuto un pignoramento puo' essere
pignorato successivamente su istanza di uno o piu' creditori.
Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se e' unito ad
altri in unico processo.
Art. 494 Pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario
Il debitore puo' evitare il pignoramento versando nelle mani
dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo
delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore.
All'atto del versamento si puo' fare riserva di ripetere la somma
versata.
Puo' altresi' evitare il pignoramento di cose, depositando nelle
mani dell'ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di
pignoramento, una somma di denaro eguale all'importo del credito o
dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due
decimi.
Articolo cosi' sostituito dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 495 Conversione del pignoramento
In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore puo'
chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di denaro pari
all'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei
creditori intervenuti.
Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena
di inammissibilita', la somma corrispondente ad un quinto
dell'importo del credito per cui e' stato eseguito il pignoramento e
dei crediti dei creditori intervenuti, indicati nei rispettivi atti
di intervento. La somma e' depositata dal cancelliere presso un
istituto di credito indicato dal giudice.
La somma da sostituire al bene pignorato e' determinata con
ordinanza dal giudice dell'esecuzione, sentite le parti.
Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che
le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma
versata vi sia sottoposta in loro vece.
Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato
dal giudice ai sensi del terzo comma, la somma versata unitamente
alla presentazione dell'istanza forma parte dei beni pignorati.
L'istanza puo' essere avanzata una sola volta, a pena di
inammissibilita'.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 71, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 496 Riduzione del pignoramento
Su istanza del debitore o anche d'ufficio, quando il valore dei beni
pignorati e' superiore all'importo delle spese e dei crediti di cui
all'articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante
e i creditori intervenuti, puo' disporre la riduzione del
pignoramento.
Art. 497 Cessazione dell'efficacia del pignoramento
Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono
trascorsi novanta giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione
o la vendita.
Sezione III: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI
Art. 498 Avviso ai creditori iscritti
Debbono essere avvertiti dell'espropriazione i creditori che sui
beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici
registri.
A tal fine e' notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore
pignorante ed entro cinque giorni dal pignoramento, un avviso
contenente l'indicazione del creditore pignorante, del credito per
il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate.
In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non puo'
provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita.
Art. 499 Intervento
Oltre i creditori indicati nell'articolo precedente, possono
intervenire nella esecuzione gli altri creditori, ancorche' non
privilegiati.
Il ricorso deve contenere l'indicazione del credito e quella del
titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della
somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di
domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per
l'esecuzione.
Art. 500 Effetti dell'intervento
L'intervento da' diritto a partecipare alla distribuzione della
somma ricavata, e, secondo le disposizioni contenute nei capi
seguenti, puo' anche dare diritto a partecipare all'espropriazione
del bene pignorato e a provocarne i singoli atti.
Sezione IV: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE
Art. 501 Termine dilatorio del pignoramento
L'istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non puo'
essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento, tranne
che per le cose deteriorabili, delle quali puo' essere disposta
l'assegnazione o la vendita immediata.
Art. 502 Termine per l'assegnazione o la vendita del pegno
Salve le disposizioni speciali del codice civile, per
l'espropriazione delle cose date in pegno e dei mobili soggetti ad
ipoteca si seguono le norme del presente codice, ma l'assegnazione o
la vendita puo' essere chiesta senza che sia stata preceduta da
pignoramento.
In tal caso il termine per la istanza di assegnazione o di vendita
decorre dalla notificazione del precetto.
Art. 503 Modi della vendita forzata
La vendita forzata puo' farsi con incanto o senza, secondo le forme
previste nei capi seguenti.
Art. 504 Cessazione della vendita forzata
Se la vendita e' fatta in piu' volte o in piu' lotti, deve cessare
quando il prezzo gia' ottenuto raggiunge l'importo delle spese e dei
crediti menzionati nell'articolo 495 primo comma.
Art. 505 Assegnazione
Il creditore pignorante puo' chiedere l'assegnazione dei beni
pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi
seguenti.
Se sono intervenuti altri creditori, l'assegnazione puo' essere
chiesta a vantaggio di uno solo o di piu', d'accordo fra tutti.
Art. 506 Valore minimo per l'assegnazione
L'assegnazione puo' essere fatta soltanto per un valore non
inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a
prelazione anteriore a quello dell'offerente.
Se il valore eccede quello indicato nel comma precedente,
sull'eccedenza concorrono l'offerente e gli altri creditori,
osservate le cause di prelazione che li assistono.
Art. 507 Forma dell'assegnazione
L'assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell'esecuzione
contente l'indicazione dell'assegnatario, del creditore pignorante,
di quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo
proprietario, del bene assegnato e del prezzo di assegnazione.
Art. 508 Assunzione di debiti da parte dell'aggiudicatario o
dell'assegnatario
Nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o
da ipoteca, l'aggiudicatario o assegnatario, con l'autorizzazione
del giudice dell'esecuzione, puo' concordare col creditore
pignoratizio o ipotecario l'assunzione del debito con le garanzie ad
esso inerenti, liberando il debitore.
In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve
menzionare l'assunzione del debito.
Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
Art. 509 Composizione della somma ricavata
La somma da distribuire e' formata da quanto proviene a titolo di
prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o
provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da
parte dell'aggiudicatario.
Art. 510 Distribuzione della somma ricavata
Se vi e' un solo creditore pignorante senza intervento di altri
creditori, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone
a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta
per capitale, interessi e spese.
In caso diverso, la somma ricavata e' dal giudice distribuita tra i
creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti,
con riguardo alle cause legittime di prelazione.
Il residuo della somma ricavata e' consegnato al debitore o al terzo
che ha subito l'espropriazione.
Art. 511 Domanda di sostituzione
I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione
possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a
norma dell'articolo 499 secondo comma.
Il giudice dell'esecuzione provvede alla distribuzione anche nei
loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non
possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori
concorrenti.
Art. 512 Risoluzione delle controversie
Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori
concorrenti o tra creditori e debitori o terzo assoggettato
all'espropriazione circa la sussistenza o l'ammontare di uno o piu'
crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice
dell'esecuzione provvede all'istruzione della causa, se e'
competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice
competente a norma dell'articolo 17, fissando un termine perentorio
per la riassunzione.
Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede
alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Capo II: DELL'ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE
Sezione I : DEL PIGNORAMENTO
Art. 513 Ricerca delle cose da pignorare
L'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto,
puo' ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli
altri luoghi a lui appartenenti. Puo' anche ricercarle sulla persona
del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il
decoro.
Quando e' necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere
la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare
persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale
giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando
occorre, l'assistenza della forza pubblica.
Il pretore, su ricorso del creditore, puo' autorizzare con decreto
l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si
trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli puo'
direttamente disporre.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario puo' sottoporre a pignoramento,
secondo le norme della presente sezione, le cose del debitore che il
terzo possessore consente di esibirgli.
Art. 514 Cose mobili assolutamente impignorabili
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di
legge, non si possono pignorare:
1) le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto;
2) l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per
la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi
guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di
cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di
casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in
quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia
con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di
rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o
di antiquariato;
3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al
mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero
precedente;
4) gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per
l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del
debitore;
5) le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare
per l'adempimento di un pubblico servizio;
6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale
gli scritti di famiglia, nonche' i manoscritti, salvo che formino
parte di una collezione.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 8 maggio 1971, n. 302.
Art. 515 Cose mobili relativamente impignorabili
Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e
la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente
dall'immobile soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il
pretore, su istanza del debitore e sentito il creditore, puo'
escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle
tra le cose suindicate che sono di uso necessario per la coltura del
fondo o puo' anche permetterne l'uso, sebbene pignorate, con le
opportune cautele per la loro conservazione e ricostituzione.
Le stesse disposizioni il pretore puo' dare relativamente alle cose
destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del fondo.
Art. 516 Cose pignorabili in particolari circostanze di tempo
I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere
pignorati separatamente dall'immobile a cui accedono, se non nelle
ultime sei settimane anteriori al tempo ordinario della loro
maturazione, tranne che il creditore pignorante si assuma le
maggiori spese della custodia.
I bachi da seta possono essere pignorati solo quando sono nella
maggior parte sui rami per formare il bozzolo.
Art. 517 Scelta delle cose da pignorare
Il pignoramento, quando non v'e' pregiudizio per il creditore, deve
essere eseguito preferibilmente sulle cose indicate dal debitore.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario deve preferire il danaro
contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito che ritiene di
sicura realizzazione.
Art. 518 Forma del pignoramento
L'ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo
verbale, nel quale da' atto dell'ingiunzione di cui all'articolo 492
e descrive le cose pignorate, determinandone approssimativamente il
valore, con l'assistenza, quando occorre, di uno stimatore da lui
scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o
separati dal suolo o su bachi da seta, l'ufficiale giudiziario ne
descrive la natura, la qualita' e l'ubicazione.
Nel processo verbale l'ufficiale giudiziario fa relazione delle
disposizioni date per conservare le cose pignorate.
Se il debitore non e' presente, l'ufficiale giudiziario rivolge
l'ingiunzione alle persone indicate nell'articolo 139 secondo comma,
e consegna loro un avviso dell'ingiunzione stessa per il debitore.
In mancanza di dette persone affigge l'avviso alla porta
dell'immobile in cui ha eseguito il pignoramento.
Il processo verbale col titolo esecutivo e il precetto deve essere
depositato in cancelleria entro le ventiquattrore dal compimento
delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il
fascicolo dell'esecuzione.
Art. 519 Tempo del pignoramento
Il pignoramento non puo' essere eseguito nei giorni festivi ne'
fuori delle ore indicate nell'articolo 147, salvo che ne sia data
autorizzazione dal pretore.
Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte puo' essere proseguito
fino al suo compimento.
Art. 520 Custodia dei mobili pignorati
L'ufficiale giudiziario consegna al cancelliere della pretura il
danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal
pignoramento. Il danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle
forme dei depositi giudiziari, mentre i titoli di credito e gli
oggetti preziosi sono custoditi nei modi che il pretore determina.
Per la conservazione delle altre cose l'ufficiale giudiziario
provvede trasportandole in un luogo di pubblico deposito o
affidandole a un custode.
Art. 521 Nomina e obblighi del custode
Non possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge
senza il consenso del debitore, ne' il debitore o le persone della
sua famiglia che convivono con lui senza il consenso del creditore.
Il custode sottoscrive il processo verbale dal quale risulta la sua
nomina.
Al fine della conservazione delle cose pignorate, l'ufficiale
giudiziario autorizza il custode a lasciarle nell'immobile
appartenente al debitore o a trasportarle altrove.
Il custode non puo' usare delle cose pignorate senza
l'autorizzazione del pretore e deve rendere il conto a norma
dell'art. 593.
Art. 522 Compenso del custode
Il custode non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e se non
gli e' stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della
nomina.
Nessun compenso puo' attribuirsi alle persone indicate nel primo
comma dell'articolo precedente.
Art. 523 Unione di pignoramenti
L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento gia' iniziato da
altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con lui.
Essi redigono unico processo verbale.
Art. 524 Pignoramento successivo
L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento gia' compiuto, ne
da' atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente
pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa
constare nel processo verbale che non ve ne sono.
Il processo verbale e' depositato in cancelleria e inserito nel
fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello
successivo e' compiuto anteriormente alla udienza prevista
nell'articolo 525 secondo comma, ovvero alla presentazione del
ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati nella
ipotesi prevista nel terzo comma dell'articolo 525. In tal caso il
cancelliere ne da' notizia al creditore primo pignorante e
l'esecuzione si svolge in unico processo.
Il pignoramento successivo, se e' compiuto dopo l'udienza di cui
sopra ovvero dopo la presentazione del ricorso predetto, ha gli
effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo
pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato
processo.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Sezione II: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI
Art. 525 Condizione a tempo dell'intervento
Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei
confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile.
Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l'intervento deve
avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione
della vendita o per l'assegnazione. Di tale intervento il
cancelliere da' notizia al creditore pignorante.
Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma
dell'articolo 518, non superi le lire dieci milioni, l'intervento di
cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di
presentazione del ricorso, prevista dall'articolo 529 (1).
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 72, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 526 Facolta' dei creditori intervenuti
I creditori intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma
dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dei mobili
pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i
singoli atti.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 527 Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione
Ai creditori intervenuti a norma dell'articolo 525 secondo e terzo
comma il creditore pignorante ha facolta' di indicare, alla udienza
o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni
successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l'esistenza
di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad
estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o,
altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione.
Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo,
delle indicazioni loro fatte o non rispondono all'invito entro il
termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di
essere loro preferito in sede di distribuzione.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 528 Intervento tardivo
I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata
nell'articolo 525 secondo comma, ovvero oltre la data di
presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni
pignorati nell'ipotesi prevista nell'articolo 525 terzo comma, ma
prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla
distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo
soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli
intervenuti in precedenza.
I creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate,
anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla
distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di
prelazione.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Sezione III: DELL'ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA
Art. 529 Istanza di assegnazione o di vendita
Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante
e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo
possono chiedere la distribuzione del danaro e la vendita di tutti
gli altri beni.
Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta dal
listino di borsa o di mercato possono chiedere anche l'assegnazione.
Al ricorso si deve unire il certificato d'iscrizione dei privilegi
gravanti sui mobili pignorati.
Art. 530 Provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione
della vendita
Sull'istanza di cui all'articolo precedente il pretore fissa
l'udienza per l'audizione delle parti.
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione
e circa il tempo e le modalita' della vendita e debbono proporre, a
pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono
gia' decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo
delle parti comparse, il pretore dispone con ordinanza
l'assegnazione o la vendita.
Se vi sono opposizioni il pretore le decide con sentenza e dispone
con ordinanza l'assegnazione o la vendita.
Qualora ricorra l'ipotesi prevista dal terzo comma dell'articolo
525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del
ricorso, il pretore provvedera' con decreto per l'assegnazione o la
vendita; altrimenti provvedera' a norma dei commi precedenti, ma
saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine
previsto dal terzo comma dell'articolo 525.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 531 Vendita di frutti pendenti o di speciali beni mobili
La vendita di frutti pendenti non puo' essere disposta se non per il
tempo della loro maturazione, salvo diverse consuetudini locali.
La vendita dei bachi da seta non puo' essere fatta prima che siano
in bozzoli.
Delle cose indicate nell'articolo 515 il pretore puo' differire la
vendita per il periodo che ritiene necessario a soddisfare le
esigenze dell'azienda agraria.
Art. 532 Vendita a mezzo di commissionario
Quando lo ritiene opportuno, il pretore puo' disporre che le cose
pignorate siano affidate a un commissionario, affinche' proceda alla
vendita.
Nello stesso provvedimento il pretore, sentito quando occorre uno
stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale
fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e
puo' imporre al commissionario una cauzione.
Se il valore delle cose risulta dal listino di borsa o di mercato,
la vendita non puo' essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi
segnato.
N.B.: Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 533 Obblighi del commissionario
Il commissionario non puo' vendere se non per contanti. Egli e'
tenuto in ogni caso a documentare le operazioni di vendita mediante
certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei
quali deve essere consegnato al cancelliere col prezzo ricavato
dalla vendita, nel termine stabilito dal pretore nel suo
provvedimento.
Qualora la vendita senza incanto non avvenga nel termine di un mese
dal provvedimento di autorizzazione, il commissionario, salvo che il
termine sia prorogato su istanza di tutti i creditori intervenuti,
deve riconsegnare i beni, affinche' siano venduti all'incanto.
Il compenso al commissionario e' stabilito dal pretore con decreto.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 534 Vendita all'incanto
Quando la vendita deve essere fatta ai pubblici incanti, il pretore,
col provvedimento di cui all'articolo 530, stabilisce il giorno,
l'ora e il luogo in cui deve eseguirsi, e ne affida l'esecuzione al
cancelliere o all'ufficiale giudiziario o a un istituto all'uopo
autorizzato.
Nello stesso provvedimento il pretore puo' disporre che, oltre alla
pubblicita' prevista dal primo comma dell'articolo 490, sia data
anche una pubblicita' straordinaria a norma del comma terzo dello
stesso articolo.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 535 Prezzo base dell'incanto
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il
prezzo base e' determinato dal minimo del giorno precedente alla
vendita.
In ogni altro caso il pretore, nel provvedimento di cui all'articolo
530, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo di
apertura dell'incanto o autorizza, se le circostanze lo consigliano,
la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo.
Art. 536 Trasporto e ricognizione delle cose da vendere
Chi e' incaricato della vendita fa trasportare, quando occorre, le
cose pignorate nel luogo stabilito per l'incanto, e puo' richiedere
l'intervento della forza pubblica.
In ogni caso, prima di addivenire agli incanti deve fare, in
concorso col custode, la ricognizione degli oggetti da vendersi,
confrontandoli con la descrizione contenuta nel processo verbale di
pignoramento.
Art. 537 Modo dell'incanto
Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo
la convenienza, per il prezzo base di cui all'articolo 535.
L'aggiudicazione al maggiore offerente segue quando, dopo una
duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non e' fatta una
maggiore offerta.
Se la vendita non puo' compiersi nel giorno stabilito, e' continuata
nel primo giorno seguente non festivo.
Dell'incanto si redige processo verbale, che si deposita
immediatamente nella cancelleria.
Art. 538 Nuovo incanto
Quando una cosa messa all'incanto resta invenduta, il cancelliere ne
da' notizia alle parti.
Se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l'assegnazione
per il prezzo fissato a norma dell'articolo 535 secondo comma, il
pretore ordina un nuovo incanto nel quale e' ammessa qualsiasi
offerta.
Art. 539 Vendita o assegnazione degli oggetti d'oro e d'argento
Gli oggetti d'oro e d'argento non possono in nessun caso essere
venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco.
Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori.
Art. 540 Pagamento del prezzo e rivendita
La vendita all'incanto si fa per contanti.
Se il prezzo non e' pagato, si procede immediatamente a nuovo
incanto, a spese e sotto la responsabilita' dell'aggiudicatario
inadempiente.
La somma ricavata dalla vendita e' immediatamente consegnata al
cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi
giudiziari.
Sezione IV: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
Art. 541 Distribuzione amichevole
Se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma
ricavata secondo un piano concordato, il pretore, sentito il
debitore, provvede in conformita'.
Art. 542 Distribuzione giudiziale
Se i creditori non raggiungono l'accordo di cui all'articolo
precedente o il pretore non l'approva, ognuno di essi puo' chiedere
che si proceda alla distribuzione della somma ricavata.
Il pretore, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata a norma
degli articoli 510 e seguenti e ordina il pagamento delle singole
quote.
Capo III: DELL'ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI
Sezione I: DEL PIGNORAMENTO E DELL'INTERVENTO
Art. 543 Forma del pignoramento
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del
debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto
notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli
articoli 137 e seguenti.
L'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui
all'articolo 492:
1) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo
esecutivo e del precetto;
2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e
l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice;
3) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel
comune in cui ha sede il pretore competente;
4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al
pretore del luogo di residenza del terzo, affinche' questi faccia la
dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente
alla dichiarazione e agli atti ulteriori.
Nell'indicare l'udienza di comparizione si deve rispettare il
termine previsto nell'articolo 501.
L'ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione
dell'atto, e' tenuto a depositare immediatamente l'originale nella
cancelleria della pretura per la formazione del fascicolo previsto
nell'articolo 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il
titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve
depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista
nell'articolo 314.
Art. 544 Pegno o ipoteca a garanzia del credito pignorato
Se il credito pignorato e' garantito da pegno, s'intima a chi
detiene la cosa data in pegno di non eseguirne la riconsegna senza
ordine di giudice.
Se il credito pignorato e' garantito da ipoteca, l'atto di
pignoramento deve essere annotato nei libri fondiari.
Art. 545 Crediti impignorabili
Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per
causa di alimenti e sempre con l'autorizzazione del pretore e per la
parte da lui determinata mediante decreto.
Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di
grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri,
oppure sussidi dovuti per maternita', malattie e funerali da casse
di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di
beneficenza.
Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario di
altra indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego
comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere
pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal
pretore.
Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i
tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale
misura per ogni altro credito.
Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate
precedentemente non puo' estendersi oltre la meta' dell'ammontare
delle somme predette.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in
speciali disposizioni di legge.
Art. 546 Obblighi del terzo
Dal giorno in cui gli e' notificato l'atto previsto nell'articolo
543, il terzo e' soggetto, relativamente alle cose e alle somme da
lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode.
Art. 547 Dichiarazione del terzo
Con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o a mezzo di
mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme
e' debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il
pagamento o la consegna.
Deve altresi' specificare i sequestri precedentemente eseguiti
presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha
accettato.
Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante
nel termine perentorio fissato dal giudice.
Art. 548 Mancata o contestata dichiarazione del terzo
Se il terzo non comparisce all'udienza stabilita o, comparendo,
rifiuta di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono
contestazioni, il pretore, su istanza di parte, provvede
all'istruzione della causa a norma del libro secondo, se essa non
eccede i limiti della sua competenza; altrimenti rimette le parti
davanti al tribunale competente, assegnando loro un termine
perentorio per la riassunzione.
Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio
di primo grado, puo' essere applicata nei suoi confronti la
disposizione dell'articolo 232 primo comma.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 549 Accertamento dell'obbligo del terzo
Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo
precedente, il giudice, se accerta l'esistenza del diritto del
debitore nei confronti del terzo, fissa alle parti un termine
perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.
Art. 550 Pluralita' di pignoramenti
Il terzo deve indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso
di lui.
Se altri pignoramenti sono eseguiti dopo che il terzo abbia fatto la
sua dichiarazione, egli puo' limitarsi a richiamare la dichiarazione
precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 524 secondo e terzo
comma.
Art. 551 Intervento
L'intervento di altri creditori e' regolato a norma degli articoli
525 e seguenti.
Agli effetti di cui all'articolo 526 l'intervento non deve avere
luogo oltre la prima udienza di comparizione delle parti.
Sezione II: DELL'ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA
Art. 552 Assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo
Se il terzo si dichiara o e' dichiarato possessore di cose
appartenenti al debitore, il pretore, sentite le parti, provvede per
l'assegnazione o la vendita delle cose mobili a norma degli articoli
529 e seguenti, o per l'assegnazione dei crediti a norma
dell'articolo seguente.
Art. 553 Assegnazione e vendita di crediti
Se il terzo si dichiara o e' dichiarato debitore di somme esigibili
immediatamente o in termine non maggiore di novanta giorni, il
pretore le assegna in pagamento, salvo esazione ai creditori
concorrenti.
Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o
si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori
non ne chiedano d'accordo l'assegnazione, si applicano le regole
richiamate nell'articolo precedente per la vendita di cose mobili.
Il valore delle rendite perpetue e dei censi, quando sono assegnati
ai creditori, deve essere ragguagliato in ragione di cento lire di
capitale per cinque lire di rendita.
Art. 554 Pegno o ipoteca a garanzia del credito assegnato
Se il credito assegnato o venduto e' garantito da pegno, il pretore
dispone che la cosa data in pegno sia affidata all'assegnatario o
aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa, sentite
le parti.
Se il credito assegnato o venduto e' garantito da ipoteca, il
provvedimento di assegnazione o l'atto di vendita va annotato nei
libri fondiari.
Art. 555 Forma del pignoramento
Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al
debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si
indicano esattamente, con gli estremi richiesti dal codice civile
per la individuazione dell'immobile ipotecato, i beni e i diritti
immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa
l'ingiunzione prevista nell'articolo 492.
Immediatamente dopo la notificazione l'ufficiale giudiziario
consegna copia autentica dell'atto con le note di trascrizione al
competente conservatore dei registri immobiliari, che trascrive
l'atto e gli restituisce una delle note.
Le attivita' previste nel comma precedente possono essere compiute
anche dal creditore pignorante, al quale l'ufficiale giudiziario, se
richiesto, deve consegnare gli atti di cui sopra.
Art. 556 Espropriazione di mobili insieme con immobili
Il creditore puo' fare pignorare insieme coll'immobile anche i
mobili che lo arredano, quando appare opportuno che l'espropriazione
avvenga unitariamente.
In tal caso l'ufficiale giudiziario forma atti separati per
l'immobile e per i mobili, ma li deposita insieme nella cancelleria
del tribunale.
Art. 557 Deposito dell'atto di pignoramento
L'ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve
depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente
per l'esecuzione l'atto di pignoramento e, appena possibile, la nota
di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri
immobiliari.
Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il
precetto entro cinque giorni dal pignoramento e, nell'ipotesi di cui
all'articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena
restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
Il cancelliere al momento del deposito dell'atto di pignoramento
forma il fascicolo dell'esecuzione.
Art. 558 Limitazione dell'espropriazione
Se un creditore ipotecario estende il pignoramento a immobili non
ipotecati a suo favore, il giudice dell'esecuzione puo' applicare il
disposto dell'articolo 496, oppure puo' sospenderne la vendita fino
al compimento di quella relativa agli immobili ipotecati.
Art. 559 Custodia dei beni pignorati
Col pignoramento il debitore e' costituito custode dei beni
pignorati e di tutti gli accessori compresi le pertinenze e i
frutti, senza diritto a compenso.
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto,
il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, puo' nominare
custode una persona diversa dallo stesso debitore.
Art. 560 Modo della custodia
Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a
norma dell'articolo 593.
Ad essi e' fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato
se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione.
Con l'autorizzazione del giudice il debitore puo' continuare ad
abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente
necessari a lui e alla sua famiglia.
Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento,
il giudice puo' anche concedergli un assegno alimentare sulle
rendite, nei limiti dello stretto necessario.
Art. 561 Pignoramento successivo
Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto
di pignoramento trova che sugli stessi beni e' stato eseguito un
altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che
restituisce.
L'atto di pignoramento con gli altri documenti indicati
nell'articolo 557 e' depositato in cancelleria e inserito nel
fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello
successivo e' compiuto anteriormente all'udienza prevista
nell'articolo 563 secondo comma. In tal caso l'esecuzione si svolge
in unico processo.
Se il pignoramento successivo e' compiuto dopo l'udienza di cui
sopra, si applica l'articolo 524 ultimo comma.
Art. 562 Inefficacia del pignoramento e cancellazione della
trascrizione
Se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine
previsto nell'articolo 497, il giudice dell'esecuzione con
l'ordinanza di cui all'articolo 630 dispone che sia cancellata la
trascrizione.
Il conservatore dei registri immobiliari provvede alla cancellazione
su presentazione dell'ordinanza.
Sezione II: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI
Art. 563 Condizioni e tempo dell'intervento
Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei
confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a
termine o a condizione.
Per gli effetti di cui all'articolo seguente l'intervento deve avere
luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della
vendita.
Art. 564 Facolta' dei creditori intervenuti
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo
precedente partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e,
se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
Art. 565 Intervento tardivo
I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata
nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista
nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte
della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del
creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma
dell'articolo seguente.
Art. 566 Intervento dei creditori iscritti e privilegiati
I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre
l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di
quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione
della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e,
quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti
dell'espropriazione.
Sezione III: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE
§ 1: DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 567 Istanza di vendita
Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante
e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo
possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato.
Al ricorso si debbono unire l'estratto del catasto e delle mappe
censuarie, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative
all'immobile pignorato e il certificato del tributo diretto verso lo
Stato.
Art. 568 Determinazione del valore dell'immobile
Agli effetti dell'espropriazione il valore dell'immobile si
determina a norma dell'articolo 15 primo comma.
Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti indicati, si
determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma
dell'articolo 13 ultimo comma.
Se il bene non e' soggetto a tributo diretto verso lo Stato o se per
qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore determinato a
norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente inadeguato,
il valore e' determinato dal giudice stesso sulla base degli
elementi forniti dalle parti e di quelli che gli puo' fornire un
esperto da lui nominato.
Art. 569 Provvedimento per l'autorizzazione della vendita
Sulla istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione
fissa l'udienza per l'audizione delle parti e dei creditori di cui
all'articolo 498 che non siano intervenuti.
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le
modalita' della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le
opposizioni agli atti esecutivi, se non sono gia' decadute dal
diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo
delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita,
la quale si fa a norma degli articoli seguenti, se egli non ritiene
opportuno che si svolga col sistema dell'incanto.
Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi
il giudice dell'esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale
essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la
vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all'articolo
498 che non sono comparsi.
§ 2: VENDITA SENZA INCANTO
Art. 570 Avviso della vendita
Dell'ordine di vendita e' dato dal cancelliere, a norma
dell'articolo 490, pubblico avviso contenente l'indicazione del
debitore, degli estremi previsti nell'articolo 555 e del valore
dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, con
l'avvertimento che maggiori informazioni possono essere fornite
dalla cancelleria del tribunale.
Art. 571 Offerte d'acquisto
Ognuno, tranne il debitore, e' ammesso a offrire per l'acquisto
dell'immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore
legale anche a norma dell'articolo 579 ultimo comma. L'offerente
deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente la
indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro
elemento utile alla valutazione dell'offerta. Se un termine piu'
lungo non e' fissato dall'offerente, l'offerta non puo' essere
revocata prima di venti giorni.
L'offerta non e' efficace se e' inferiore al prezzo determinato a
norma dell'articolo 568 e se l'offerente non presta cauzione in
misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
Art. 572 Deliberazione sull'offerta
Sull'offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti e i creditori
iscritti non intervenuti.
Se l'offerta non supera di almeno un quarto il valore dell'immobile
determinato a norma dell'articolo 568, e' sufficiente il dissenso di
un creditore intervenuto a farla respingere.
Se supera questo limite, il giudice puo' fare luogo alla vendita,
quando ritiene che non vi e' seria probabilita' di migliore vendita
all'incanto.
Si applica anche in questo caso la disposizione dell'articolo 577.
Art. 573 Gara tra gli offerenti
Se vi sono piu' offerte, il giudice dell'esecuzione convoca gli
offerenti e li invita a una gara sull'offerta piu' alta.
Se la gara non puo' aver luogo per mancanza di adesione degli
offerenti, il giudice puo' disporre la vendita a favore del maggiore
offerente oppure ordinare l'incanto.
Art. 574 Provvedimenti relativi alla vendita
Il giudice dell'esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone
con decreto il modo del versamento del prezzo e il termine, dalla
comunicazione del decreto, entro il quale il versamento deve farsi,
e, quando questo e' avvenuto, pronuncia il decreto previsto
nell'articolo 586.
Si applica anche a questa forma di vendita la disposizione
dell'articolo 583.
Se il prezzo non e' depositato a norma del decreto di cui al primo
comma, il giudice provvede a norma dell'articolo 587.
Art. 575 Termine delle offerte senza incanto
Se il decreto di cui al primo comma dell'articolo precedente non e'
pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso previsto
nell'articolo 570, il giudice dell'esecuzione ordina l'incanto.
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il
giudice puo' prorogare tale termine fino a quattro mesi.
§ 3: VENDITA CON INCANTO
Art. 576 Contenuto del provvedimento che dispone la vendita
Il giudice dell'esecuzione, quando ordina l'incanto, stabilisce,
sentito quando occorre un esperto:
1) se la vendita si deve fare in uno o piu' lotti;
2) il prezzo base dell'incanto determinato a norma dell'articolo
568;
3) il giorno e l'ora dell'incanto;
4) il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di
pubblicita' e l'incanto, nonche' le eventuali forme di pubblicita'
straordinaria a norma dell'articolo 490 ultimo comma;
5) l'ammontare della cauzione e il termine entro il quale deve
essere prestata dagli offerenti;
6) la misura minima dell'aumento da apportarsi alle offerte;
7) il termine, non superiore a sessanta giorni dall'aggiudicazione,
entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalita' del
deposito.
L'ordinanza e' pubblicata a cura del cancelliere.
Art. 577 Indivisibilita' dei fondi
La divisione in lotti non puo' essere disposta se l'immobile
costituisce un'unita' colturale o se il frazionamento ne potrebbe
impedire la razionale coltivazione.
Art. 578 Delega a compiere la vendita
Se una parte dei beni pignorati e' situata nella circoscrizione di
altro tribunale, con l'ordinanza che dispone la vendita il giudice
dell'esecuzione puo' stabilire che l'incanto avvenga, per quella
parte, davanti al tribunale del luogo in cui e' situata.
In tal caso, copia dell'ordinanza e' trasmessa dal cancelliere al
presidente del tribunale delegato, il quale nomina un giudice per
l'esecuzione della vendita.
Art. 579 Persone ammesse agli incanti
Salvo quanto e' disposto nell'articolo seguente, ognuno, eccetto il
debitore, e' ammesso a fare offerte all'incanto.
Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di
mandatario munito di procura speciale.
I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare.
Art. 580 Prestazione della cauzione
Per offrire all'incanto e' necessario avere prestato la cauzione a
norma dell'ordinanza di cui all'articolo 576, e avere depositato in
cancelleria l'ammontare approssimativo delle spese di vendita.
Se l'offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito
per le spese gli vengono restituiti dopo la chiusura dell'incanto.
Art. 581 Modalita' dell'incanto
L'incanto ha luogo davanti al giudice dell'esecuzione, nella sala
delle udienze pubbliche, col sistema della candela vergine.
Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o
l'offerta precedente nella misura indicata nelle condizioni di
vendita.
Subito dopo ciascuna offerta si accendono successivamente fino a tre
candele che durino ciascuna un minuto circa. Quando la terza candela
si e' spenta senza che sia fatta una maggiore offerta, l'immobile e'
aggiudicato all'ultimo offerente.
Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando essa
e' superata da un'altra, anche se poi questa e' dichiarata nulla.
Art. 582 Dichiarazione di residenza o elezione di domicilio
dell'aggiudicatario
L'aggiudicatario deve dichiarare la propria residenza o eleggere
domicilio nel comune in cui ha sede il giudice che ha proceduto alla
vendita. In mancanza le notificazioni e comunicazioni possono
essergli fatte presso la cancelleria del giudice stesso.
Art. 583 Aggiudicazione per persona da nominare
Il procuratore legale, che e' rimasto aggiudicatario per persona da
nominare, deve dichiarare in cancelleria nei tre giorni dall'incanto
il nome della persona per la quale ha fatto l'offerta, depositando
il mandato.
In mancanza, l'aggiudicazione diviene definitiva al nome del
procuratore.
Art. 584 Offerte dopo l'incanto
Avvenuto l'incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto
entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo
offerto non supera di un sesto quello raggiunto nell'incanto.
Tali offerte si fanno a norma dell'articolo 571 e, prima di
procedere alla gara di cui all'articolo 573, il cancelliere da'
pubblico avviso dell'offerta piu' alta a norma dell'articolo 570.
Art. 585 Versamento del prezzo
L'aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo
fissati dall'ordinanza che dispone la vendita a norma dell'articolo
576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l'avvenuto
versamento.
Se l'immobile e' stato aggiudicato a un creditore ipotecario o
l'aggiudicatario e' stato autorizzato ad assumersi un debito
garantito da ipoteca, il giudice dell'esecuzione puo' limitare, con
suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le
spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno
risultare capienti.
Art. 586 Trasferimento del bene espropriato
Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione puo'
sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia
notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto
col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato,
ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la
vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei
pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si
riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma
dell'articolo 508 (1).
Il decreto contiene altresi' l'ingiunzione al debitore o al custode
di rilasciare l'immobile venduto.
Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri
fondiari e titolo esecutivo per il rilascio.
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 19 bis, D.L. 13 maggio 1991, n.
152.
Art. 587 Inadempienza dell'aggiudicatario
Se il prezzo non e' depositato nel termine stabilito, il giudice
dell'esecuzione con decreto dichiara la decadenza
dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di
multa e quindi dispone un nuovo incanto.
Per il nuovo incanto si procede a norma degli articoli 576 e
seguenti. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione
confiscata, risulta inferiore a quello dell'incanto precedente,
l'aggiudicatario inadempiente e' tenuto al pagamento della
differenza.
Art. 588 Esito negativo dell'incanto
Se la vendita all'incanto non ha luogo per mancanza di offerte, ogni
creditore nel termine di dieci giorni puo' fare istanza di
assegnazione a norma dell'articolo seguente.
Art. 589 Istanza di assegnazione
L'istanza di assegnazione deve contenere l'offerta di pagamento di
una somma non inferiore a quella prevista nell'articolo 506 e al
prezzo determinato a norma dell'articolo 568.
Art. 590 Provvedimento di assegnazione
Decorsi dieci giorni da quello dell'incanto andato deserto, il
giudice dell'esecuzione dispone l'audizione delle parti e dei
creditori iscritti non intervenuti.
All'udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede
su di esse, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve
versare l'eventuale conguaglio.
Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di
trasferimento a norma dell'articolo 586.
Art. 591 Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo
incanto
All'udienza di cui all'articolo precedente il giudice
dell'esecuzione, se non vi sono domande di assegnazione o se non
crede di accoglierle, dispone l'amministrazione giudiziaria a norma
degli articoli 592 e seguenti, oppure ordina che si proceda a nuovo
incanto.
In quest'ultimo caso, il giudice puo' stabilire diverse condizioni
di vendita e diverse forme di pubblicita', fissando un prezzo base
inferiore di un quinto a quello precedente.
Sezione IV: DELL'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA
Art. 592 Nomina dell'amministratore giudiziario
L'amministrazione giudiziaria dell'immobile e' disposta per un tempo
non superiore a tre anni e affidata a uno o piu' creditori o a un
istituto all'uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti
i creditori vi consentono.
All'amministratore si applica il disposto degli articoli 65 e
seguenti.
Art. 593 Rendiconto
L'amministratore, nel termine fissato dal giudice dell'esecuzione, e
in ogni caso alla fine di ciascun trimestre, deve presentare in
cancelleria il conto della sua gestione e depositare le rendite
disponibili nei modi stabiliti dal giudice.
Al termine della gestione l'amministratore deve presentare il
rendiconto finale.
I conti parziali e quello finale debbono essere approvati dal
giudice. Questi, con ordinanza non impugnabile, risolve le
contestazioni che sorgono in merito ad essi, applicando le
disposizioni degli articoli 263 e seguenti.
Art. 594 Assegnazione delle rendite
Durante il corso dell'amministrazione giudiziaria, il giudice
dell'esecuzione puo' disporre che le rendite riscosse siano
assegnate ai creditori secondo le norme degli articoli 596 e
seguenti.
Art. 595 Cessazione dell'amministrazione giudiziaria
In ogni momento il creditore pignorante o uno dei creditori
intervenuti puo' chiedere che il giudice dell'esecuzione, sentite le
altre parti, proceda a nuovo incanto o all'assegnazione
dell'immobile. Durante l'amministrazione giudiziaria ognuno puo'
fare offerta di acquisto a norma degli articoli 571 e seguenti.
L'amministrazione cessa, e deve essere ordinato un nuovo incanto,
quando viene a scadere il termine previsto nell'ordinanza di cui
all'articolo 592, tranne che il giudice, su richiesta di tutte le
parti, non ritenga di poter concedere una o piu' proroghe che non
prolunghino complessivamente l'amministrazione oltre i tre anni.
Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA
Art. 596 Formazione del progetto di distribuzione
Se non si puo' provvedere a norma dell'articolo 510 primo comma, il
giudice dell'esecuzione, non piu' tardi di trenta giorni dal
versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di
distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi
partecipano, e lo deposita in cancelleria affinche' possa essere
consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la
loro audizione.
Tra la comunicazione dell'invito e l'udienza debbono intercorrere
almeno dieci giorni.
Art. 597 Mancata comparizione
La mancata comparizione alla prima udienza e in quella fissata a
norma dell'articolo 485 ultimo comma importa approvazione del
progetto per gli effetti di cui all'articolo seguente.
Art. 598 Approvazione del progetto
Se il progetto e' approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le
parti, se ne da' atto nel processo verbale e il giudice
dell'esecuzione ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti
si applica la disposizione dell'articolo 512.
Capo V: DELL'ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI
Art. 599 Pignoramento
Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i
comproprietari sono obbligati verso il creditore.
In tal caso del pignoramento e' notificato avviso, a cura del
creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali e'
fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle
cose comuni senza ordine di giudice.
Art. 600 Convocazione dei comproprietari
Il giudice dell'esecuzione, su istanza del creditore pignorante o
dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando
e' possibile, alla separazione della quota in natura spettante al
debitore.
Se la separazione non e' possibile, puo' ordinare la vendita della
quota indivisa o disporre che si proceda alla divisione a norma del
codice civile.
Art. 601 Divisione
Se si deve procedere alla divisione, l'esecuzione e' sospesa finche'
sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o
pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all'articolo 627.
Avvenuta la divisione, la vendita o l'assegnazione dei beni
attribuiti al debitore ha luogo secondo le norme contenute nei capi
precedenti.
Capo VI: DELL'ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO
Art. 602 Modo dell'espropriazione
Quando oggetto dell'espropriazione e' un bene gravato da pegno o da
ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da
parte del debitore e' stata revocata per frode, si applicano le
disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto non siano
modificate dagli articoli che seguono.
Art. 603 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto
Il titolo esecutivo e il precetto debbono essere notificati anche al
terzo.
Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo
che si intende espropriare.
Art. 604 Disposizioni particolari
Il pignoramento e in generale gli atti d'espropriazione si compiono
nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni
relative al debitore, tranne il divieto di cui all'articolo 579
primo comma.
Ogni volta che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il
debitore, e' sentito anche il terzo.
Titolo III: DELL'ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO
Art. 605 Precetto per consegna o rilascio
Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili
deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'articolo 480, anche
la descrizione sommaria dei beni stessi.
Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del
rilascio, l'intimazione va fatta con riferimento a tale termine.
Art. 606 Modo della consegna
Decorso il termine indicato nel precetto, l'ufficiale giudiziario,
munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui
le cose si trovano e le ricerca a norma dell'articolo 513; quindi ne
fa consegna alla parte istante o a persona da lei designata.
Art. 607 Cose pignorate
Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non puo' avere
luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante
opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti.
Art. 608 Modo del rilascio
L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte,
che e' tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui
procedera'.
Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del
titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione
e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti
dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei
designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le
chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo
possessore.
Art. 609 Provvedimenti circa i mobili estranei all'esecuzione
Se nell'immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte
tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l'ufficiale
giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, puo'
disporne la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se
consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo.
Se le cose sono pignorate o sequestrate, l'ufficiale giudiziario da'
immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al creditore su
istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al
pretore per l'eventuale sostituzione del custode.
Art. 610 Provvedimenti temporanei
Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficolta' che non ammettono
dilazione, ciascuna parte puo' chiedere al pretore, anche
verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti.
Titolo IV: DELL'ESECUZIONE FORZATA DI OBBLIGHI DI FARE O DI NON FARE
Art. 612 Provvedimento
Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di
condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la
notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al pretore che
siano determinate le modalita' dell'esecuzione.
Il pretore provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza
designa l'ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e
le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non
eseguita o alla distruzione di quella compiuta.
Art. 613 Difficolta' sorte nel corso dell'esecuzione
L'ufficiale giudiziario puo' farsi assistere dalla forza pubblica e
deve chiedere al pretore le opportune disposizioni per eliminare le
difficolta' che sorgono nel corso dell'esecuzione. Il pretore
provvede con decreto.
Art. 614 Rimborso delle spese
Al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte istante
presenta al pretore la nota delle spese anticipate vistata
dall'ufficiale giudiziario con domanda di decreto d'ingiunzione.
Il pretore, quando riconosce giustificate le spese denunciate,
provvede con decreto a norma dell'articolo 642.
Titolo V: DELLE OPPOSIZIONI
Capo I: DELLE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEL TERZO ASSOGGETTATO
ALL'ESECUZIONE
Sezione I:DELLE OPPOSIZIONI ALL'ESECUZIONE
Art. 615 Forma dell'opposizione
Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad
esecuzione forzata e questa non e' ancora iniziata, si puo' proporre
opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente
per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27.
Quando e' iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma
precedente e quella che riguarda la pignorabilita' dei beni si
propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi
fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a
se' e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del
decreto.
Art. 616 Provvedimenti del giudice dell'esecuzione
Se competente per la causa e' l'ufficio giudiziario al quale
appartiene il giudice dell'esecuzione, questi provvede
all'istruzione a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti
rimette le parti davanti all'ufficio giudiziario competente per
valore, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della
causa.
Sezione II: DELLE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI
Art. 617 Forma dell'opposizione
Le opposizioni relative alla regolarita' formale del titolo
esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata
l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo
comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio
di cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del
precetto.
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile
proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla
notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti
di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione
nel termine perentorio di cinque giorni dal primo atto di
esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure
dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.
Art. 618 Provvedimenti del giudice dell'esecuzione
Il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza di
comparizione delle parti davanti a se' e il termine perentorio per
la notificazione del ricorso e del decreto, e da', nei casi urgenti,
i provvedimenti opportuni.
All'udienza da' con ordinanza i provvedimenti che ritiene
indilazionabili e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti
all'istruzione della causa, che e' poi decisa dal collegio con
sentenza non impugnabile.
Sono altresi' non impugnabili le sentenze pronunciate a norma
dell'articolo precedente primo comma.
Sezione III: OPPOSIZIONE IN MATERIA DI LAVORO, DI PREVIDENZA E DI
ASSISTENZA
Art. 618 bis Procedimento
Per le materie trattate nei Capi I e II del titolo IV del libro
secondo, le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi sono
disciplinate dalle norme previste per le controversie individuali di
lavoro in quanto applicabili.
Resta ferma la competenza del giudice dell'esecuzione nei casi
previsti dal secondo comma dell'art. 615 e dal secondo comma
dell'art. 617.
Sezione e articolo aggiunti dall'art. 3, L. 13 agosto 1973, n. 533.
Capo II: DELLE OPPOSIZIONI DI TERZI
Art. 619 Forma dell'opposizione
Il terzo che pretende avere la proprieta' o altro diritto reale sui
beni pignorati puo' proporre opposizione con ricorso al giudice
dell'esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione
dei beni.
Il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti
davanti a se' e il termine perentorio per la notificazione del
ricorso e del decreto.
Se all'udienza le parti non raggiungono un accordo, il giudice,
quando e' competente l'ufficio giudiziario al quale appartiene,
provvede all'istruzione della causa a norma degli articoli 175 e
seguenti; altrimenti fissa all'opponente un termine perentorio per
la riassunzione della causa davanti all'ufficio giudiziario
competente per valore.
Art. 620 Opposizione tardiva
Se in seguito alla opposizione il giudice non sospende la vendita
dei beni mobili o se l'opposizione e' proposta dopo la vendita
stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata.
Art. 621 Limiti della prova testimoniale
Il terzo opponente non puo' provare con testimoni il suo diritto sui
beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne
che l'esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla
professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
Art. 622 Opposizione della moglie del debitore
L'opposizione non puo' essere proposta dalla moglie convivente col
debitore, relativamente ai beni mobili pignorati nella casa di lui,
tranne che per i beni dotali o per i beni che essa provi, con atto
di data certa, esserle appartenuti prima del matrimonio o esserle
pervenuti per donazione o successione a causa di morte.
La Corte costituzionale, con sentenza 15 dicembre 1967, n. 143, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo.
Titolo VI: DELLA SOSPENSIONE E DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO
Capo I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO
Art. 623 Limiti della sospensione
Salvo che la sospensione sia disposta dalla legge o dal giudice
davanti al quale e' impugnato il titolo esecutivo, l'esecuzione
forzata non puo' essere sospesa che con provvedimento del giudice
dell'esecuzione.
Art. 624 Sospensione per opposizione all'esecuzione
Se e' proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli 615
secondo comma e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi
motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o
senza.
Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della
somma ricavata quando sorge una delle controversie previste
nell'articolo 512.
Art. 625 Procedimento
Sull'istanza per la sospensione del processo di cui all'articolo
precedente, il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza,
sentite le parti.
Nei casi urgenti, il giudice puo' disporre la sospensione con
decreto, nel quale fissa l'udienza di comparizione delle parti. Alla
udienza provvede con ordinanza.
Art. 626 Effetti della sospensione
Quando il processo e' sospeso, nessun atto esecutivo puo' essere
compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione.
Art. 627 Riassunzione
Il processo esecutivo deve essere riassunto con ricorso nel termine
perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione e, in ogni caso, non
piu' tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di
primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che
rigetta l'opposizione.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 628 Sospensione del termine di efficacia del pignoramento
La opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del
termine previsto nell'articolo 497.
Capo II: DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO
Art. 629 Rinuncia
Il processo si estingue se, prima dell'aggiudicazione o
dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti
muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti.
Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti
tutti i creditori concorrenti.
In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell'articolo 306.
Art. 630 Inattivita' delle parti
Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo
esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo
riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal
giudice.
L'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte
interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto
dell'articolo successivo. L'estinzione e' dichiarata con ordinanza
del giudice dell'esecuzione, la quale e' comunicata a cura del
cancelliere, se e' pronunciata fuori dall'udienza.
Contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione ovvero rigetta
l'eccezione relativa e' ammesso reclamo con l'osservanza delle forme
di cui all'articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio
provvede in camera di consiglio con sentenza (1).
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 17 dicembre 1981, n. 195,
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma
nella parte in cui non estende, in relazione all'art. 629 c.p.c., il
reclamo previsto dall'art. 630, ultimo comma, all'ordinanza del
giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del processo
esecutivo per rinuncia agli atti.
Art. 631 Mancata comparizione all'udienza
Se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta
all'udienza, il giudice dell'esecuzione fissa una udienza successiva
di cui il cancelliere da' comunicazione alle parti.
Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice
dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo precedente.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847.
Art. 632 Effetti dell'estinzione del processo
Se l'estinzione del processo esecutivo si verifica prima
dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, essa rende inefficaci gli
atti compiuti; se avviene dopo l'aggiudicazione o l'assegnazione, la
somma ricavata e' consegnata al debitore.
Avvenuta l'estinzione del processo, il custode rende al debitore il
conto, che e' discusso e chiuso davanti al giudice della esecuzione.
Si applica la disposizione dell'articolo 310 ultimo comma.
Art. 633 Condizioni di ammissibilita'
Su domanda di chi e' creditore di una somma liquida di danaro o di
una determinata quantita' di cose fungibili, o di chi ha diritto
alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente
pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna:
1) se del diritto fatto valere si da' prova scritta;
2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o
stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori,
cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la
sua opera in occasione di un processo;
3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai
notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri
esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una
tariffa legalmente approvata.
L'ingiunzione puo' essere pronunciata anche se il diritto dipende da
una controprestazione o da una condizione, purche' il ricorrente
offra elementi atti a far presumere l'adempimento della
controprestazione o l'avveramento della condizione.
L'ingiunzione non puo' essere pronunciata se la notificazione
all'intimato di cui all'art. 643 deve avvenire fuori della
Repubblica.
Art. 634 Prova scritta
Sono prove scritte idonee a norma del numero 1 dell'articolo
precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e
i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice
civile.
Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro,
nonche' per prestazioni di servizi, fatte da imprenditori che
esercitano un'attivita' commerciale, anche a persone che non
esercitano tale attivita', sono altresi' prove scritte idonee gli
estratti autentici delle scritture contabili di cui agli art. 2214 e
seguenti del codice civile, purche' bollate e vidimate nelle forme
di legge e regolarmente tenute, nonche' gli estratti autentici delle
scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano
tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture
(1).
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 8, comma 3, D.L. 18 ottobre
1995, n. 432.
Art. 635 Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti
pubblici
Per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o
vigilanza dello Stato, sono prove idonee anche i libri o registri
della pubblica amministrazione, quando un funzionario all'uopo
autorizzato o un notaio ne attesta la regolare tenuta a norma delle
leggi e dei regolamenti. Restano salve le disposizioni delle leggi
sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli
enti o istituti sopra indicati.
Per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti di previdenza
e di assistenza dei contributi relativi ai rapporti indicati
nell'art. 459 (1) secondo comma, sono altresi' prove idonee gli
accertamenti eseguiti dall'ispettorato corporativo e dai funzionari
degli enti.
(1) L'art. 459 citato e' stato abrogato dalla Legge 11 agosto 1973,
n. 533. Vedi, ora, art. 442.
Art. 636 Parcella delle spese e prestazioni
Nei casi previsti nei numeri 2 e 3 dell'art. 633, la domanda deve
essere accompagnata dalla parcella delle spese e prestazioni, munita
della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della
competente associazione professionale. Il parere non occorre se
l'ammontare delle spese e delle prestazioni e' determinato in base a
tariffe obbligatorie.
Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell'art. 640, deve
attenersi al parere nei limiti della somma domandata, salva la
correzione degli errori materiali.
Art. 637 Giudice competente
Per l'ingiunzione e' competente il conciliatore, il pretore o il
presidente del tribunale, che sarebbe competente per la domanda
proposta in via ordinaria.
Per i crediti previsti nel numero 2 dell'art. 633 e' competente
anche il capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla
quale il credito si riferisce.
Gli avvocati e i procuratori possono altresi' proporre domanda
d'ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per
valore del luogo dove ha sede l'associazione professionale alla
quale sono iscritti: e i notai possono proporla, osservate le
disposizioni relative alla competenza per valore, al pretore del
mandamento in cui si trova il loro ufficio o al presidente del
tribunale nella cui circoscrizione ha sede il Consiglio notarile dal
quale dipendono.
Art. 638 Forma della domanda e deposito
La domanda di ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i
requisiti indicati nell'art. 125, l'indicazione delle prove che si
producono. Il ricorso deve contenere altresi' l'indicazione del
procuratore del ricorrente oppure, quando e' ammessa la costituzione
di persona, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio
nel comune dove ha sede il giudice adito.
Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di
residenza o l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente
possono essere fatte presso la cancelleria.
Il ricorso e' depositato in cancelleria insieme con i documenti che
si allegano; questi non possono essere ritirati fino alla scadenza
del termine stabilito nel decreto d'ingiunzione a norma dell'art.
641.
Art. 639 Ricorso per consegna di cose fungibili
Quando la domanda riguarda la consegna di una determinata quantita'
di cose fungibili, il ricorrente deve dichiarare la somma di danaro
che e' disposto ad accettare in mancanza della prestazione in
natura, a definitiva liberazione dell'altra parte. Il giudice, se
ritiene la somma dichiarata non proporzionata, prima di pronunciare
sulla domanda puo' invitare il ricorrente a produrre un certificato
della Camera di commercio, industria e agricoltura.
Art. 640 Rigetto della domanda
Il giudice se ritiene insufficientemente giustificata la domanda,
dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo
a provvedere alla prova.
Se il ricorrente non risponde all'invito o non ritira il ricorso
oppure se la domanda non e' accoglibile, il giudice la rigetta con
decreto motivato.
Tale decreto non pregiudica la riproposizione della domanda, anche
in via ordinaria.
Art. 641 Accoglimento della domanda
Se esistono le condizioni previste nell'art. 633, il giudice, con
decreto motivato, ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di
consegnare la cosa o la quantita' di cose chieste o invece di queste
la somma di cui all'articolo 639 nel termine di quaranta giorni, con
l'espresso avvertimento che nello stesso termine puo' essere fatta
opposizione a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di
opposizione, si procedera' a esecuzione forzata (1).
Quando concorrono giusti motivi, il termine puo' essere ridotto fino
a dieci giorni oppure aumentato fino a sessanta. Se l'intimato
risiede nelle province libiche o in territori soggetti alla
sovranita' italiana, il termine non puo' essere minore di trenta ne'
maggiore di centoventi giorni (2).
Nel decreto (eccetto per quello emesso sulla base di titoli che
hanno gia' efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni), il
giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento
(3).
(1) Comma cosi' modificato dall'art. 8, comma 1, D.L. 18 ottobre
1995, n. 432.
(2) Comma cosi' modificato dall'art. 8, comma 2, D.L. 18 ottobre
1995, n. 432.
(3) Comma cosi' sostituito dalla L. 10 maggio 1976, n. 358.
Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 31 dicembre
1986, n. 303, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del
presente comma, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della
Costituzione, nella parte in cui non consente la liquidazione delle
spese e competenze all'istante che abbia gia' a proprio favore un
titolo esecutivo.
Art. 642 Esecuzione provvisoria
Se il credito e' fondato su cambiale, assegno bancario, assegno
circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto
da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su
istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare
senza dilazione, autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria
del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell'opposizione.
L'esecuzione provvisoria puo' essere concessa anche se vi e'
pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice puo'
imporre al ricorrente una cauzione.
In tali casi il giudice puo' anche autorizzare l'esecuzione senza
l'osservanza del termine di cui all'art. 482.
Art. 643 Notificazione del decreto
L'originale del ricorso e del decreto rimane depositato in
cancelleria.
Il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma
degli art. 137 e seguenti. La notificazione determina la pendenza
della lite.
Art. 644 Mancata notificazione del decreto
Il decreto d'ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione
non sia eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se
deve avvenire nel territorio della Repubblica escluse le province
libiche, e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda puo'
essere riproposta.
N.B.: Articolo cosi' modificato dall'art. 8, comma 3 bis, D.L. 18
ottobre 1995, n. 432.
Art. 645 Opposizione
L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale
appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di
citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'art. 638.
Contemporaneamente l'ufficiale giudiziario deve notificare avviso
dell'opposizione al cancelliere affinche' ne prenda nota
sull'originale del decreto.
In seguito all'opposizione il giudizio si svolge secondo le norme
del procedimento ordinario davanti al giudice adito; ma i termini di
comparizione sono ridotti a meta'.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847.
Art. 646 Opposizione ai decreti riguardanti crediti di lavoro
Quando il decreto e' stato pronunciato per crediti dipendenti da
rapporti individuali di lavoro, entro cinque giorni dalla
notificazione l'atto di opposizione deve essere denunciato a norma
dell'articolo 430 all'associazione sindacale legalmente riconosciuta
alla quale appartiene l'opponente.
In tale caso il termine per la comparizione in giudizio decorre
dalla scadenza del ventesimo giorno successivo a quello della
notificazione dell'opposizione.
Durante il corso del termine, stabilito per il tentativo di
conciliazione, l'opponente puo' chiedere con ricorso al pretore o al
presidente la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto.
Il giudice provvede con decreto, che, in caso di accoglimento
dell'istanza, deve essere notificato alla controparte.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847.
Art. 647 Esecutorieta' per mancata opposizione o per mancata
attivita' dell'opponente
Se non e' stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure
l'opponente non si e' costituito, il conciliatore, il pretore o il
presidente, su istanza anche verbale del ricorrente, dichiara
esecutivo il decreto. Nel primo caso il giudice deve ordinare che
sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile
che l'intimato non abbia avuto conoscenza del decreto.
Quando il decreto e' stato dichiarato esecutivo a norma del presente
articolo, l'opposizione non puo' essere piu' proposta ne'
proseguita, salvo il disposto dell'art. 650, e la cauzione
eventualmente prestata e' liberata.
Art. 648 Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione
Il giudice istruttore, se l'opposizione non e' fondata su prova
scritta o di pronta soluzione, puo' concedere, con ordinanza non
impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia
stata concessa a norma dell'art. 642.
Deve in ogni caso concederla, se la parte che l'ha chiesta offre
cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni
(1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 4 maggio 1984, n. 137, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella
parte in cui dispone che nel giudizio di opposizione il giudice
istruttore, se la parte che ha chiesto l'esecuzione provvisoria del
decreto d'ingiunzione offre cauzione per l'ammontare delle eventuali
restituzioni, spese e danni, debba e non gia' possa concederla sol
dopo aver delibato gli elementi probatori di cui all'art. 648, primo
comma, e la corrispondenza della offerta cauzione all'entita' degli
oggetti indicati nel secondo comma dello stesso art. 48.
Art. 649 Sospensione dell'esecuzione provvisoria
Il giudice istruttore, su istanza dell'opponente, quando ricorrono
gravi motivi, puo', con ordinanza non impugnabile, sospendere
l'esecuzione provvisoria del decreto concessa a norma dell'art. 642.
Art. 650 Opposizione tardiva
L'intimato puo' fare opposizione anche dopo scaduto il termine
fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva
conoscenza per irregolarita' della notificazione o per caso fortuito
o forza maggiore (1).
In questo caso l'esecutorieta' puo' essere sospesa a norma
dell'articolo precedente.
L'opposizione non e' piu' ammessa decorsi dieci giorni dal primo
atto di esecuzione.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 20 maggio 1976, n. 120, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella
parte in cui non consente l'opposizione tardiva dell'intimato che
pur avendo avuto conoscenza del decreto ingiuntivo, non abbia
potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione entro
il termine fissato nel decreto.
Art. 651 Articolo abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 652 Conciliazione
Se nel giudizio di opposizione, le parti si conciliano, il giudice,
con ordinanza non impugnabile, dichiara o conferma l'esecutorieta'
del decreto oppure riduce la somma o la quantita' a quella stabilita
dalle parti. In quest'ultimo caso, rimane ferma la validita' degli
atti esecutivi compiuti e dell'ipoteca iscritta fino a concorrenza
della somma o quantita' ridotta. Della riduzione deve effettuarsi
apposita annotazione nei registri immobiliari.
Art. 653 Rigetto o accoglimento parziale dell'opposizione
Se l'opposizione e' rigettata con sentenza passata in giudicato o
provvisoriamente esecutiva, oppure e' dichiarata con ordinanza
l'estinzione del processo, il decreto, che non ne sia gia' munito,
acquista efficacia esecutiva.
Se l'opposizione e' accolta solo in parte, il titolo esecutivo e'
costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione
gia' compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei
limiti della somma o della quantita' ridotta.
Con la sentenza che rigetta totalmente o in parte l'opposizione
avverso il decreto ingiuntivo emesso sulla base dei titoli aventi
efficacia esecutiva in base alle vigenti disposizioni, il giudice
liquida anche le spese e gli onorari del decreto ingiuntivo (1).
(1) Comma aggiunto dalla L. 10 maggio 1976, n. 358. Successivamente
la Corte costituzionale, con sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dello stesso comma per
contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui non
consente la liquidazione delle spese e competenze all'istante che
abbia gia' a proprio favore un titolo esecutivo.
Art. 654 Dichiarazione di esecutorieta' ed esecuzione
L'esecutorieta' non disposta con la sentenza o con l'ordinanza di
cui all'articolo precedente e' conferita con decreto del
conciliatore, del pretore o del presidente scritto in calce
all'originale del decreto d'ingiunzione.
Ai fini dell'esecuzione non occorre una nuova notificazione del
decreto esecutivo; ma nel precetto deve farsi menzione del
provvedimento che ha disposto l'esecutorieta' e dell'apposizione
della formula.
Art. 655 Iscrizione d'ipoteca
I decreti dichiarati esecutivi a norma degli artt. 642, 647 e 648 e
quelli rispetto ai quali e' rigettata l'opposizione costituiscono
titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
Art. 656 Impugnazioni
Il decreto d'ingiunzione, divenuto esecutivo a norma dell'art. 647,
puo' impugnarsi per revocazione nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5
e 6 dell'art. 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti
nell'art. 404, comma 2.
Capo II: DEL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO
Art. 657 Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione
Il locatore o il concedente puo' intimare al conduttore,
all'affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o al colono licenza
per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la
contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini
prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali.
Puo' altresi' intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per
la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtu' del
contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, e'
esclusa la tacita riconduzione.
Art. 658 Intimazione di sfratto per morosita'
Il locatore puo' intimare al conduttore lo sfratto con le modalita'
stabilite nell'articolo precedente anche in caso di mancato
pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello
stesso atto l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti (1).
Se il canone consiste in derrate, il locatore deve dichiarare a
norma dell'articolo 639 la somma che e' disposto ad accettare in
sostituzione.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
Art. 659 Rapporto di locazione d'opera
Se il godimento di un immobile e' il corrispettivo anche parziale di
una prestazione d'opera, l'intimazione di licenza o di sfratto con
la contestuale citazione per la convalida, a norma degli articoli
precedenti, puo' essere fatta quando il contratto viene a cessare
per qualsiasi causa.
Art. 660 Forma dell'intimazione
Le intimazioni di licenza o di sfratto indicate negli articoli
precedenti debbono essere notificate a norma degli articoli 137 e
seguenti, esclusa la notificazione al domicilio eletto.
Il locatore deve dichiarare nell'atto la propria residenza o
eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito,
altrimenti l'opposizione prevista nell'articolo 668 e qualsiasi
altro atto del giudizio possono essergli notificati presso la
cancelleria.
La citazione per la convalida, redatta a norma dell'articolo 125, in
luogo dell'invito e dell'avvertimento al convenuto previsti
dall'articolo 163, terzo comma, numero 7), deve contenere, con
l'invito a comparire nell'udienza indicata, l'avvertimento che se
non comparisce o, comparendo, non si oppone, il giudice convalida la
licenza o lo sfratto ai sensi dell'articolo 663 (1).
Tra il giorno della notificazione dell'intimazione e quello
dell'udienza debbono intercorrere termini liberi non minori di venti
giorni. Nelle cause che richiedono pronta spedizione il pretore
puo', su istanza dell'intimante, con decreto motivato, scritto in
calce all'originale e alle copie dell'intimazione, abreviare fino
alla meta' i termini di comparizione (1).
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria l'intimazione
con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta, oppure
presentando tali atti al giudice in udienza (1).
Ai fini dell'opposizione e del compimento delle attivita' previste
negli articoli da 663 a 666, e' sufficiente la comparizione
personale dell'intimato (1).
Se l'intimazione non e' stata notificata in mani proprie,
l'ufficiale giudiziario deve spedire avviso all'intimato
dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e
allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione.
(1) Comma inserito dall'art. 8, comma 3 ter, D.L. 18 ottobre 1995,
n. 432.
Art. 661 Giudice competente
Quando si intima la licenza o lo sfratto, la citazione a comparire
deve farsi inderogabilmente davanti al pretore del luogo in cui si
trova la cosa locata.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 339.
Art. 662 Mancata comparizione del locatore
Gli effetti dell'intimazione cessano, se il locatore non comparisce
all'udienza fissata nell'atto di citazione.
Art. 663 Mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato
Se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice
convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce
alla citazione l'apposizione su di essa della formula esecutiva; ma
il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta
o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della
citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o
forza maggiore.
Nel caso che l'intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha
effetto dopo 30 giorni dalla data dell'apposizione (1).
Se lo sfratto e' stato intimato per mancato pagamento del canone, la
convalida e' subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o
del suo procuratore che la morosita' persiste. In tale caso il
giudice puo' ordinare al locatore di prestare una cauzione.
(1) Comma aggiunto dalla L. 22 dicembre 1973, n. 841.
Art. 664 Pagamento dei canoni
Nel caso previsto nell'articolo 658, il giudice adito pronuncia
separato decreto d'ingiunzione per l'ammontare dei canoni scaduti e
da scadere fino all'esecuzione dello sfratto, e per le spese
relative all'intimazione.
Il decreto e' esteso in calce ad una copia dell'atto di intimazione
presentata dall'istante, da conservarsi in cancelleria.
Il decreto e' immediatamente esecutivo, ma contro di esso puo'
essere proposta opposizione a norma del capo precedente.
L'opposizione non toglie efficacia all'avvenuta risoluzione del
contratto.
Art. 665 Opposizione, provvedimenti del giudice
Se l'intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova
scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono
gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di
rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto.
L'ordinanza e' immediatamente esecutiva, ma puo' essere subordinata
alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese.
Art. 666 Contestazione sull'ammontare dei canoni
Se e' intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il
convenuto nega la propria morosita' contestando l'ammontare della
somma pretesa, il giudice puo' disporre con ordinanza il pagamento
della somma non controversa e concedere all'uopo al convenuto un
termine non superiore a venti giorni.
Se il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice
convalida l'intimazione di sfratto e, nel caso previsto
nell'articolo 658, pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei
canoni.
Art. 667 Mutamento del rito
Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666, il
giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di
mutamento di rito ai sensi dell'articolo 426.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 73, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 668 Opposizione dopo la convalida
Se l'intimazione di licenza o di sfratto e' stata convalidata in
assenza dell'intimato, questi puo' farvi opposizione provando di non
averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarita' della
notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (1).
Se sono decorsi dieci giorni dall'esecuzione, l'opposizione non e'
piu' ammessa, e la cauzione, prestata a norma dell'articolo 663
terzo comma, e' liberata.
L'opposizione si propone davanti al pretore nelle forme prescritte
per l'opposizione al decreto di ingiunzione in quanto applicabili
(2).
L'opposizione non sospende il processo esecutivo, ma il giudice, con
ordinanza non impugnabile, puo' disporne la sospensione per gravi
motivi, imponendo, quando lo ritiene opportuno una cauzione
all'opponente.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 18 maggio 1972, n. 89, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma
limitatamente alla parte in cui non consente la tardiva opposizione
all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non
sia potuto comparire all'udienza per caso fortuito o forza maggiore.
(2) Comma cosi' sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
Art. 669 Giudizio separato per il pagamento di canoni
Se nel caso previsto nell'articolo 658 il locatore non chiede il
pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la
locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni
stessi.
Capo III: DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI
Sezione I: DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI IN GENERALE
Art. 669 bis Forma della domanda
La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria del
giudice competente.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 ter Competenza anteriore alla causa
Prima dell'inizio della causa di merito la domanda si propone al
giudice competente a conoscere del merito.
Se competente per la causa di merito e' il conciliatore, la domanda
si propone al pretore.
Se il giudice italiano non e' competente a conoscere la causa di
merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per
materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il
provvedimento cautelare.
A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il
fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del
Tribunale o al pretore dirigente il quale designa il magistrato cui
e' affidata la trattazione del procedimento.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 quater Competenza in corso di causa
Quando vi e' causa pendente per il merito la domanda deve essere
proposta al giudice della stessa.
Se la causa pende davanti al tribunale la domanda si propone
all'istruttore oppure, se questi non e' ancora designato o il
giudizio e' sospeso o interrotto, al presidente, il quale provvede
ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 669 ter.
Se la causa pende davanti al conciliatore, la domanda si propone al
pretore.
In pendenza dei termini per proporre l'impugnazione, la domanda si
propone al giudice che ha pronunziato la sentenza.
Se la causa pende davanti al giudice straniero, e il giudice
italiano non e' competente a conoscere la causa di merito, si
applica il terzo comma dell'articolo 669 ter.
Il terzo comma dell'articolo 669 ter si applica altresi' nel caso in
cui l'azione civile e' stata esercitata o trasferita nel processo
penale, salva l'applicazione del comma 2 dell'articolo 316 del
codice di procedura penale.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 quinquies Competenza in caso di clausola compromissoria, di
compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale
Se la controversia e' oggetto di clausola compromissoria o e'
compromessa in arbitri o se e' pendente il giudizio arbitrale, la
domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a
conoscere del merito.
Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 sexies Procedimento
Il giudice sentite le parti, omessa ogni formalita' non essenziale
al contraddittorio, procede nel modo che ritiene piu' opportuno agli
atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai
fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza
all'accoglimento o al rigetto della domanda.
Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare
l'attuazione del provvedimento, provvede con decreto motivato
assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo
stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a se'
entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando
all'istante un termine perentorio non superiore ad otto giorni per
la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il
giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti
emanati con decreto.
Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all'estero, i
termini di cui al comma precedente sono triplicati.
Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 septies Provvedimento negativo
L'ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della
domanda. L'ordinanza di rigetto non preclude la riproposizione
dell'istanza per il provvedimento cautelare quando si verifichino
mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto
o di diritto.
Se l'ordinanza di incompetenza o di rigetto e' pronunciata prima
dell'inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede
definitivamente sulle spese del procedimento cautelare.
La condanna alle spese e' immediatamente esecutiva ed e' opponibile
ai sensi degli articoli 645 e seguenti in quanto applicabili, nel
termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia dell'ordinanza se
avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione.
Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 octies Provvedimento di accoglimento
L'ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima
dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per l'inizio del giudizio
di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669
novies.
In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa
di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di trenta
giorni.
Il termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in
udienza o altrimenti dalla sua comunicazione.
Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di
clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi
precedenti, deve notificare all'altra un'atto nel quale dichiara la
propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone
la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli
arbitri (1).
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 669 novies Inefficacia del provvedimento cautelare
Se il procedimento di merito non e' iniziato nel termine perentorio
di cui all'articolo 669 octies, ovvero se successivamente al suo
inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua
efficacia.
In entrambi i casi, il giudice che ha emesso il provvedimento, su
ricorso della parte interessata, convocate le parti con decreto in
calce al ricorso, dichiara, se non c'e' contestazione, con ordinanza
avente efficacia esecutiva, che il provvedimento e' divenuto
inefficace e da' le disposizioni necessarie per ripristinare la
situazione precedente. In caso di contestazione l'ufficio
giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il
provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente
esecutiva, salva la possibilita' di emanare in corso di causa i
provvedimenti di cui all'articolo 669 decies.
Il provvedimento cautelare perde altresi' efficacia se non e' stata
versata la cauzione di cui all'articolo 669 undecies, ovvero se con
sentenza, anche non passata in giudicato, e' dichiarato inesistente
il diritto a cautela del quale era stato concesso. In tal caso i
provvedimenti di cui al comma precedente sono pronunciati nella
stessa sentenza o, in mancanza, con ordinanza a seguito di ricorso
al giudice che ha emesso il provvedimento.
Se la causa di merito e' devoluta alla giurisdizione di un giudice
straniero o ad arbitrato italiano o estero, il provvedimento
cautelare, oltre che nei casi previsti nel primo e nel terzo comma,
perde altresi' efficacia:
1) se la parte che l'aveva richiesto non presenta domanda di
esecutorieta' in Italia della sentenza straniera o del lodo
arbitrale entro i termini eventualmente previsti a pena di decadenza
dalla legge o dalle convenzioni internazionali;
2) se sono pronunciati sentenza straniera, anche non passata in
giudicato, o lodo arbitrale che dichiarino inesistente il diritto
per il quale il provvedimento era stato concesso. Per la
dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare e per le
disposizioni di ripristino si applica il secondo comma del presente
articolo.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, 353.
Art. 669 decies Revoca e modifica
Nel corso dell'istruzione il giudice istruttore della causa di
merito puo', su istanza di parte, modificare o revocare con
ordinanza il provvedimento cautelare anche se emesso anteriormente
alla causa se si verificano mutamenti nelle circostanze.
Se la causa di merito e' devoluta alla giurisdizione di un giudice
straniero o ad arbitrato, ovvero se l'azione civile e' stata
esercitata o trasferita nel processo penale, i provvedimenti
previsti dal presente articolo devono essere richiesti al giudice
che ha emanato il provvedimento cautelare.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 undecies Cauzione
Con il provvedimento di accoglimento o di conferma ovvero con il
provvedimento di modifica il giudice puo' imporre all'istante,
valutata ogni circostanza, una cauzione per l'eventuale risarcimento
dei danni.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 duodecies Attuazione
Salvo quanto disposto dagli articoli 677 e seguenti in ordine ai
sequestri, l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto
somme di denaro avviene nelle forme degli articoli 491 e seguenti in
quanto compatibili, mentre l'attuazione delle misure cautelari
aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare
avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il
provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalita' di
attuazione e, ove sorgano difficolta' o contestazioni, da' con
ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra
questione va proposta nel giudizio di merito.
Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 terdecies Reclamo contro i provvedimenti cautelari
Contro l'ordinanza con la quale, prima dell'inizio o nel corso della
causa di merito, sia stato concesso un provvedimento cautelare e'
ammesso reclamo nei termini previsti dall'art. 739, secondo comma.
Il reclamo contro i provvedimenti del pretore si propone al
tribunale, quello contro i provvedimenti del giudice singolo del
tribunale si propone al collegio, del quale non puo' far parte il
giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il
provvedimento cautelare e' stato emesso dalla Corte d'appello, il
reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte o, in
mancanza, alla Corte d'appello piu' vicina.
Il procedimento e' disciplinato dagli articoli 737 e 738.
Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni
dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale
conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare.
Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento; tuttavia il
presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando
per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, puo'
disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione
dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 23 giugno
1994, n. 253, ne ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale nella
parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso
l'ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento
cautelare.
Art. 669 quaterdecies Ambito di applicazione
Le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti
previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonche', in
quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal
codice civile e dalle leggi speciali. L'articolo 669 septies si
applica altresi' ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti
dalla sezione IV di questo capo.
Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione II: DEL SEQUESTRO
Art. 670 Sequestro giudiziario
Il giudice puo' autorizzare il sequestro giudiziario:
1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalita' di beni,
quando ne e' controversa la proprieta' o il possesso, ed e'
opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione
temporanea;
2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra
cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando e'
controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione; ed e'
opportuno provvedere alla loro custodia temporanea.
Art. 671 Sequestro conservativo
Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di
perdere la garanzia del proprio credito, puo' autorizzare il
sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o
delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne
permette il pignoramento.
Art. 672 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 673 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 674 Cauzione
Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 675 Termine d'efficacia del provvedimento
Il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non
e' eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia.
Art. 676 Custodia nel caso di sequestro giudiziario
Nel disporre il sequestro giudiziario, il giudice nomina il custode,
stabilisce i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose
sequestrate e le particolari cautele idonee a render piu' sicura la
custodia e a impedire la divulgazione dei segreti.
Il giudice puo' nominare custode quello dei contendenti che offre
maggiori garanzie e da' cauzione.
Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti
previsti negli articoli 521, 522 e 560.
Art. 677 Esecuzione del sequestro giudiziario
Il sequestro giudiziario si esegue a norma degli articoli 605 e
seguenti, in quanto applicabili, omessa la notificazione del
precetto per consegna o rilascio nonche' la comunicazione di cui
all'articolo 608, primo comma.
L'articolo 608, primo comma, e' applicabile se il custode sia
persona diversa dal detentore (1).
Il giudice, col provvedimento di autorizzazione del sequestro o
successivamente, puo' ordinare al terzo detentore del bene
sequestrato di esibirlo o di consentire l'immediata immissione in
possesso del custode.
Al terzo si applica la disposizione dell'articolo 211.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dalla L. 23 maggio 1951, n. 400.
Art. 678 Esecuzione del sequestro conservativo sui mobili
Il sequestro conservativo sui mobili e sui crediti si esegue secondo
le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso
terzi. In questo ultimo caso il sequestrante deve, con l'atto di
sequestro, citare il terzo a comparire davanti al pretore del luogo
di residenza del terzo stesso per rendere la dichiarazione di cui
all'articolo 547. Il giudizio sulle controversie relative
all'accertamento dell'obbligo del terzo e' sospeso fino all'esito di
quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l'immediato
accertamento dei propri obblighi (1).
Se il credito e' munito di privilegio sugli oggetti da sequestrare,
il giudice puo' provvedere nei confronti del terzo detentore, a
norma del secondo comma dell'articolo precedente.
Si applica l'articolo 610 se nel corso della esecuzione del
sequestro sorgono difficolta' che non ammettono dilazione.
Articolo cosi' sostituito dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 75, Legge 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 679 Esecuzione del sequestro conservativo sugli immobili
Il sequestro conservativo sugli immobili si esegue con la
trascrizione del provvedimento presso l'ufficio del conservatore dei
registri immobiliari del luogo in cui i beni sono situati.
Per la custodia dell'immobile si applica la disposizione
dell'articolo 559.
Art. 680 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 681 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 682 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 683 Articolo abrogato dall'art. 89, Legge 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 684 Revoca del sequestro
Il debitore puo' ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza non
impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea
cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro
e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate.
Art. 685 Vendita delle cose deteriorabili
In caso di pericolo di deterioramento delle cose che formano oggetto
del sequestro, il giudice, con lo stesso provvedimento di
concessione o con altro successivo, puo' ordinarne la vendita nei
modi stabiliti per le cose pignorate.
Il prezzo ricavato dalla vendita rimane sequestrato in luogo delle
cose vendute.
Art. 686 Conversione del sequestro conservativo in pignoramento
Il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in
cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna
esecutiva.
Se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di
altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla
distribuzione della somma ricavata.
Art. 687 Casi speciali di sequestro
Il giudice puo' ordinare il sequestro delle somme o delle cose che
il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore
per la sua liberazione, quando e' controverso l'obbligo o il modo
del pagamento o della consegna, o l'idoneita' della cosa offerta.
Sezione III: DEI PROCEDIMENTI DI DENUNCIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO
TEMUTO
Art. 688 Forma dell'istanza
La denuncia di nuova opera o di danno tenuto si propone con ricorso
al pretore competente a norma dell'articolo 21.
Quando vi e' causa pendente per il merito, la denuncia si propone a
norma dell'articolo 669 quater (1).
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 76, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 689 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 690 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 691 Contravvenzione al divieto del giudice
Se la parte alla quale e' fatto divieto di compiere l'atto dannoso o
di mutare lo stato di fatto contravviene all'ordine, il giudice, su
ricorso della parte interessata, puo' disporre con ordinanza che le
cose siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore.
Sezione IV: DEI PROCEDIMENTI DI ISTRUZIONE PREVENTIVA
Art. 692 Assunzione di testimoni
Chi ha fondato motivo di temere che siano per mancare uno o piu'
testimoni, le cui deposizioni possono essere necessarie in una causa
da proporre, puo' chiedere che ne sia ordinata l'audizione a futura
memoria.
Art. 693 Istanza
L'istanza si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente
per la causa di merito.
In caso d'eccezionale urgenza, l'istanza puo' anche proporsi al
pretore del luogo in cui la prova deve essere assunta.
Il ricorso deve contenere l'indicazione dei motivi dell'urgenza e
dei fatti sui quali debbono essere interrogati i testimoni, e
l'esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova
e' preordinata.
Art. 694 Ordine di comparizione
Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore fissa, con
decreto, l'udienza di comparizione e stabilisce il termine
perentorio per la notificazione del decreto.
Art. 695 Ammissione del mezzo di prova
Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore, assunte,
quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non
impugnabile e, se ammette l'esame testimoniale, fissa l'udienza per
l'assunzione e designa il giudice che deve procedervi.
Art. 696 Accertamento tecnico e ispezione giudiziale
Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di
luoghi o la qualita' o la condizione di cose, puo' chiedere, a norma
degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento
tecnico o un'ispezione giudiziale (1).
Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore provvede
nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto
applicabili, nomina il consulente tecnico e fissa la data
dell'inizio delle operazioni.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 22 ottobre 1990, n. 471,
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma
nella parte in cui non consente di disporre accertamento tecnico o
ispezione giudiziale sulla persona dell'istante.
Art. 697 Provvedimenti in caso di eccezionale urgenza
In caso di eccezionale urgenza, il presidente del tribunale, il
pretore o il conciliatore puo' pronunciare i provvedimenti indicati
negli articoli 694 e 695 con decreto, dispensando il ricorrente
dalla notificazione alle altri parti; in tal caso puo' nominare un
procuratore, che intervenga per le parti non presenti all'assunzione
della prova.
Non oltre il giorno successivo, a cura del cancelliere, deve essere
fatta notificazione immediata del decreto alle parti non presenti
all'assunzione.
Art. 698 Assunzione ed efficacia delle prove preventive
Nell'assunzione preventiva dei mezzi di prova si applicano, in
quanto possibile, gli articoli 191 e seguenti.
L'assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le
questioni relative alla loro ammissibilita' e rilevanza, ne'
impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito.
I processi verbali delle prove non possono essere prodotti, ne'
richiamati, ne' riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima
che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio
stesso.
Art. 699 Istruzione preventiva in corso di causa
L'istanza di istruzione preventiva puo' anche essere proposta in
corso di causa e durante l'interruzione o la sospensione del
giudizio.
Il giudice provvede con ordinanza.
Sezione V: DEI PROVVEDIMENTI D'URGENZA
Art. 700 Condizioni per la concessione
Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi
ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far
valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un
pregiudizio imminente e irreparabile, puo' chiedere con ricorso al
giudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le
circostanze, piu' idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti
della decisione sul merito.
Art. 701 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 702 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353.
Capo IV: DEI PROCEDIMENTI POSSESSORI
Art. 703 Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso
Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si
propongono con ricorso al pretore competente a norma dell'articolo
21.
Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669 bis e seguenti.
Articolo cosi' modificato dall'art. 77, Legge 26 novembre 1990, n.
353.
Art. 704 Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio
petitorio
Ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante
la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al
giudice di quest'ultimo.
Puo' essere tuttavia domandata al pretore la reintegrazione del
possesso; in tale caso il pretore da' i provvedimenti temporanei
indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio.
Art. 705 Divieto di proporre giudizio petitorio
Il convenuto nel giudizio possessorio non puo' proporre giudizio
petitorio, finche' il primo giudizio non sia definito e la decisione
non sia stata eseguita (1).
Il convenuto puo' tuttavia proporre il giudizio petitorio quando
dimostra che l'esecuzione del provvedimento possessorio non puo'
compiersi per fatto dell'attore.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella
parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla
definizione della controversia possessoria e all'esecuzione della
decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio
irreparabile al convenuto.
Titolo II: DEI PROCEDIMENTI IN MATERIA DI FAMIGLIA E DI STATO DELLE
PERSONE
Capo I: DELLA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI
Art. 706 Forma della domanda
La domanda di separazione personale si propone al tribunale del
luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con
ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali la domanda e'
fondata.
Il presidente fissa con decreto il giorno della comparizione dei
coniugi davanti a se' e il termine per la notificazione del ricorso
e del decreto.
Art. 707 Comparizione personale delle parti
I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente
senza assistenza di difensore (1).
Se il ricorrente non si presenta, la domanda non ha effetto.
Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente puo' fissare
un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione
del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma nella
parte in cui ai coniugi, comparsi personalmente davanti al
presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, e'
inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori.
Art. 708 Tentativo di conciliazione, provvedimenti del presidente
Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi
congiuntamente, procurando di conciliarli.
Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo
verbale della conciliazione.
Se il coniuge convenuto non comparisce o la conciliazione non
riesce, il presidente, anche d'ufficio, da' con ordinanza i
provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni
nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice
istruttore e fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a
questo.
Se si verificano mutamenti nelle circostanze, l'ordinanza del
presidente puo' essere revocata o modificata dal giudice istruttore
a norma dell'articolo 177.
La Corte costituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo
nella parte in cui ai coniugi, comparsi personalmente davanti al
presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, e'
inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori.
Art. 709 Notificazione della fissazione dell'udienza
L'ordinanza con la quale il presidente fissa l'udienza di
comparizione davanti al giudice istruttore e' notificata a cura
dell'attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio
stabilito nell'ordinanza stessa, ed e' comunicata al pubblico
ministero.
Art. 710 Modificabilita' dei provvedimenti relativi alla separazione
dei coniugi
Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in
camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti
i coniugi e la prole conseguenti la separazione.
Il tribunale, sentite le parti, provvede alla eventuale ammissione
di mezzi istruttori e puo' delegare per l'assunzione uno dei suoi
componenti.
Ove il procedimento non possa essere immediatamente definito, il
tribunale puo' adottare provvedimenti provvisori e puo'
ulteriormente modificarne il contenuto nel corso del procedimento.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 1, L. 29 luglio 1988, n. 331.
Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 9 novembre
1992, n. 416, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del
presente articolo nella parte in cui non prevede la partecipazione
del pubblico ministero per la modifica dei provvedimenti riguardanti
la prole.
Art. 711 Separazione consensuale
Nel caso di separazione consensuale previsto nell'articolo 158 del
codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve
sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel
modo indicato nell'articolo 708.
Se il ricorso e' presentato da uno solo dei coniugi, si applica
l'articolo 706 ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce, si da' atto nel processo verbale del
consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti
i coniugi stessi e la prole.
La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione
del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione
del presidente.
Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a
norma dell'articolo precedente.
Capo II: DELL'INTERDIZIONE E DELL'INABILITAZIONE
Art. 712 Forma della domanda
La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso
diretto al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della
quale e' proposta ha residenza o domicilio.
Nel ricorso debbono essere esposti i fatti sui quali la domanda e'
fondata e debbono essere indicati il nome e il cognome e la
residenza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli
affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore,
dell'interdicendo o dell'inabilitando.
Art. 713 Provvedimenti del presidente
Il presidente ordina la comunicazione del ricorso al pubblico
ministero. Quando questi gliene fa richiesta, puo' con decreto
rigettare senz'altro la domanda, altrimenti nomina il giudice
istruttore e fissa l'udienza di comparizione davanti a lui del
ricorrente, dell'interdicendo o dell'inabilitando e delle altre
persone indicate nel ricorso, le cui informazioni ritenga utili (1).
Il ricorso e il decreto sono notificati a cura del ricorrente, entro
il termine fissato nel decreto stesso, alle persone indicate nel
comma precedente; il decreto e' comunicato al pubblico ministero.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 5 luglio 1968, n. 87, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente comma,
secondo periodo, nella parte in cui permette al tribunale di
rigettare senz'altro, e cioe' senza istituire contraddittorio con la
parte istante, la domanda d'interdizione o d'inabilitazione, ove il
pubblico ministero ne faccia richiesta, in riferimento agli artt. 24
e 111 Cost.
Art. 714 Istruzione preliminare
All'udienza, il giudice istruttore, con l'intervento del pubblico
ministero, procede all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando,
sente il parere delle altre persone citate, interrogandole sulle
circostanze che ritiene rilevanti ai fini della decisione e puo'
disporre anche d'ufficio l'assunzione di ulteriori informazioni,
esercitando tutti i poteri istruttori previsti nell'articolo 419 del
codice civile.
Art. 715 Impedimento a comparire dell'interdicendo o
dell'inabilitando
Se per legittimo impedimento l'interdicendo o l'inabilitando non
puo' presentarsi davanti al giudice istruttore, questi, con
l'intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo
dove si trova.
Art. 716 Capacita' processuale dell'interdicendo e dell'inabilitando
L'interdicendo e l'inabilitando possono stare in giudizio e compiere
da soli tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni,
anche quando e' stato nominato il tutore o il curatore provvisorio
previsto negli articoli 419 e 420 del codice civile.
Art. 717 Nomina del tutore e del curatore provvisorio
Il tutore o il curatore provvisorio di cui all'articolo precedente
e' nominato, anche d'ufficio, con decreto del giudice istruttore.
Finche' non sia pronunciata la sentenza sulla domanda d'interdizione
o d'inabilitazione, lo stesso giudice istruttore puo' revocare la
nomina, anche d'ufficio.
Art. 718 Legittimazione all'impugnazione
La sentenza che provvede sulla domanda d'interdizione o di
inabilitazione puo' essere impugnata da tutti coloro che avrebbero
avuto diritto di proporre la domanda, anche se non parteciparono al
giudizio, e del tutore o curatore nominato con la stessa sentenza.
Art. 719 Termine per l'impugnazione
Il termine per la impugnazione decorre per tutte le persone indicate
nell'articolo precedente dalla notificazione della sentenza, fatta
nelle forme ordinarie a tutti coloro che parteciparono al giudizio.
Se e' stato nominato un tutore o curatore provvisorio, l'atto di
impugnazione deve essere notificato anche a lui.
Art. 720 Revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione
Per la revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si osservano
le norme stabilite per la pronuncia di esse.
Coloro che avevano diritto di promuovere l'interdizione e
l'inabilitazione possono intervenire nel giudizio di revoca per
opporsi alla domanda, e possono altresi' impugnare la sentenza
pronunciata nel giudizio di revoca, anche se non parteciparono al
giudizio.
Capo III:DISPOSIZIONI RELATIVE ALL'ASSENZA E ALLA DICHIARAZIONE DI
MORTE PRESUNTA
Art. 721 Provvedimenti conservativi nell'interesse dello scomparso
I provvedimenti indicati nell'articolo 48 del codice civile sono
pronunciati dal tribunale in camera di consiglio, su ricorso degli
interessati, sentito il pubblico ministero.
Art. 722 Domanda per dichiarazione d'assenza
La domanda per dichiarazione d'assenza si propone con ricorso, nel
quale debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza dei
presunti successori legittimi dello scomparso e, se esistono, del
suo procuratore o rappresentante legale.
Art. 723 Fissazione dell'udienza di comparizione
Il presidente del tribunale fissa con decreto l'udienza per la
comparizione davanti a se' o ad un giudice da lui designato del
ricorrente e di tutte le persone indicate nel ricorso a norma
dell'articolo precedente, e stabilisce il termine entro il quale la
notificazione deve essere fatta a cura del ricorrente. Puo' anche
ordinare che il decreto sia pubblicato in uno o piu' giornali.
Il decreto e' comunicato al pubblico ministero.
Art. 724 Procedimento
Il giudice interroga le persone comparse sulle ulteriori
informazioni e quindi riferisce in camera di consiglio per i
provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza.
Art. 725 Immissione in possesso temporaneo
Il tribunale provvede in camera di consiglio sulle domande per
apertura di atti di ultima volonta' e per immissione nel possesso
temporaneo dei beni dell'assente, quando sono proposte da coloro che
sarebbero eredi legittimi.
Se la domanda e' proposta da altri interessati, il giudizio si
svolge nelle forme ordinarie in contraddittorio di coloro che
sarebbero eredi legittimi.
Con lo stesso provvedimento col quale viene ordinata l'immissione
nel possesso temporaneo, sono determinate la cauzione o le altre
cautele previste nell'articolo 50, ultimo comma, del codice civile,
e sono date le disposizioni opportune per la conservazione delle
rendite riservate all'assente a norma dell'articolo 53 dello stesso
codice.
Art. 726 Domanda per dichiarazione di morte presunta
La domanda per dichiarazione di morte presunta si propone con
ricorso, nel quale debbono essere indicati il nome, cognome e
domicilio dei presunti successori legittimi dello scomparso e, se
esistono, del suo procuratore o rappresentante legale e di tutte le
altre persone, che a notizia del ricorrente, perderebbero diritti o
sarebbero gravate da obbligazioni, per effetto della morte dello
scomparso.
Art. 727 Pubblicazione della domanda
Il presidente del tribunale nomina un giudice a norma dell'articolo
723 e ordina che a cura del ricorrente la domanda, entro il termine
che egli stesso fissa, sia inserita per estratto, due volte
consecutive a distanza di dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica e in due giornali, con invito a chiunque abbia
notizie dello scomparso di farle pervenire al tribunale entro sei
mesi dall'ultima pubblicazione.
Se tutte le inserzioni non vengono eseguite entro il termine fissato
la domanda s'intende abbandonata.
Il presidente del tribunale puo' anche disporre altri mezzi di
pubblicita'.
Art. 728 Comparizione
Decorsi sei mesi dalla data dell'ultima pubblicazione, il giudice,
su istanza del ricorrente, fissa con decreto l'udienza di
comparizione davanti a se' del ricorrente e delle persone indicate
nel ricorso a norma dell'articolo 726 e il termine per la
notificazione del ricorso e del decreto a cura del ricorrente.
Il decreto e' comunicato al pubblico ministero.
Il giudice interroga le persone comparse sulle circostanze che
ritiene rilevanti; puo' disporre che siano assunte ulteriori
informazioni, e quindi riferisce in camera di consiglio per i
provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza.
Art. 729 Pubblicazione della sentenza
. La sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta deve essere
inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e in
due giornali indicati nella sentenza stessa. Il tribunale puo' anche
disporre altri mezzi di pubblicita'.
Le inserzioni possono essere eseguite a cura di qualsiasi
interessato e valgono come notificazione. Copia della sentenza (1) e
dei giornali nei quali e' stato pubblicato l'estratto deve essere
depositata nella cancelleria del giudice che ha pronunciato la
sentenza, per l'annotazione sull'originale.
Recte: Gazzetta Ufficiale.
Art. 730 Esecuzione
La sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta non puo'
essere eseguita prima che sia passata in giudicato e che sia
compiuta l'annotazione di cui all'articolo precedente.
Art. 731 Comunicazione all'ufficio di stato civile
Il cancelliere da' notizia, a norma dell'articolo 133 secondo comma,
all'ufficio dello stato civile competente della sentenza di
dichiarazione di morte presunta.
Capo IV: DISPOSIZIONI RELATIVE AI MINORI, AGLI INTERDETTI E AGLI
INABILITATI
Art. 732 Provvedimenti su parere del giudice tutelare
I provvedimenti relativi ai minori, agli interdetti e agli
inabilitati sono pronunciati dal tribunale in camera di consiglio,
salvo che la legge disponga altrimenti.
Quando il tribunale deve pronunciare un provvedimento nell'interesse
di minori, interdetti o inabilitati sentito il parere del giudice
tutelare, il parere stesso deve essere prodotto dal ricorrente
insieme col ricorso.
Qualora non sia prodotto, il presidente provvede a richiederlo
d'ufficio.
Art. 733 Vendita di beni
Se, nell'autorizzare la vendita di beni di minori, interdetti o
inabilitati, il tribunale stabilisce che essa deve farsi ai pubblici
incanti, designa per procedervi un ufficiale giudiziario della
pretura del luogo in cui si trovano i beni mobili, oppure un
cancelliere della stessa pretura o un notaio del luogo in cui si
trovano i beni immobili.
L'ufficiale designato per la vendita procede all'incanto con
l'osservanza delle norme degli artt. 534 e ss., in quanto
applicabili, e premesse le forme di pubblicita' ordinate dal
tribunale.
Art. 734 Esito negativo dell'incanto
Se al primo incanto non e' fatta offerta superiore o uguale al
prezzo fissato dal tribunale a norma dell'art. 376, primo comma, del
codice civile, l'ufficiale designato ne da' atto nel processo
verbale e trasmette copia di questo al tribunale che ha autorizzato
la vendita.
Il tribunale, se non crede di revocare l'autorizzazione o disporre
una nuova vendita su prezzo base inferiore, autorizza la vendita a
trattative private.
Capo V: DEI RAPPORTI PATRIMONIALI TRA I CONIUGI
Art. 735 Sostituzione dell'amministratore del patrimonio familiare
La sostituzione dell'amministratore del patrimonio familiare puo'
essere chiesta, nel caso previsto nell'art. 174 del codice civile,
dall'altro coniuge o da uno dei prossimi congiunti, o dal pubblico
ministero, e, nel caso previsto nell'art. 176, da uno dei figli
maggiorenni o emancipati, da un prossimo congiunto o dal pubblico
ministero.
Art. 736 Procedimento
La domanda per i provvedimenti previsti nell'art. precedente si
propone con ricorso.
Il presidente del tribunale fissa con decreto un giorno per la
comparizione degli interessati davanti a se' o a un giudice da lui
designato e stabilisce il termine per la notificazione del ricorso e
del decreto.
Dopo l'audizione delle parti, il presidente o il giudice designato
assume le informazioni che crede opportune e quindi riferisce sulla
domanda al tribunale, che decide in camera di consiglio con
ordinanza non impugnabile.
Art. 737 Forma della domanda e del provvedimento
I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di
consiglio, si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno
forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti.
Art. 738 Procedimento
Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che
riferisce in camera di consiglio.
Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui
previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al
provvedimento del presidente.
Il giudice puo' assumere informazioni.
Art. 739 Reclami delle parti
Contro i decreti del giudice tutelare si puo' proporre reclamo con
ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i
decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo
grado si puo' proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che
pronuncia anch'essa in camera di consiglio.
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci
giorni dalla comunicazione del decreto, se e' dato in confronto di
una sola parte, o dalla notificazione se e' dato in confronto di
piu' parti.
Salvo che la legge disponga altrimenti, non e' ammesso reclamo
contro i decreti della Corte d'appello e contro quelli del tribunale
pronunciati in sede di reclamo.
Articolo cosi' sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 740 Reclami del pubblico ministero
Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione, puo'
proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e contro
quelli del tribunale per i quali e' necessario il suo parere.
Art. 741 Efficacia dei provvedimenti
I decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui
agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo.
Se vi sono ragioni d'urgenza, il giudice puo' tuttavia disporre che
il decreto abbia efficacia immediata.
Art. 742 Revocabilita' dei provvedimenti
I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma
restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza
di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca.
Art. 742 bis Ambito di applicazione degli articoli precedenti
Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i
procedimenti in camera di consiglio, ancorche' non regolati dai capi
precedenti o che non riguardino materia di famiglia o di stato delle
persone.
Articolo aggiunto dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Titolo III: DELLA COPIA E DELLA COLLAZIONE DI ATTI PUBBLICI
Art. 743 Copia degli atti
Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli
atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorche'
l'istante o i suoi autori non siano stati parte nell'atto, sotto
pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali della
legge sulle tasse di registro e bollo.
La copia d'un testamento pubblico non puo' essere spedita durante la
vita del testatore, tranne che a sua istanza, della quale si fa
menzione nella copia.
Art. 744 Copie o estratti da pubblici registri
I cancellieri e i depositari di pubblici registri sono tenuti,
eccettuati i casi determinati dalla legge, a spedire a chiunque ne
faccia istanza le copie e gli estratti degli atti giudiziari da essi
detenuti, sotto pena dei danni e delle spese.
Art. 745 Rifiuto o ritardo nel rilascio
Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei cancellieri o dei
depositari di cui all'articolo precedente, l'istante puo' ricorrere
al conciliatore, al pretore o al presidente del tribunale o della
corte presso cui il cancelliere o depositario esercita le sue
funzioni.
Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei pubblici depositari di
cui all'articolo 743, l'istante puo' ricorrere al presidente del
tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue
funzioni.
Il presidente, il pretore, o il conciliatore provvede con decreto,
sentito il pubblico ufficiale.
Art. 746 Collazione di copie
Chi ha ottenuto la copia di un atto pubblico a norma dell'articolo
743 ha diritto di collazionarla con l'originale in presenza del
depositario. Se questi si rifiuta, puo' ricorrere al pretore del
mandamento nel quale il depositario esercita le sue funzioni. Il
pretore, sentito il depositario, da' con decreto le disposizioni
opportune per la collazione e puo' eseguirla egli stesso recandosi
nell'ufficio del depositario.
Titolo IV: DEI PROCEDIMENTI RELATIVI ALL'APERTURA DELLE SUCCESSIONI
Capo I: DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 747 Autorizzazione alla vendita dei beni ereditari
L'autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso
diretto per i mobili al pretore e per gli immobili al tribunale del
luogo in cui si e' aperta la successione.
Nel caso in cui i beni appartengano a incapaci deve essere sentito
il giudice tutelare.
Il giudice provvede sul ricorso con decreto, contro il quale e'
ammesso reclamo a norma dell'articolo 739.
Se l'istanza di autorizzazione a vendere riguarda l'oggetto d'un
legato di specie, il ricorso deve essere notificato al legatario.
Art. 748 Forma della vendita
La vendita dei beni ereditari deve compiersi nelle forme previste
per la vendita dei beni dei minori.
Il giudice, quando occorre, fissa le modalita' per la conservazione
e il reimpiego del prezzo ricavato.
Art. 749 Procedimento per la fissazione dei termini
L'istanza per fissazione di un termine entro il quale una persona
deve emettere una dichiarazione o compiere un determinato atto, se
non e' proposta nel corso di un giudizio, si propone con ricorso al
pretore del luogo in cui si e' aperta la successione.
Il pretore fissa con decreto l'udienza di comparizione del
ricorrente e della persona alla quale il termine deve essere imposto
e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e il decreto
debbono essere notificati, a cura del ricorrente, alla persona
stessa.
Il pretore provvede con ordinanza, contro la quale e' ammesso
reclamo a norma dell'articolo 739. Il tribunale provvede con
ordinanza non impugnabile in camera di consiglio, previa audizione
degli interessati a norma del comma precedente.
Le stesse forme si osservano per chiedere la proroga di un termine
stabilito dalla legge. La proroga del termine stabilito dal giudice
si chiede al giudice stesso.
Art. 750 Provvedimenti del presidente del tribunale relativi alle
cauzioni e agli esecutori testamentari
L'istanza per l'imposizione di una cauzione a carico dell'erede o
del legatario, nei casi previsti dalla legge, e' proposta, quando
non vi e' giudizio pendente, con ricorso al presidente del tribunale
del luogo in cui si e' aperta la successione.
Il presidente fissa con decreto l'udienza di comparizione del
ricorrente e dell'erede o legatario davanti a se' e stabilisce il
termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere loro
notificati.
Il presidente stabilisce le modalita' e l'ammontare della cauzione
con ordinanza, contro la quale e' ammesso reclamo al presidente
della Corte d'appello a norma dell'articolo 739. Il presidente della
Corte d'appello provvede con ordinanza non impugnabile, previa
audizione degli interessati a norma del comma precedente.
Le stesse forme si osservano nei casi previsti negli articoli 708 e
710 del codice civile, relativamente agli esecutori testamentari.
Art. 751 Scelta dell'onerato
L'istanza per la scelta prevista nell'articolo 631, ultimo comma,
del codice civile e' proposta con ricorso, che deve essere
notificato a colui al quale spettava il diritto di scelta e
all'onerato.
La scelta e' fatta dal presidente del tribunale con decreto.
Capo II: DELL'APPOSIZIONE E DELLA RIMOZIONE DEI SIGILLI
Sezione I: DELL'APPOSIZIONE DEI SIGILLI
Art. 752 Giudice competente
All'apposizione dei sigilli procede il pretore.
Nei comuni in cui non ha sede il pretore, i sigilli possono essere
apposti in caso di urgenza, dal conciliatore. Il processo verbale e'
trasmesso immediatamente al pretore.
Art. 753 Persone che possono chiedere l'apposizione
Possono chiedere l'apposizione dei sigilli:
1) l'esecutore testamentario;
2) coloro che possono avere diritto alla successione;
3) le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della
morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o
alcuno di essi sono assenti dal luogo;
4) i creditori.
L'istanza si propone mediante ricorso, nel quale il proponente deve
dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha
sede la pretura.
Art. 754 Apposizione d'ufficio
L'apposizione dei sigilli e' disposta d'ufficio o su richiesta del
pubblico ministero nei casi seguenti:
1) se il coniuge o alcuno degli eredi e' assente dal luogo;
2) se tra gli eredi vi sono minori o interdetti e manca il tutore o
il curatore;
3) se il defunto e' stato depositario pubblico, oppure ha rivestito
cariche o funzioni per effetto delle quali si ritiene che possano
trovarsi presso di lui atti della pubblica amministrazione o
comunque di carattere riservato.
La disposizione di questo articolo non si applica nei casi indicati
nei numeri 1 e 2, se il defunto ha disposto altrimenti con
testamento.
Nel caso indicato nel numero 3 i sigilli si appongono soltanto sugli
oggetti depositati, o ai locali o mobili nei quali possono trovarsi
gli atti ivi enunciati.
Art. 755 Poteri del pretore
Se le porte sono chiuse, o si incontrano ostacoli all'apposizione
dei sigilli, o sorgono altre difficolta', tanto prima quanto durante
l'apposizione, il pretore puo' ordinare l'apertura delle porte e
dare gli altri provvedimenti opportuni.
Art. 756 Custodia delle chiavi
Le chiavi delle serrature, sulle quali sono stati apposti i sigilli,
finche' non sia ordinata la rimozione di questi, debbono essere
custodite dal cancelliere.
Art. 757 Conservazione di testamenti e di carte
Se nel procedere all'apposizione dei sigilli si trovano testamenti o
altre carte importanti, il pretore provvede alla conservazione di
essi.
Se non puo' provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale
descrive la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da
lui sigillato e sottoscritto in presenza delle parti, fissando il
giorno e l'ora in cui emettera' i provvedimenti ulteriori.
Art. 758 Cose su cui non si possono apporre sigilli e cose
deteriorabili
Se vi sono oggetti sui quali non e' possibile apporre i sigilli, o
che sono necessari all'uso personale di coloro che abitano nella
casa, se ne fa descrizione nel processo verbale.
Delle cose che possono deteriorarsi, il pretore puo' ordinare con
decreto la vendita immediata, incaricando un commissionario a norma
degli articoli 532 e seguenti.
Art. 759 Informazioni e nomina del custode
Durante le operazioni di apposizione dei sigilli, il pretore assume
le informazioni che ritiene opportune allo scopo di accertare che
nessuna cosa sia stata asportata.
Per la conservazione delle cose sigillate nomina un custode.
Art. 760 Apposizione di sigilli durante e dopo l'inventario
L'apposizione dei sigilli che viene chiesta durante l'inventario
puo' aver luogo soltanto per gli oggetti non inventariati.
Esaurito l'inventario, non si fa luogo all'apposizione dei sigilli,
salvo che l'inventario sia impugnato.
Art. 761 Accesso nei luoghi sigillati
Il pretore e il cancelliere non possono entrare nei luoghi chiusi
con l'apposizione dei sigilli, finche' non ne sia stata ordinata la
rimozione a norma dell'articolo 762, salvo che il pretore disponga
con decreto motivato l'accesso per urgenti motivi.
Sezione II: DELLA RIMOZIONE DEI SIGILLI
Art. 762 Termine
I sigilli non possono essere rimossi e l'inventario non puo' essere
eseguito se non dopo tre giorni dall'apposizione, salvo che il
pretore per cause urgenti stabilisca altrimenti con decreto
motivato.
Se alcuno degli eredi e' minore non emancipato, non si puo'
procedere alla rimozione dei sigilli finche' non gli sia stato
nominato un tutore o un curatore speciale.
Art. 763 Provvedimento di rimozione
La rimozione dei sigilli e' ordinata con decreto dal pretore su
istanza di alcuna delle persone indicate nell'articolo 753 numeri 1,
2 e 4.
Nei casi previsti nell'articolo 754 puo' essere ordinata anche
d'ufficio e, se ricorrano le ipotesi di cui ai numeri 2 e 3, la
rimozione deve essere seguita dall'inventario.
L'istanza e il decreto sono stesi di seguito al processo verbale di
apposizione.
Art. 764 Opposizione
Chiunque vi ha interesse puo' fare opposizione alla rimozione dei
sigilli con dichiarazione inserita nel processo verbale di
apposizione o con ricorso al pretore.
Il pretore fissa con decreto una udienza per la comparizione delle
parti e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto
stesso deve essere notificato a cura dell'opponente.
Il pretore provvede con ordinanza non impugnabile, e, se ordina la
rimozione, puo' disporre che essa sia seguita dall'inventario e puo'
dare le opportune cautele per la conservazione delle cose che sono
oggetto di contestazione.
Art. 765 Ufficiale procedente
La rimozione dei sigilli e' eseguita dall'ufficiale che puo'
procedere all'inventario a norma dell'articolo 769.
Se non occorre l'inventario, la rimozione e' eseguita dal
cancelliere della pretura. Nei comuni in cui non ha sede la pretura
la rimozione puo' essere eseguita dal cancelliere del conciliatore.
Art. 766 Avviso alle persone interessate
Non si puo' procedere alla rimozione dei sigilli senza che ne sia
stato dato avviso, nelle forme stabilite nell'articolo 772, alle
persone indicate nell'articolo 771.
Art. 767 Alterazioni nello stato dei sigilli
L'ufficiale che procede alla rimozione dei sigilli deve innanzitutto
riconoscerne lo stato.
Se trova in essi qualche alterazione, deve sospendere ogni
operazione ulteriore, facendone immediatamente rapporto al pretore,
il quale si trasferisce sul luogo per le verificazioni occorrenti e
per i provvedimenti necessari anche per la prosecuzione
dell'inventario.
Art. 768 Disposizione generale
Le disposizioni di questo capo si osservano in ogni altro caso in
cui si debba procedere ad apposizione o rimozione di sigilli, salvo
che la legge stabilisca altrimenti.
Capo III: DELL'INVENTARIO
Art. 769 Istanza
L'inventario puo' essere chiesto al pretore dalle persone che hanno
diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed e' eseguito dal
cancelliere della pretura o da un notaio designato dal defunto con
testamento o nominato dal pretore.
L'istanza si propone con ricorso, nel quale il richiedente deve
dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha
sede la pretura.
Il pretore provvede con decreto.
Art. 770 Inventario da eseguirsi dal notaio
Quando all'inventario deve procedere un notaio, il cancelliere gli
consegna, ritirandone ricevuta:
1) le chiavi da lui custodite a norma dell'articolo 756;
2) copia del processo verbale di apposizione dei sigilli,
dell'istanza e del decreto di rimozione;
3) una nota delle opposizioni che sono state proposte con
indicazione del nome, cognome degli opponenti e della loro residenza
o del domicilio da essi eletto.
La copia indicata nel numero 2 e la nota indicata nel numero 3 sono
unite all'inventario.
Art. 771 Persone che hanno diritto ad assistere all'inventario
Hanno diritto ad assistere alla formazione dell'inventario:
1) il coniuge superstite;
2) gli eredi legittimi presunti;
3) l'esecutore testamentario, gli eredi istituiti e i legatari;
4) i creditori che hanno fatto opposizione alla rimozione dei
sigilli.
Art. 772 Avviso dell'inizio dell'inventario
L'ufficiale che procede all'inventario deve dare avviso, almeno tre
giorni prima, alle persone indicate nell'articolo precedente del
luogo, giorno e ora in cui dara' inizio alle operazioni.
L'avviso non e' necessario per le persone che non hanno residenza o
non hanno eletto domicilio nella circoscrizione del tribunale, nella
quale si procede all'inventario; ma in loro vece deve essere
avvertito il notaio che, su istanza di chi ha chiesto l'inventario,
e' nominato con decreto dal pretore per rappresentarli.
Art. 773 Nomina di stimatore
L'ufficiale che procede all'inventario nomina, quando occorre, uno o
piu' stimatori per la valutazione degli oggetti mobili.
Art. 774 Rinvio delle operazioni
Quando l'inventario non puo' essere ultimato nel giorno del suo
inizio, l'ufficiale che vi procede ne rinvia la continuazione a un
giorno prossimo, avvertendone verbalmente le parti presenti.
Art. 775 Processo verbale d'inventario
Il processo verbale d'inventario contiene:
1) la descrizione degli immobili, mediante l'indicazione della loro
natura, della loro situazione, dei loro confini e dei numeri del
catasto e delle mappe censuarie;
2) la descrizione e la stima dei mobili, con la specificazione del
peso o del marchio per gli oggetti d'oro e d'argento;
3) l'indicazione della quantita' e specie delle monete per il danaro
contante;
4) l'indicazione delle altre attivita' e passivita';
5) la descrizione delle carte, scritture e note relative allo stato
attivo e passivo, le quali debbono essere firmate in principio e in
fine dall'ufficiale procedente. Lo stesso ufficiale deve accertare
sommariamente lo stato dei libri e dei registri di commercio,
firmarne i fogli, e lineare gli intervalli.
Se alcuno degli interessati contesta l'opportunita' d'inventariare
qualche oggetto, l'ufficiale lo descrive nel processo verbale,
facendo menzione delle osservazioni e istanze delle parti.
Art. 776 Consegna delle cose mobili inventariate
Le cose mobili e le carte inventariate sono consegnate alla persona
indicata dalle parti interessate, o, in mancanza, nominata con
decreto del pretore, su istanza di una delle parti, sentite le
altre.
Art. 777 Applicabilita' delle norme agli altri casi di inventario
Le disposizioni contenute in questo capo (sezione) si applicano a
ogni inventario ordinato dalla legge, salve le formalita' speciali
stabilite dal codice civile per l'inventario dei beni dei minori.
Capo IV: DEL BENEFICIO DI INVENTARIO
Art. 778 Reclami contro lo stato di graduazione
I reclami contro lo stato di graduazione previsti nell'articolo 501
del codice civile sono proposti al pretore o al tribunale competente
per valore del luogo dell'aperta successione.
Il valore della causa e' determinato da quello dell'attivo
ereditario calcolato sulla stima di inventario dei mobili e a norma
dell'articolo 15 per gli immobili.
I reclami si propongono con citazione da notificarsi all'erede e a
coloro i cui diritti sono contestati, e sono decisi in unico
giudizio.
Art. 779 Istanza di liquidazione proposta dai creditori e legatari
L'istanza dei creditori e legatari prevista nell'articolo 509 del
codice civile si propone con ricorso.
Il pretore fissa con decreto l'udienza di comparizione dell'erede e
di coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito. Il
decreto e' comunicato alle parti dal cancelliere.
Il pretore provvede sull'istanza con ordinanza, contro la quale e'
ammesso reclamo a norma dell'articolo 739. Il tribunale provvede con
ordinanza non impugnabile in camera di consiglio, previa audizione
degli interessati a norma del comma precedente.
L'istanza di nomina non puo' essere accolta e la nomina avvenuta
deve essere revocata in sede di reclamo, se alcuno dei creditori si
oppone e dichiara di voler far valere la decadenza dell'erede dal
beneficio d'inventario.
Se l'erede contesta l'esistenza delle condizioni previste
nell'articolo 509 del codice civile, il pretore rimette le parti
davanti al giudice competente, fissando un termine perentorio per la
riassunzione e disponendo gli opportuni mezzi conservativi, compresa
eventualmente la nomina del curatore.
Articolo cosi' sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 780 Domanda dell'erede contro l'eredita'
Le domande dell'erede con beneficio d'inventario contro l'eredita'
sono proposte contro gli altri eredi. Se non vi sono eredi o se
tutti propongono la stessa domanda, il giudice nomina un curatore in
rappresentanza dell'eredita'.
Capo V: DEL CURATORE DELL'EREDITA' GIACENTE
Art. 781 Notificazione del decreto di nomina
Il decreto di nomina del curatore dell'eredita' giacente e'
notificato alla persona nominata a cura del cancelliere, nel termine
stabilito nello stesso decreto.
Art. 782 Vigilanza del pretore
L'amministrazione del curatore si svolge sotto la vigilanza del
pretore. Questi, quando lo crede opportuno, puo' prefiggere, con
decreto, termini per la presentazione dei conti della gestione, e
puo' in ogni tempo revocare o sostituire il curatore.
Gli atti del curatore che eccedono l'ordinaria amministrazione
debbono essere autorizzati dal pretore.
Art. 783 Vendita di beni ereditari
La vendita di beni mobili deve essere promossa dal curatore nei
trenta giorni successivi alla formazione dell'inventario, salvo che
il pretore, con decreto motivato, non disponga altrimenti.
La vendita dei beni immobili puo' essere autorizzata dal tribunale
con decreto in camera di consiglio soltanto nei casi di necessita' o
utilita' evidente.
Titolo V: DELLO SCIOGLIMENTO DI COMUNIONI
Art. 784 Litisconsorzio necessario
Le domande di divisione ereditaria o di scioglimento di qualsiasi
altra comunione debbono proporsi in confronto di tutti gli eredi o
condomini e dei creditori opponenti se vi sono.
Art. 785 Pronuncia sulla domanda di divisione
Se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione, essa e'
disposta con ordinanza dal giudice istruttore; altrimenti questi
provvede a norma dell'articolo 187.
Art. 786 Direzione delle operazioni
Le operazioni di divisione sono dirette dal giudice istruttore, il
quale, anche nel corso di esse, puo' delegarne la direzione a un
notaio.
Art. 787 Vendita di mobili
Quando occorre procedere alla vendita di mobili, censi o rendite, il
giudice istruttore o il notaio delegato procede a norma degli
articoli 534 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessita'
della vendita.
Se sorge controversia, la vendita non puo' essere disposta se non
con sentenza del collegio.
Art. 788 Vendita di immobili
Quando occorre procedere alla vendita di immobili, il giudice
istruttore provvede con ordinanza a norma degli articoli 576 e
seguenti, se non sorge controversia sulla necessita' della vendita.
Se sorge controversia, la vendita non puo' essere disposta se non
con sentenza del collegio.
L'incanto si svolge davanti al giudice istruttore che, quando
occorre, puo' disporre altri incanti a norma dell'articolo 591.
Quando le operazioni sono affidate a un notaio, questi provvede
direttamente alla vendita, a norma delle disposizioni del presente
articolo.
Art. 789 Progetto di divisione e contestazioni su di esso
Il giudice istruttore predispone un progetto di divisione che
deposita in cancelleria e fissa con decreto l'udienza di discussione
del progetto, ordinando la comparizione dei condividenti e dei
creditori intervenuti.
Il decreto e' comunicato alle parti.
Se non sorgono contestazioni, il giudice istruttore, con ordinanza
non impugnabile, dichiara esecutivo il progetto, altrimenti provvede
a norma dell'articolo 187.
In ogni caso il giudice istruttore da' con ordinanza le disposizioni
necessarie per l'estrazione a sorte dei lotti.
Art. 790 Operazioni davanti al notaio
Se a dirigere le operazioni di divisione e' stato delegato un
notaio, questi da' avviso, almeno cinque giorni prima, ai
condividenti e ai creditori intervenuti del luogo, giorno e ora in
cui le operazioni avranno inizio.
Le operazioni si svolgono alla presenza delle parti, assistite, se
lo richiedono e a loro spese, dai propri procuratori.
Se nel corso delle operazioni sorgono contestazioni in ordine alle
stesse, il notaio redige apposito processo verbale che trasmette al
giudice istruttore.
Questi fissa con decreto un'udienza per la comparizione delle parti,
alle quali il decreto stesso e' comunicato dal cancelliere.
Sulle contestazioni il giudice provvede con ordinanza.
Art. 791 Progetto di divisione formato dal notaio
Il notaio redige unico processo verbale delle operazioni effettuate.
Formato il progetto delle quote e dei lotti, se le parti non si
accordano su di esso, il notaio trasmette il processo verbale al
giudice istruttore, entro cinque giorni dalla sottoscrizione.
Il giudice provvede come al penultimo comma dell'articolo precedente
per la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti e quindi
emette i provvedimenti di sua competenza a norma dell'articolo 187.
L'estrazione dei lotti non puo' avvenire se non in base a ordinanza
del giudice, emessa a norma dell'articolo 789 ultimo comma o a
sentenza passata in giudicato.
Titolo VI: DEL PROCESSO DI LIBERAZIONE DEGLI IMMOBILI DALLE IPOTECHE
Art. 792 Deposito del prezzo
L'acquirente che ha dichiarato al precedente proprietario e ai
creditori iscritti di volere liberare l'immobile acquistato dalle
ipoteche deve chiedere, con ricorso al presidente del tribunale
competente per la espropriazione, la determinazione dei modi per il
deposito del prezzo offerto. Il presidente provvede con decreto.
Se non sono state fatte richieste di espropriazione nei quaranta
giorni successivi alla notificazione della dichiarazione al
precedente proprietario e ai creditori iscritti, l'acquirente, nel
termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione, deve
depositare nei modi prescritti dal presidente del tribunale il
prezzo offerto e presentare nella cancelleria il certificato del
deposito, il titolo d'acquisto col certificato di trascrizione, un
estratto autentico dello stato ipotecario e l'originale dell'atto
notificato al precedente proprietario e ai creditori iscritti.
Art. 793 Convocazione dei creditori
Su presentazione da parte del cancelliere dei documenti indicati
nell'articolo precedente, il presidente designa con decreto un
giudice per il procedimento e fissa l'udienza di comparizione
dell'acquirente, del precedente proprietario e dei creditori
iscritti, e stabilisce il termine perentorio entro il quale il
decreto deve essere notificato alle altre parti, a cura
dell'acquirente.
Art. 794 Provvedimenti del giudice
All'udienza il giudice, accertata la regolarita' del deposito e
degli atti del procedimento, dispone con ordinanza la cancellazione
delle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del titolo
dell'acquirente che ha chiesto la liberazione, e quindi provvede
alla distribuzione del prezzo a norma degli articoli 596 e seguenti.
Art. 795 Espropriazione
Se e' fatta istanza di espropriazione, il giudice, verificate le
condizioni stabilite dalla legge per l'ammissibilita' di essa,
dispone con decreto che si proceda a norma degli articoli 567 e
seguenti.
La vendita non puo' essere fatta che all'incanto a norma degli
articoli 576 e seguenti.
L'incanto si apre sul prezzo offerto dal creditore istante.
Alla distribuzione della somma ricavata partecipano, oltre ai
creditori privilegiati e ipotecari, i creditori dell'acquirente.
Quest'ultimo ha diritto di essere collocato nella graduazione con
privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di
liberazione.
Titolo VII: DELL'EFFICACIA DELLE SENTENZE STRANIERE E
DELL'ESECUZIONE DI ALTRI ATTI DI AUTORITA' STRANIERE
Art. 796 Giudice competente
Chi vuol far valere nella Repubblica una sentenza straniera deve
proporre domanda mediante citazione davanti alla Corte d'appello del
luogo in cui la sentenza deve avere attuazione.
La dichiarazione di efficacia puo' essere chiesta in via
diplomatica, quando cio' e' consentito dalle convenzioni
internazionali oppure dalla reciprocita'. In questo caso, se la
parte interessata non ha costituito un procuratore, il presidente
della Corte d'appello, su richiesta del pubblico ministero, nomina
un curatore speciale per proporre la domanda.
L'intervento del pubblico ministero e' sempre necessario.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 797 Condizioni per la dichiarazione di efficacia
La Corte d'appello dichiara con sentenza l'efficacia nella
Repubblica della sentenza straniera quando accerta:
1) che il giudice dello Stato nel quale la sentenza e' stata
pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla
competenza giurisdizionale vigenti nell'ordinamento italiano;
2) che la citazione e' stata notificata in conformita' alla legge
del luogo dove si e' svolto il giudizio ed e' stato in essa
assegnato un congruo termine a comparire;
3) che le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del
luogo o la contumacia e' stata accertata e dichiarata validamente in
conformita' della stessa legge;
4) che la sentenza e' passata in giudicato secondo la legge del
luogo in cui e' stata pronunciata;
5) che essa non e' contraria ad altra sentenza pronunciata da un
giudice italiano;
6) che non e' pendente davanti a un giudice italiano un giudizio per
il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del
passaggio in giudicato della sentenza straniera;
7) che la sentenza non contiene disposizioni contrarie all'ordine
pubblico italiano.
Ai fini dell'attuazione il titolo e' costituito dalla sentenza
straniera e da quella della Corte d'appello che ne dichiara
l'efficacia.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 798 Riesame del merito
Su domanda del convenuto la Corte di appello procede al riesame del
merito della causa, quando la sentenza e' stata pronunciata in
contumacia, o quando ricorre alcuno dei casi indicati nei numeri 1,
2, 3, 4 e 6 dell'articolo 395.
In questi casi la corte, secondo i risultati della istruzione e
della discussione, decide sul merito, oppure dichiara l'efficacia
della sentenza straniera.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 799 Dichiarazione di efficacia in giudizio pendente
La sentenza straniera puo' essere fatta valere anche in corso di
giudizio, quando il giudice di questo accerta che ricorrono le
condizioni indicate nell'articolo 797. Tale accertamento produce
effetti soltanto nel giudizio in cui la sentenza straniera e' fatta
valere. Ma, se vi procede la Corte d'appello competente a norma
dell'articolo 796, l'efficacia della sentenza puo' essere, su
istanza di parte, espressamente dichiarata a tutti gli effetti.
Se la parte contro la quale e' fatta valere la sentenza domanda il
riesame del merito a norma dell'articolo precedente, il giudice
sospende il procedimento e fissa un termine perentorio per proporre
la domanda di riesame davanti alla Corte d'appello competente.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
Legge 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 800 Sentenze arbitrali straniere
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche alle
sentenze arbitrali straniere, pronunciate tra stranieri o tra uno
straniero e un cittadino oppure tra cittadini domiciliati o
residenti all'estero, purche' non riguardino le controversie che non
possono formare oggetto di compromesso a norma dell'articolo 806 e,
secondo la legge del luogo in cui sono state pronunciate, abbiano
efficacia di una sentenza dell'autorita' giudiziaria.
Articolo abrogato dall'art. 24, L. 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 801 Provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione
Agli atti di giudici stranieri in materia di volontaria
giurisdizione, quando si vuole farli valere in Italia, e' attribuita
efficacia nella Repubblica a norma degli articoli 796 e 797 in
quanto applicabili.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 802 Assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri
Le sentenze e i provvedimenti di giudici stranieri riguardanti esami
di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti, interrogatori o
altri mezzi di prova da assumersi nelle Repubblica sono resi
esecutivi con decreto della Corte d'appello del luogo in cui si deve
procedere a tali atti, sentito il pubblico ministero.
Se l'assunzione dei mezzi di prova e' chiesta dalla parte
interessata, l'istanza e' proposta alla Corte mediante ricorso, al
quale deve essere unita copia autentica della sentenza o del
provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti.
Se l'assunzione e' domandata dallo stesso giudice, la richiesta deve
essere trasmessa in via diplomatica.
La Corte delibera in camera di consiglio e, qualora autorizzi
l'assunzione, rimette gli atti al giudice competente.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
Legge 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 803 Esecuzione richiesta in via diplomatica
Se la richiesta per l'assunzione di mezzi di prova di atti di
istruzione e' fatta in via diplomatica e la parte interessata non ha
costituito un procuratore che ne promuova l'assunzione, i
provvedimenti necessari per questa sono pronunciati d'ufficio dal
giudice procedente, e le notificazioni sono fatte a cura del
cancelliere.
Quando i mezzi richiesti lo esigono, lo stesso giudice puo' nominare
d'ufficio un procuratore che rappresenti la parte interessata.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 804 Atti pubblici ricevuti all'estero
L'efficacia esecutiva nella Repubblica degli atti contrattuali
ricevuti da pubblico ufficiale in paese estero e' dichiarata con
sentenza della Corte d'appello del luogo in cui l'atto deve
eseguirsi, previo accertamento che l'atto ha forza esecutiva nel
paese estero nel quale e' stato ricevuto e che non contiene
disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 805 Notificazione di atti giudiziari di autorita' straniere
La notificazione di citazioni a comparire davanti ad autorita'
straniere o di altri atti provenienti da uno stato estero e'
autorizzata dal pubblico ministero presso il tribunale, nella cui
giurisdizione la notificazione si deve eseguire.
La notificazione richiesta in via diplomatica e' eseguita, a cura
del pubblico ministero, da un ufficiale giudiziario da lui
richiesto.
Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Titolo VIII: DELL'ARBITRATO
Capo I: DEL COMPROMESSO E DELLA CLAUSOLA COMPROMISSORIA
Art. 806 Compromesso
Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro
insorte, tranne quelle previste negli articoli 409 e 442, quelle che
riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi
e le altre che non possono formare oggetto di transazione.
Art. 807 Forma del compromesso
Il compromesso deve, a pena di nullita', essere fatto per iscritto e
determinare l'oggetto della controversia.
La forma scritta s'intende rispettata anche quando la volonta' delle
parti e' espressa per telegrafo o telescrivente (1).
Al compromesso si applicano le disposizioni che regolano la
validita' dei contratti eccedenti l'ordinaria amministrazione.
(1) Comma aggiunto dall'art. 2, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 808 Clausola compromissoria
Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono
stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano
decise da arbitri, purche' si tratti di controversie che possono
formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve
risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso ai
sensi dell'art. 807, commi 1° e 2°.
Le controversie di cui all'articolo 409 possono essere decise da
arbitri solo se cio' sia previsto nei contratti e accordi collettivi
di lavoro, purche' cio' avvenga, a pena di nullita', senza
pregiudizio della facolta' delle parti di adire l'autorita'
giudiziaria. La clausola compromissoria contenuta in contratti o
accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro e' nulla ove
autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equita' ovvero dichiari
il lodo non impugnabile.
La validita' della clausola compromissoria deve essere valutata in
modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia,
il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire
la clausola compromissoria.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 3, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 809 Numero e modo di nomina degli arbitri
Gli arbitri possono essere uno o piu', purche' in numero dispari.
Il compromesso o la clausola compromissoria deve contenere la nomina
degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di
nominarli.
In caso di indicazione di un numero pari di arbitri, l'ulteriore
arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, e' nominato
dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810.
Qualora manchi l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non
si accordino a riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di
nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il
presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810 (1).
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 4, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Capo II: DEGLI ARBITRI
Art. 810 Nomina degli arbitri
Quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria gli
arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con
atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, puo' rendere noto
all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a
procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale e'
rivolto l'invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le
generalita' dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati.
In mancanza, la parte che ha fatto l'invito puo' chiedere, mediante
ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella
cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno
ancora determinato tale sede, il ricorso e' presentato al presidente
del tribunale del luogo in cui e' stato stipulato il compromesso o
il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria
oppure, se tale luogo e' all'estero, al presidente del tribunale di
Roma. Il presidente, sentita, quando occorre, l'altra parte,
provvede con ordinanza non impugnabile (1).
La stessa disposizione si applica se la nomina di uno o piu' arbitri
sia dal compromesso o dalla clausola compromissoria demandata
all'autorita' giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi
non vi abbia provveduto.
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 5, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 811 Sostituzione di arbitri
Quando per qualsiasi motivo vengano a mancare tutti o alcuni degli
arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto
e' stabilito per la loro nomina nel compromesso o nella clausola
compromissoria. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede
o se il compromesso o la clausola compromissoria nulla dispongono al
riguardo, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.
Art. 812 Capacita' di essere arbitro
Gli arbitri possono essere sia cittadini italiani sia stranieri (1).
Non possono essere arbitri i minori, gli interdetti, gli
inabilitati, i falliti, e coloro che sono sottoposti a interdizione
dai pubblici uffici.
(1) Comma cosi' sostituito dalla Legge 9 febbraio 1983, n. 28.
Art. 813 Accettazione e obblighi degli arbitri
L'accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e puo'
risultare dalla sottoscrizione del compromesso.
Gli arbitri debbono pronunciare il lodo entro il termine stabilito
dalle parti o dalla legge; in mancanza, nel caso di annullamento del
lodo per questo motivo, sono tenuti al risarcimento dei danni. Sono
egualmente tenuti al risarcimento dei danni se dopo l'accettazione
rinunciano all'incarico senza giustificato motivo.
Se le parti non hanno diversamente convenuto, l'arbitro che omette o
ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, puo' essere
sostituito d'accordo tra le parti o dal terzo a cio' incaricato dal
compromesso o dalla clausola compromissoria. In mancanza, decorso il
termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo
di lettera raccomandata all'arbitro per ottenere l'atto, ciascuna
delle parti puo' proporre ricorso al presidente del tribunale nella
cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato. Il presidente, sentite
le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, ove accerti
l'omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell'arbitro e
provvede alla sua sostituzione.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 6, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 814 Diritti degli arbitri
Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per
l'opera prestata, salvo che vi abbiano rinunciato al momento
dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono
tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro.
Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle
spese e dell'onorario, tale liquidazione non e' vincolante per le
parti se esse non l'accettano. In tal caso l'ammontare delle spese e
dell'onorario e' determinato con ordinanza non impugnabile dal
presidente del tribunale indicato nell'articolo 810 secondo comma,
su ricorso degli arbitri e sentite le parti.
L'ordinanza e' titolo esecutivo contro le parti.
Art. 815 Ricusazione degli arbitri
La parte puo' ricusare l'arbitro, che essa non ha nominato, per i
motivi indicati nell'articolo 51.
La ricusazione e' proposta mediante ricorso al presidente del
tribunale indicato nell'articolo 810, secondo comma, entro il
termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina
o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il
presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito
l'arbitro ricusato e assunte, quando occorre, sommarie informazioni
(1).
(1) Comma cosi' sostituito dall'art. 7, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Capo III: DEL PROCEDIMENTO
Art. 816 Svolgimento del procedimento
Le parti determinano la sede dell'arbitrato nel territorio della
Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri nella loro prima
riunione.
Le parti possono stabilire nel compromesso, nella clausola
compromissoria o con atto scritto separato, purche' anteriore
all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono
osservare nel procedimento.
In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facolta' di regolare lo
svolgimento del giudizio nel modo che ritengono piu' opportuno.
Essi debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per
presentare documenti e memorie, e per esporre le loro repliche.
Gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri ad uno
di essi.
Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento
gli arbitri provvedono con ordinanza non soggetta a deposito e
revocabile tranne che nel caso previsto nell'articolo 819.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 8, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 817 Eccezione d'incompetenza
La parte, che non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che
le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti del
compromesso o della clausola compromissoria, non puo', per questo
motivo, impugnare di nullita' il lodo.
Articolo cosi' modificato dall'art. 9, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 818 Provvedimenti cautelari
Gli arbitri non possono concedere sequestri, ne' altri provvedimenti
cautelari.
Il giudice, che ha concesso un sequestro relativamente a una
controversia compromessa in arbitri, pronuncia anche sulla convalida
di esso, senza pregiudizio della causa di merito. Lo stesso giudice,
quando e' intervenuta la pronuncia degli arbitri, provvede
all'eventuale revoca del sequestro (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 89, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 819 Questioni incidentali
Se nel corso del procedimento sorge una questione che per legge non
puo' costituire oggetto di giudizio arbitrale, gli arbitri, qualora
ritengano che il giudizio ad essi affidato dipende dalla definizione
di tale questione, sospendono il procedimento.
Fuori di tali ipotesi gli arbitri decidono tutte le questioni
insorte nel giudizio arbitrale.
Nel caso previsto dal primo comma il termine stabilito nell'articolo
820 resta sospeso fino al giorno in cui una delle parti notifichi
agli arbitri la sentenza passata in giudicato che ha deciso la causa
incidentale; ma se il termine che resta a decorrere ha una durata
inferiore a sessanta giorni, e' prorogato di diritto fino a
raggiungere i sessanta giorni.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 10, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 819 bis Connessione
La competenza degli arbitri non e' esclusa dalla connessione tra la
controversia ad essi deferita ed una causa pendente dinanzi al
giudice.
Articolo aggiunto dall'art. 11, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 819 ter Assunzione delle testimonianze
Gli arbitri possono assumere direttamente presso di se' la
testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del
testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo
ufficio. Possono altresi' deliberare di assumere la deposizione
richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti
nel termine che essi stessi stabiliscono.
Articolo aggiunto dall'art. 12, L. 5 gennaio 1994, n. 25.
Capo IV: DEL LODO
Rubrica cosi' sostituita dall'art. 15, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 820 Termini per la decisione
Se le parti non hanno disposto altrimenti, gli arbitri debbono
pronunciare il lodo nel termine di centottanta giorni
dall'accettazione della nomina. Se gli arbitri sono piu' e
l'accettazione non e' avvenuta contemporaneamente da parte di tutti,
il termine decorre dall'ultima accettazione. Il termine e' sospeso
quando e' proposta istanza di ricusazione e fino alla pronuncia su
di essa, ed e' interrotto quando occorre procedere alla sostituzione
degli arbitri.
Quando debbono essere assunti mezzi di prova o sia stato pronunciato
lodo non definitivo, gli arbitri possono prorogare per una sola
volta il termine e per non piu' di centottanta giorni.
Nel caso di morte di una delle parti il termine e' prorogato di
trenta giorni.
Le parti, d'accordo, possono consentire con atto scritto la proroga
del termine.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 13, L. 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 821 Rilevanza del decorso del termine
Il decorso del termine indicato nell'articolo precedente non puo'
essere fatto valere come causa di nullita' del lodo se la parte,
prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo
sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato
alla altre parti e agli arbitri che intende far valere la loro
decadenza.
Articolo cosi' modificato dall'art. 14, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 822 Norme per la deliberazione (.)
Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti
li abbiano autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare
secondo equita'.
Art. 823 Deliberazione e requisiti del lodo
Il lodo e' deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti in
conferenza personale ed e' quindi redatto per iscritto.
Esso deve contenere:
1) l'indicazione delle parti;
2) l'indicazione dell'atto di compromesso o della clausola
compromissoria e dei requisiti relativi;
3) l'esposizione sommaria dei motivi;
4) il dispositivo;
5) l'indicazione della sede dell'arbitrato e del luogo o del modo in
cui e' stato deliberato (1);
6) la sottoscrizione di tutti gli arbitri, con l'indicazione del
giorno, mese ed anno in cui e' apposta; la sottoscrizione puo'
avvenire anche in luogo diverso da quello della deliberazione ed
anche all'estero; se gli arbitri sono piu' di uno, le varie
sottoscrizioni, senza necessita' di ulteriore conferenza personale,
possono avvenire in luoghi diversi (2).
Tuttavia e' valido il lodo sottoscritto dalla maggioranza degli
arbitri, purche' si dia atto che esso e' stato deliberato in
conferenza personale di tutti, con l'espressa dichiarazione che gli
altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo.
Il lodo ha efficacia vincolante tra le parti dalla data della sua
ultima sottoscrizione (3).
(1) Numero cosi' sostituito dall'art. 16, L. 5 gennaio 1994, n. 25.
(2) Numero cosi' sostituito dalla L. 9 febbraio 1983, n. 28.
(3) Comma aggiunto dalla L. 9 febbraio 1983, n. 28.
Art. 824 Luogo di pronuncia
Il lodo deve essere pronunciato nel territorio della Repubblica.
Articolo abrograto dall'art. 16, L. 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 825 Deposito del lodo
Gli arbitri redigono il lodo in tanti originali quante sono le parti
e ne danno comunicazione a ciascuna parte, mediante consegna di un
originale, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci
giorni dalla data dell'ultima sottoscrizione.
La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della
Repubblica e' tenuta a depositarlo in originale o in copia conforme,
insieme con l'atto di compromesso o con l'atto contenente la
clausola compromissoria o con documento equipollente, in originale o
in copia conforme, nella cancelleria della pretura nella cui
circoscrizione e' la sede dell'arbitrato.
Il pretore, accertata la regolarita' formale del lodo, lo dichiara
esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo e' soggetto a
trascrizione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a
trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto.
Del deposito e del provvedimento del pretore e' data notizia dalla
cancelleria alle parti nei modi stabiliti nell'articolo 133, secondo
comma.
Contro il decreto del pretore che nega l'esecutorieta' del lodo e'
ammesso reclamo mediante ricorso al tribunale, entro trenta giorni
dalla comunicazione; il tribunale, sentite le parti, provvede in
camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 17, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 826 Correzione del lodo (1)
Il lodo puo' essere corretto, su istanza di parte, dagli stessi
arbitri che lo hanno pronunziato, qualora questi siano incorsi in
omissioni o in errori materiali o di calcolo.
Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro venti giorni. Del
provvedimento e' data comunicazione alle parti, anche con spedizione
in plico raccomandato, entro 10 dieci giorni dalla data dell'ultima
sottoscrizione.
Se il lodo e' gia' stato depositato, la correzione e' richiesta al
pretore del luogo in cui lo stesso e' depositato. Si applica le
disposizioni dell'art. 288 in quanto compatibili.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 18, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
(1) Rubrica cosi' sostituita dall'art. 13, Legge 5 gennaio 1994, n.
25.
Capo V: DELLE IMPUGNAZIONI
Art. 827 Mezzi di impugnazione
Il lodo e' soggetto soltanto all'impugnazione per nullita', per
revocazione o per opposizione di terzo.
I mezzi di impugnazione possono essere proposti indipendentemente
dal deposito del lodo.
Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia e'
immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle
questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale e'
impugnabile solo unitamente al lodo definitivo.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 19, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 828 Impugnazione per nullita'
L'impugnazione per nullita' si propone, nel termine di novanta
giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d'appello
nella cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato.
L'impugnazione non e' piu' proponibile decorso un anno dalla data
dell'ultima sottoscrizione.
L'istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per
l'impugnazione; tuttavia il lodo puo' essere impugnato relativamente
alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla
notificazione della pronuncia di correzione.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 20, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 829 Casi di nullita'
L'impugnazione per nullita' e' ammessa, nonostante qualunque
rinuncia, nei casi seguenti:
1) se il compromesso e' nullo;
2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi
prescritti nei capi I e II del presente titolo, purche' la nullita'
sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;
3) se il lodo e' stato pronunciato da chi non poteva essere nominato
arbitro a norma dell'articolo 812;
4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non
ha pronunciato su alcuno degli oggetti del compromesso o contiene
disposizioni contraddittorie, salva la disposizione dell'articolo
817;
5) se il lodo non contiene i requisiti indicati nei numeri 3, 4, 5 e
6 del secondo comma dell'articolo 823, salvo il disposto del terzo
comma di detto articolo;
6) se il lodo e' stato pronunciato dopo la scadenza del termine
indicato nell'articolo 820, salvo il disposto dell'articolo 821;
7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte
per i giudizi sotto pena di nullita', quando le parti ne avevano
stabilita l'osservanza a norma dell'articolo 816 e la nullita' non
e' stata sanata;
8) se il lodo e' contrario ad altro precedente lodo non piu'
impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le
parti, purche' la relativa eccezione sia stata dedotta nel giudizio
arbitrale;
9) se non e' stato osservato nel procedimento arbitrale il principio
del contraddittorio.
L'impugnazione per nullita' e' altresi' ammessa se gli arbitri nel
giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le
parti li avessero autorizzati a decidere secondo equita', o avessero
dichiarato il lodo non impugnabile.
Nel caso previsto nell'articolo 808, secondo comma, il lodo e'
soggetto all'impugnazione anche per violazione e falsa applicazione
dei contratti e accordi collettivi.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 21, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 830 Decisione sull'impugnazione per nullita'
La corte d'appello, quando accoglie l'impugnazione, dichiara con
sentenza la nullita' del lodo; qualora il vizio incida soltanto su
una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la
nullita' parziale del lodo.
Salvo volonta' contraria di tutte le parti, la corte d'appello
pronuncia anche sul merito, se la causa e' in condizione di essere
decisa, ovvero rimette con ordinanza la causa all'istruttore, se per
la decisione del merito e' necessaria una nuova istruzione.
In pendenza del giudizio, su istanza di parte, la corte d'appello
puo' sospendere con ordinanza l'esecutorieta' del lodo.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 22, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 831 Revocazione ed opposizione di terzo
Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, e' soggetto a revocazione
nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6) dell'articolo 395,
osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo.
Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso del
processo di impugnazione per nullita', il termine per la
proposizione della domanda di revocazione e' sospeso fino alla
comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla nullita'.
Il lodo e' soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati
nell'articolo 404.
Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si
propongono davanti alla corte d'appello nella cui circoscrizione e'
la sede dell'arbitrato.
La corte d'appello puo' riunire le impugnazioni per nullita', per
revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, salvo
che lo stato della causa preventivamente proposta non consenta
l'esauriente trattazione e decisione delle altre cause.
Articolo cosi' sostituito dall'art. 23, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Capo VI: DELL'ARBITRATO INTERNAZIONALE
(Capo aggiunto dall'art. 24, Legge 5 gennaio 1994, n. 25)
Art. 832 Arbitrato internazionale
Qualora alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria
o del compromesso almeno una delle parti risieda o abbia la propria
sede effettiva all'estero oppure qualora debba essere eseguita
all'estero una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal
rapporto al quale la controversia si riferisce, le disposizioni dei
capi da I a V del presente titolo si applicano all'arbitrato in
quanto non derogate dal presente capo.
Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni
internazionali.
Art. 833 Forma della clausola compromissoria
La clausola compromissoria contenuta in condizioni generali di
contratto oppure in moduli o formulari non e' soggetta
all'approvazione specifica prevista dagli articoli 1341 e 1342 del
codice civile.
E' valida la clausola compromissoria contenuta in condizioni
generali che siano recepite in un accordo scritto delle parti,
purche' le parti abbiano avuto conoscenza della clausola o avrebbero
dovuto conoscerla usando l'ordinaria diligenza.
Art. 834 Norme applicabili al merito
Le parti hanno facolta' di stabilire d'accordo tra loro le norme che
gli arbitri debbono applicare al merito della controversia oppure di
disporre che gli arbitri pronuncino secondo equita'. Se le parti non
provvedono, si applica la legge con la quale il rapporto e' piu'
strettamente collegato.
In entrambi i casi gli arbitri tengono conto delle indicazioni del
contratto e degli usi del commercio.
Art. 835 Lingua dell'arbitrato
Se le parti non hanno diversamente convenuto, la lingua del
procedimento e' determinata dagli arbitri, tenuto conto delle
circostanze.
Art. 836 Ricusazione degli arbitri
La ricusazione degli arbitri e' regolata dall'art. 815, se le parti
non hanno diversamente convenuto.
Art. 837 Deliberazione del lodo
Il lodo e' deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti in
conferenza personale, anche videotelefonica, salvo che le parti
abbiano deliberato diversamente, ed e' quindi redatto per iscritto.
Art. 838 Impugnazione
All'arbitrato internazionale non si applicano le disposizioni
dell'articolo 829, secondo comma, dell'articolo 830, secondo comma,
e dell'articolo 831 se le parti non hanno diversamente convenuto.
Capo VII: DEI LODI STRANIERI
(Capo aggiunto dall'art. 24, Legge 5 gennaio 1994, n. 25)
Art. 839 Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri
Chi vuol far valere nella Repubblica un lodo straniero deve proporre
ricorso al presidente della corte d'appello nella cui circoscrizione
risiede l'altra parte; se tale parte non risiede in Italia e'
competente la corte d'appello di Roma.
Il ricorrente deve produrre il lodo in originale o in copia
conforme, insieme con l'atto di compromesso, o documento
equipollente, in originale o in copia conforme.
Qualora i documenti di cui al secondo comma non siano redatti in
lingua italiana la parte istante deve altresi' produrne una
produzione certificata conforme.
Il presidente della corte d'appello, accertata la regolarita'
formale del lodo, dichiara con decreto l'efficacia del lodo
straniero nella Repubblica, salvoche':
1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso
secondo la legge italiana;
2) il lodo contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico.
Art. 840 Opposizione
Contro il decreto che accorda o nega l'efficacia del lodo straniero
e' ammessa opposizione da proporsi con citazione dinanzi alla corte
d'appello entro trenta giorni dalla comunicazione, nel caso di
decreto che nega l'efficacia, ovvero dalla notificazione nel caso di
decreto che l'accorda.
In seguito all'opposizione il giudizio si svolge a norma degli
articoli 645 e seguenti in quanto applicabili. La corte d'appello
pronuncia con sentenza impugnabile per cassazione.
Il riconoscimento o l'esecuzione del lodo straniero sono rifiutati
dalla corte d'appello se nel giudizio di opposizione la parte contro
la quale il lodo invocato prova l'esistenza di una delle seguenti
circostanze:
1) le parti della convenzione arbitrale erano incapaci in base alla
legge ad essi applicabile oppure la convenzione arbitrale non era
valida secondo la legge alla quale le parti l'hanno sottoposta o, in
mancanza di indicazione a tale proposito, secondo la legge dello
Stato in cui il lodo e' stato pronunciato;
2) la parte nei cui confronti il lodo invocato non e' stata
informata della designazione dell'arbitro o del procedimento
arbitrale o comunque e' stata nell'impossibilita' di far valere la
propria difesa nel procedimento stesso;
3) il lodo ha pronunciato su una controversia non contemplata nel
compromesso o nella clausola compromissoria, oppure fuori dei limiti
del compromesso o della clausola compromissoria; tuttavia, se le
statuizioni del lodo che concernono questioni sottoposte ad
arbitrato possono essere separate da quelle che riguardano questioni
non sottoposte ad arbitrato, le prime possono essere riconosciute e
dichiarate esecutive;
4) la costituzione del collegio arbitrale o il procedimento
arbitrale non sono stati conformi all'accordo delle parti o, in
mancanza di tale accordo, alla legge del luogo di svolgimento
dell'arbitrato;
5) il lodo non e' ancora divenuto vincolante per le parti o e' stato
annullato o sospeso da un'autorita' competente dello Stato nel
quale, o secondo la legge del quale, e' stato reso.
Allorche' l'annullamento o la sospensione dell'efficacia del lodo
straniero siano stati richiesti all'autorita' competente indicata
nel numero 5) del terzo comma, la corte d'appello puo' sospendere il
procedimento per il riconoscimento o l'esecuzione del lodo; su
istanza della parte che ha richiesto l'esecuzione puo', in caso di
sospensione, ordinare che l'altra parte presti idonea garanzia.
Il riconoscimento o l'esecuzione del lodo straniero sono altresi'
rifiutati allorche' la corte d'appello accerta che:
1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso
secondo la legge italiana;
2) il lodo contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico.
Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni
internazionali.
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